di MARIA DESSOLE
URBINO – “Un libro è un amico, un compagno che ci può aiutare nelle situazioni più difficili”. Con questa dedica inizia Il sesso debole in cui l’autrice, la psicologa Simona Cardinaletti, partendo dalla sua esperienza di responsabile della Casa Rifugio Zefiro, racconta le molte facce della violenza di genere. Un incontro che ha visto i contributi e le storie portate dalla procuratrice di Urbino, Irene Lilliu, che ha un osservatorio sulle storie di questo tipo dal punto di vista della Procura.
La presentazione del libro fa parte della campagna di sensibilizzazione sul tema della violenza di genere organizzata dal Comune di Urbino nell’aula magna Paolo Volponi. A introdurre l’intervento dell’autrice è la professoressa Licia Califano, docente di diritto costituzionale all’università Carlo Bo, che domanda a un pubblico di giovanissimi: “Da dove nasce la violenza di genere”?
Ad ascoltare ci sono gli studenti del quinto anno del liceo artistico di Urbino. La professoressa Califano, dopo una breve pausa, spiega agli alunni: “È la struttura sociale in cui viviamo a creare la violenza, secondo cui la donna deve stare nel privato, mentre l’uomo nel pubblico. La violenza è un prodotto del patriarcato”.
La gabbia delle donne
Dopo Califano è Simona Cardinaletti a prendere la parola. La psicologa racconta che lavorando con le vittime ha realizzato che le donne sono “ingabbiate”. Esistono, infatti, alcune regole che fanno parte della società, così interiorizzate da non potersi più riconoscere. La società, la famiglia, i mariti – continua l’autrice – sono state fonti di limitazione della libertà della donna per millenni. È quindi difficile immaginare che bastino una manciata di decenni per scardinare quest’ordine.
La violenza di genere, spiega la psicologa, è multiforme. “Il 40% delle donne italiane non possiede un conto corrente. Significa che non è autonoma rispetto al compagno”. Questa condizione di dipendenza economica è tra le forme più diffuse di violenza di genere. Eppure, in apparenza, la parità sembra raggiunta, continua Cardinaletti: “Le donne accedono a tutte le carriere, sono libere. Quindi che cosa dobbiamo cambiare?” chiede ai giovani spettatori.
L’intervento cerca di portare il pubblico a farsi le domande giuste. Le donne nel 2023 svolgono la maggior parte del lavoro di cura, retribuito e non, necessario per mantenere le famiglie e la società. Come ridistribuire la cura, riconoscerla e valorizzarla?
Il progetto Generazione Pari
Una risposta al momento non c’è, ma un primo passo si può tentare attraverso l’educazione, con progetti mirati alle scuole, come propone l’avvocata Chiara Gasparini, che con il suo intervento, introduce il tema della prevenzione. L’avvocata presenta alla classe quinta “Generazione Pari”, un progetto che dovrebbe rispondere all’istanza di sensibilizzazione, così forte in questo momento. Si tratta di un ciclo di incontri in cui persone competenti sul tema raccontano agli studenti, anche dal lato professionale, come si riconoscono e affrontano comportamenti riconducibili alla sfera della violenza di genere.
“Il ciclo della violenza”. Le storie
Alla presentazione è intervenuta anche la procuratrice del tribunale di Urbino Irene Lilliu. “Il fatto che ci siano momenti di felicità in una coppia non esclude la violenza. L’alternanza tra felicità e violenza è il ciclo della violenza”.
La procuratrice, portando gli esempi del suo lavoro, ha cercato di esemplificare i piccoli, o grandi, campanelli di allarme della violenza. “Tutte noi donne ci dobbiamo chiedere quali sono i nostri elementi di debolezza. La consapevolezza è un percorso di libertà per affermare i propri diritti”.
Lilliu ha scelto di raccontare episodi che interessano donne di tutte le età, classe sociale e livello di studio, con l’intento di dare l’idea della trasversalità della violenza di genere. C’è la storia dell’avvocata che subisce violenza psicologica dal marito, quella della giovane donna a cui il compagno impedisce di parlare con altri uomini, quella della signora che, sposata da vent’anni, si trova in uno stato di totale dipendenza economica dal marito.
La violenza di genere, ricorda ancora la procuratrice Lilliu, può sussistere anche all’interno di un legame padre – figlia, nel quale il padre dispone della figlia come un oggetto di sua proprietà, impedendole ad esempio di uscire non accompagnata, di indossare i vestiti che desidera, o di avere rapporti affettivi al di fuori del nucleo familiare.
Il ruolo della cultura e degli uomini
Il libro, premette Cardinaletti, è stato scritto da una psicologa, non una scrittrice. I racconti al suo interno cercano di farci capire che l’aspetto culturale, per quanto predominante, ha dei limiti.
Alla presentazione hanno parlato le donne. Sebbene fossero presenti in aula anche alcuni uomini, come sottolineato dalle relatrici, la violenza di genere è un argomento che sembra interessare ancora troppo il “sesso forte”.