Vita di Carlo Bo, “Una biografia”. Il Rettore che rese Urbino a misura di studente

Carlo Bo nel suo studio - Archivio Università di Urbino
di MARTINA TOMAT

URBINO – Ora come allora. Era proprio novembre, una domenica, quando un ventisettenne, giunto da Sestri Levante per insegnare all’Università di Urbino, metteva per la prima volta piede in città. Non è stato subito amore, anzi, sono sgorgate lacrime, spinte dalla nebbia avvolgente e dalla brusca separazione dagli amici del periodo fiorentino. Quel ragazzo era il nuovo docente di Letteratura francese, Carlo Bo, e alla città ducale, da quel momento in poi, dedicherà oltre 60 anni, tutta la sua vita. È un quadro, uno dei tanti aneddoti emersi da Bo. Una biografia, libro di Alceo Lucidi pubblicato nel 2021, a 20 anni dalla scomparsa dell’eclettico uomo da cui ha preso il nome l’Università di Urbino.

Il volume presentato a Palazzo Passionei, nella sede della Fondazione Carlo e Marise Bo di cui ha fatto gli onori di casa il vicedirettore Roberto Danese, ripercorre con documentazione alcuni passaggi salienti della vita dello storico rettore urbinate, nominato senatore a vita dal presidente della Repubblica Sandro Pertini. Otto capitoli, con grande focus sugli anni ’30, a sé stanti ma comunicanti: la formazione toscana, le influenze francesi, le amicizie, il periodo dell’insegnamento, l’inquietudine dell’intellettuale, l’opera del critico e traduttore e poi le Marche, una parentesi mai chiusa. 

L’Università a misura di studenti

“Sono stato studente dal 1994 al 1998 e il libro nasce dalla forza attrattiva delle trasformazioni tangibili che Bo ha portato” spiega l’autore che, frequentando proprio a Urbino la facoltà di Lingue e Letterature straniere, ha respirato e toccato con mano tutti i cambiamenti frutto di Carlo Bo, uno che voleva camminare con lo stesso passo degli alunni e che per loro ha fatto nascere anche strutture come i collegi.

“Dà all’università un volto umano, a misura di studente – prosegue Lucidi – Lo fa con pragmatismo”. Anche Gastone Mosci, studente di Bo prima, suo fidato collaboratore e amico poi, concorda: “Guardava la realtà in faccia e capiva come cambiarla. Mi diceva sempre che diventato rettore, e lo rimarrà per 50 anni, con più tempo libero finalmente aveva conosciuto i ragazzi e le difficoltà, i loro momenti disperati anche”.

Roberto Danese, Fabio Ciceroni, l’autore Alceo Lucidi, Salvatore Ritrovato e Giorgio Mangani alla presentazione di Bo. Una biografia

Per lui sapere e agire andavano a braccetto: “Era per la scuola del quotidiano, per il sapere porgere la conoscenza agli alunni: l’unico modo per farla crescere e fecondare” lo fa trasparire leggendo alcuni passi monografici Salvatore Ritrovato, professore di Letteratura italiana moderna e contemporanea e moderatore dell’incontro.

Il paesaggio che accorcia le distanze

Bo voleva un territorio “meno caratterizzato da distanze sociali” spiega l’editore Giorgio Mangani. E vincente è stata la collaborazione con il brillante Giancarlo De Carlo, che ha firmato il progetto dei Collegi universitari e l’ammodernamento di facoltà e del rettorato. L’architetto ha messo mano, ristrutturandolo, anche al quattrocentesco palazzo Passionei, scrigno dell’eredità intellettuale di Bo.

Il dubbio come stimolo e il sorriso spuntato

Qui, al centro della maestosa sala dove è andata in scena la presentazione del volume, proprio dietro ai relatori, c’è un ritratto del rettore in età matura: in testa l’inseparabile cappello, immortalato anche il suo sigaro e lo sguardo un po’ accigliato che sembra quasi sfuggire alla cornice. Un po’ come il libro che mira a tratteggiare ma non a esaurire la complessità di un personaggio estremamente sfaccettato. “Il titolo Bo. Una biografia ha l’articolo indeterminativo proprio perché il volume non vuole essere l’unico ma spunto per altri”, spiega l’editore. Vuole dinamicità e non staticità, un po’ come il dubbio, motore fondante dei pensieri di Bo.

E sull’importanza del dubbio per Bo si sofferma, tra gli altri, anche il professor Fabio Ciceroni: “Tutte le sue certezze dovevano essere messe di volta in volta sotto esame dalla vita”. Un dubbio martellante inteso come la ricerca continua di una verità che non si trova e che fa arrovellare, specie nel caso della religione, ma anche crescere. Un interrogativo che stimola e concede anche la capacità di stupirsi e cambiare idea. Come 85 anni fa: “Quando è arrivato a Urbino ha pianto – puntualizza Mosci – ma il giorno dopo gli è bastato guardare in faccia e conoscere i suoi studenti per ritrovare il sorriso. Ed è scattato l’amore”. Era un lunedì ed è spuntato il sole.

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