di CARLA IALENTI
URBANIA – Al palazzo ducale di Urbania un uomo sulla sessantina in sedia a rotelle e due coetanei prendono l’ascensore, che è stato inaugurato proprio nel pomeriggio. Nella settimana di Urbania co-capitale della cultura assieme a Pesaro, la storia non lascia indietro nessuno. In una sala dei musei civici, umida come la terra in cui erano sepolti un uomo e una donna di origine aristocratica, l’archeologa Erica Valli guida la mostra “La valle dei principi”, due ‘nobili’ vissuti tra 2600 e 2400 anni fa, nell’età del Ferro. Una laureanda si complimenta con lei, allontanandosi dalla dozzina di visitatori che lascia la sala al secondo gruppo. Sono almeno il doppio quelli che attendono di entrare.
Pochi minuti e ricomincia il viaggio nella storia. Un neonato smette di piangere, per la gioia dei genitori. Due bambini sgomitano tra i più grandi per arrivare in prima fila. Uno dei due guarda insù a bocca aperta, non sa ancora leggere, ma vede le immagini di come doveva essere la tomba del principe: collinette artificiali, larghe anche decine di metri, monumentali, per rappresentare il rango dei defunti. I due coetanei si scambiano sguardi sbarrando gli occhi, poi scrutano le facce degli altri. Serie, attente.
La scoperta della tomba dei principi
Nella valle del Metauro, vicino al fiume Metauro nel 2019, Diego Voltolini, studioso dell’età del ferro, volando sulla zona con un elicottero scopre un’anomalia: un anello di terreno rossiccio. Nel 2020 l’archeologa Agata Bruzzi capisce facendo delle trincee che in quell’area in epoca preromana c’erano dei tumuli sepolcrali fatti di pietra e terra. Un tumulo di quasi 4 metri risalente al VII secolo a. C. sovrastava una camera funeraria di un aristocratico probabilmente umbro. Di lui sono stati trovati sono frammenti di ossa. A renderlo evidente gli oggetti ritrovati al suo interno, simbolo di potere e ricchezza: gioielli di ambra, argento e avorio, pesci acquatici e animali “fantastici” in bronzo, vasi di terracotta e bronzo, lance e spade in ferro e un carro. “Sicuramente aveva delle decorazioni bellissime” dice l’archeologa, che chiarisce con un parallelismo la sua importanza: “Oggi ci avrebbero messo una Ferrari”. Ritrovati anche i frammenti di un uovo di struzzo, all’epoca simbolo prestigio e ricchezza, dato che provenivano dall’oriente e significavano rapporti con popolazioni lontane. In un secondo solco c’era la camera funeraria di una donna aristocratica del V secolo a. C.
L’uovo di oggi e l’uovo di ieri
Una straordinaria coincidenza ha interessato i visitatori: a circa 500 metri dall’area archeologica si trova oggi l’azienda agricola “Struzzo 2000” di Piergiorgio Venturi. L’imprenditore, l’estate scorsa ha donato un uovo dei suoi struzzi al Palazzo Ducale. “Questo uovo moderno ci aiuta a far capire com’erano le uova” di cui oggi ci restano solo dei frammenti. “Venivano svuotate, immerse nella cera e abbinate a un piede e un collo diventavano delle brocche” dice Erica Valli. Così doveva essere anche per quello del VII secolo a. C.
La storia nella storia
Quello del “principe di Urbania” non è l’unico tumulo funerario ritrovato in quest’area archeologica. Gli archeologi hanno riconosciuto altre anomalie che ancora devono essere scavate: “Quando si parla di archeologia ci sono tempi tecnici da rispettare, e non sono celeri” spiega Alice Lombardelli, direttrice del Museo civico di Urbania. “Servono altri fondi per continuare gli scavi”. La curiosità è lecita e muove le domande dei visitatori, che vorrebbero sapere quali altri manufatti si nascondano nelle altre tombe.
Ma l’archeologia che “non scopre oggetti, ma ricostruisce la storia” ha già raccolto “informazioni mai ottenute da altri tipi di scavi”. L’archeologa parla dell’area funeraria come un “lavoro di comunità”: il terreno era stato prima arato, poi è stata tolta la terra e tutto ciò che c’era sopra. I frammenti di ossa della donna aristocratica sepolti dopo due secoli fanno pensare che si trattasse proprio di un sito destinato alla sepoltura.