Io, paracadutista ferita da mortaio: “Sia lo Stato a pagare”

Vanessa Malerbi
di CHIARA RICCIOLINI

URBINO – Sono passati oltre cinque anni. Cinque anni di dolori cronici, interventi chirurgici e visite mediche, cinque anni di battaglie legali. Cinque anni dal 12 giugno 2018, giorno in cui il 1º caporal maggiore Vanessa Malerbi, 27 anni all’epoca, originaria di Lucca, fu ferita gravemente durante un’esercitazione militare del 187° Reggimento Folgore di Livorno al Poligono di Carpegna, sui monti in provincia di Pesaro e Urbino. Si trovava in servizio come assistente sanitario su un’ambulanza, rimasta sotto il fuoco dei mortai. Il corpo mutilato e trasformato per sempre da una cascata di schegge impazzite, una carriera militare interrotta.

“Quando mi sono ripresa dal lungo coma, non volevano farmi vedere la faccia perché era devastata e mi sembrava che del mio corpo non fosse rimasto più nulla – racconta al Ducato – ero un’atleta da ottanta chili e improvvisamente ne pesavo soltanto quaranta. Prima ero un soggetto sanissimo ma da quel momento mi devo sottoporre a visite mediche e a fisioterapie quotidiane”.

I gravi danni fisici

Gravissime le lesioni: La perdita della vista da un occhio e dell’udito da un orecchio, i dolori cronici, la perdita di sensibilità su una parte del volto, i problemi di equilibrio, gli spasmi muscolari continui. Dal Ministero le hanno riconosciuto solo un indennizzo 28 mila euro, quasi nulla rispetto alle spese mediche che dovrà sostenere per tutta la vita.

Prima dell’incidente, Malerbi era un’atleta agonista e gareggiava nelle specialità di forza. “Lo sport mi faceva sentire forte, mi faceva sentire imbattibile. Quando ho perso questa cosa mi sono sentita ancora più disabile”, dice al Ducato.

Ora il suo è un corpo in ricostruzione per la riconquista dell’indipendenza, con le continue ricadute e la paura di sentirsi sempre vulnerabili, fragili, spezzati.

Condannati i sottoposti. Assolti gli ufficiali

Dopo cinque anni la sentenza emessa dalla giudice Francesca d’Orazio ha assolto gli ufficiali responsabili dell’esercitazione, Giuseppe Scuderi, ora generale ma all’epoca comandante del  187° reggimento paracadutisti, il colonnello Gianluca Simonelli e il capitano Michele Colizzi e ha condannato il sottufficiale Alessandro Vecchi, e gli operatori di plotone Fabio Filippone, Claudio Marchesi e Alessio Prisco al pagamento immediato una provvisionale di 200mila euro e una multa tra 150 e 300 euro, pena sospesa e non menzione nel casellario giudiziario, oltre al rimborso delle spese giudiziarie di Malerbi, della sorella Sophia e della madre Antonella Lodovico.

Secondo i legali di Malerbi, durante il processo sono emerse criticità al sistema di comando, che hanno messo in evidenza la differenza tra teoria e pratica nell’addestramento militare. Il generale Scuderi, durante la testimonianza, ha affermato di non sapere con certezza chi avesse dato al fuciliere Prisco l’incarico di sparare i due colpi.

“Sia il Ministero a pagare”

Su questa incertezza nella catena di comando hanno puntato gli avvocati di Malerbi. E per questo hanno chiesto ripetutamente che fosse il Ministero della difesa a pagare. Il giudice però non ha sposato questa tesi, ha assolto gli ufficiali e condannato solo i sottoposti.

“Questo è un incidente sul lavoro dove il datore di lavoro, lo Stato, non sapeva niente e non risarcisce nulla. Gli ultimi sono stati messi sulla graticola e lei è dispiaciuta. Ora, o il ministero si fa avanti o noi siamo obbligati ad andare contro questi quattro militari”, hanno affermato l’ avvocato Marescalchi (legale della madre di Vanessa) e l’avvocato Poli.

I militari non rientrano nell’assicurazione per gli infortuni sul lavoro dell’Inail. Le visite mediche hanno riconosciuto a Vanessa Malerbi un’ invalidità permanente al 75%. I suoi legali hanno inviato richieste di risarcimento al Ministero della difesa. Finora senza ricevere risposta.

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