di MARIA CONCETTA VALENTE
URBINO – Ha gli occhi lucidi, prova a trattenere le lacrime. Quelle che scendono sul viso le asciuga con la sciarpa a quadri che tiene legata attorno al collo. “È strano il destino”, dice Maksym Tsyhypa. Fino a due anni fa viveva in un paese a poche centinaia di chilometri da Kiev, in Ucraina. Nel gennaio 2022 stava lavorando in un bar quando ha ricevuto la chiamata da Francesco, un amico ucraino di nascita, urbinate di adozione: “Parti appena puoi. Presto invaderanno l’Ucraina e non potrai più andare via”. È la chiamata “che mi ha salvato la vita” dice, perché “noi lì non ce lo aspettavamo”. Nel giro di poche ore torna a casa, recupera qualche vestito e saluta la mamma: “Vado in Italia, spero di tornare presto”.
Non ricorda il giorno esatto in cui è partito dall’Ucraina verso l’Italia, resta una data, “28 gennaio”, scritta sul biglietto aereo da Leopoli a Bologna, che Maksym conserva ancora. Racconta che gli addetti ai controlli dell’aeroporto erano “di buon umore”, così lo hanno fatto passare senza troppi problemi. Di lì a poco la Russia ha invaso l’Ucraina, dando inizio al conflitto che il 24 febbraio compie il secondo anniversario dall’inizio. Due anni che Maksym vive a Urbino e non vede la sua famiglia. Due anni che quel “spero di tornare presto” si protrae a data da destinarsi. “Le prime settimane dopo lo scoppio della guerra mi sono disperato, temevo che non avrei più rivisto la mia mamma. A quel punto volevo tornare perché meglio andare lì che stare qui e temere che la uccidano”. Oggi non chiede troppo: “Mi basterebbe tornare per soli due giorni – dice – il tempo di riabbracciare mia mamma, mio fratello e il mio cane”.
A Urbino Maksym ha raggiunto il suo amico Francesco. Sono colme di gratitudine le parole che dice nei confronti delle persone che lo hanno accolto e che lo ospitano ancora oggi. In modo particolare la madre adottiva di Francesco, Loretta Carboni, suo fratello Silvio e la moglie Maria Stella Mei sono diventati come una seconda famiglia per lui: “A loro devo tutto”. Non osa immaginare come sarebbe andata se non avesse ricevuto quella telefonata, ma “al solo pensiero gli viene da piangere”. Era già venuto un paio di volte a trovare l’amico e quando tornava nel suo paese “sognava l’Italia”.
“L’Ucraina non la sentivo casa mia, e nonostante mi abbia salvato la vita, neanche l’Italia lo è del tutto”. Ghali nella canzone portata a Sanremo, Casa mia, canta “la strada non porta a casa se la tua casa non sai qual è”. Anche Maksym se lo domanda. Resta in silenzio. Poi però non si pone confini: “Il mondo è la mia casa” e quella strada vorrebbe percorrerla con l’auto che tanto sogna. Da mesi si sta impegnando per prendere la patente “ma faccio ancora troppi errori ai test”. Capisce e parla bene l’italiano, ma il linguaggio tecnico gli crea qualche difficoltà. E poi c’è la musica, che arriva a tutti senza bisogno di traduzione. “Vorrei diventare un dj”, mi confida. Non ha fretta di realizzare il suo sogno: “Ho tempo per farlo – dice – il tempo che l’Ucraina non mi ha dato”.