di CHIARA RICCIOLINI
URBINO – Jasmis Sanots Silva, 24 anni, Brasile. Catherine Wheeler, 35 anni, Stati Uniti. Adriana, 29 anni, Armenia. Jayden Miller, 11 anni, Canada…
I nomi delle vittime di transfobia sono state 393 in tutto il mondo nel 2023, secondo quanto stimato dal report Remembering Our Dead del portale Trans lives matter . Un corteo organizzato dagli attivisti del Gap di Urbino e Arcigay Pesaro Urbino scende dal Monumento a Raffaello fino a Piazza della Repubblica, leggendo uno ad uno tutti i loro nomi. Sono pochi e infreddoliti gli attivisti riuniti sotto la statua di Raffaello, temono che il vento abbia scoraggiato molti ad unirsi alla commemorazione. A mano a mano arrivano un po’ di ragazzi, universitari per lo più. Parte il corteo, adesso nutrito di volti giovani e seri in marcia. Con il megafono Luca, presidente di Gap (Gay and proud) di Urbino, comincia a leggere, inizia discesa lungo la ripida via Raffaello.
Il 20 novembre si è celebrato in tutto il mondo il Transgender day of remembrance (Tdor), fondato nel 1999 da Gwendolyn Smith in onore di Rita Hester, una donna transgender assassinata a Boston nel 1998.
La storia di Rita Hester
Il 28 novembre 1998 Rita fu brutalmente uccisa a coltellate nel suo appartamento dopo essere stata vista uscire con due persone da un locale. La polizia, chiamata da un vicino di casa che aveva sentito rumori strani, la trovò in arresto cardiaco, pugnalata ripetutamente al petto. La corsa in ospedale dopo l’arrivo degli agenti non riuscì a salvarle la vita. Morì poco dopo, a seguito di una estenuante agonia. Gli assassini erano probabilmente conoscenti di Rita perché la porta non aveva segni di effrazione e dall’appartamento non era stato rubato nulla.
Quando i giornali iniziarono a riportare l’omicidio, si riferirono a Rita al maschile, mancando di rispetto alla sua identità, suscitando rabbia e dolore tra i familiari e gli amici della donna. L’odio uccise Rita, e quei giornalisti che la chiamarono al maschile la uccisero una seconda volta. Da questa ondata di rabbia e di dolore nacque il Tdor, la marcia mondiale in cui ogni anno gli attivisti e gli alleati delle persone LGBTQQIAA+ leggono i nomi delle persone uccise dalla transfobia durante l’anno.
I nomi delle vittime e i suicidi: gli omicidi della società
Nel 2009 è stato creato il Trans murder monitoring project (Tmm), che annualmente documenta il numero di omicidi di persone trans in tutto il mondo. Gli attivisti del Gap Urbino e Arcigay Pesaro Urbino quest’anno hanno però scelto di non usare i nomi riportati dal Tmm durante la marcia perché, come dichiarato da Luca Persini, presidente del Gap, il report “contiene solo nomi di persone che son state uccise da mano altrui, mentre noi vogliamo considerare anche i suicidi, perché questi sono suicidi di persone che comunque sono state uccise dalla società, che si sono uccise perché non si sentivano accettate da questo mondo e noi questo lo consideriamo omicidio”.
Per questo motivo gli attivisti hanno letto i nomi raccolti nel report Remembering Our Dead che tiene conto anche delle persone trans che nel 2023 si sono tolte la vita. Il Report, come si legge dal sito ufficiale, si propone infatti di essere “una risorsa di supporto per chiunque sia coinvolto negli eventi del Transgender day of Remembrance (Tdor)” e di avere il fine di essere utilizzato “insieme ai dati ufficiali raccolti dal Trans murder monitoring project e pubblicati da Transgender europe (Tgeu) all’inizio di novembre di ogni anno”.
I dati 2023 del Trans murder monitoring project
Secondo quanto scritto nel report 2023, nel periodo compreso tra il 1° ottobre 2022 e il 30 settembre 2023, sono state segnalate 321 persone trans assassinate, un numero simile ai 327 casi dell’anno precedente, evidenziando la costante elevata violenza mortale contro questa comunità. L’America latina e i Caraibi hanno registrato il numero più alto di omicidi (236 casi). La maggior parte avviene in sparatorie (46%), violenza in strada (28%), e omicidi in residenza (26%).
Il 94% delle vittime erano donne trans. Globalmente, quasi la metà delle persone trans assassinate erano lavoratrici del sesso (48%), salendo al 78% in Europa. L’80% degli omicidi denunciati coinvolgono persone trans vittime di razzismo, con un aumento del 15% rispetto all’anno precedente. Nel contesto migratorio europeo, il 45% delle vittime era migrante o rifugiato.
Tuttavia, è giusto ricordare, come hanno fatto gli attivisti di Urbino, che questi dati rappresentano solo una parte della realtà, poiché molti casi non vengono denunciati o ricevono poca attenzione e non tengono conto dei casi di suicidio, che invece devono essere considerati dei veri e propri omicidi, dei quali la società deve assumersi la responsabilità.