di CARLA IALENTI e MARIA DESSOLE
URBINO – All’ingresso del teatro Sanzio sotto una sottile pioggia una lunga fila di signore con cappotti a tre quarti e borsette in vernice attende di sedersi in platea. C’è Emilio Solfrizzi con il suo L’anatra all’arancia. Sono in anticipo, ma il teatro è già pieno. Ogni poltrona, ogni palchetto, anche il più laterale e scomodo. Tra il pubblico alcuni volti noti della città: la vicesindaca Marianna Vetri, gli assessori Roberto Cioppi e Francesca Fedeli, il consigliere comunale Mario Rosati. In platea tante le teste grigie, solo dai palchetti spunta qualche giovane.
Un gioco di scacchi
Si apre il sipario. In un soggiorno anni ’70 di una villa in Brianza, con ampie vetrate che affacciano su un giardino dipinto, Gilberto e Lisa Ferrari sono seduti intorno a un tavolino e giocano una partita a scacchi molto complessa, bevendo whisky. Circondati dalle foto dei figli e da ricordi collezionati in vent’anni di matrimonio, discutono su come divorziare in modo civile, rimanendo amici. A interpretare i protagonisti Carlotta Natoli, la moglie, ed Emilio Solfrizzi, il marito. L’opera è una produzione della compagnia Molière diretta dallo stesso Solfrizzi. È la versione che il commediografo francese Marc-Gilbert Sauvajon ha tratto dalla commedia di William Douglas Home The Secretary Bird del 1967.
I personaggi
Lisa ha appena confessato al marito che da tre mesi frequenta il giovane conte Leopoldo Augusto Serravalle Scrivia, “un Apollo con gli occhi di Di Caprio”. A interpretare l’amante è Ruben Rigillo. Abbandonata e “felice come un cavolfiore” col marito “bugiardo, egoista e infedele” Lisa vorrebbe evadere dalla vita coniugale. Illudendosi di amare il conte, programma un viaggio a Parigi con lui, ma non ha il coraggio di dirlo al marito. Il quale, però, fingendosi già sconfitto in partenza, proverà a mettere a nudo la fragilità del rapporto amoroso di Lisa e Leopoldo.
Patrizia, detta “Patty Pat”, interpretata da Beatrice Schiaffino, non è la solita segretaria giovane, bella e scema: il suo personaggio riesce, infatti, a emanciparsi dal ruolo di pedina nelle mani del capo, Gilberto, e a giocare una partita tutta sua. Più scontata, invece, la figura di Teresa, la colf di casa Ferrari, interpretata da Antonella Piccolo, protettiva, pettegola e dotata di senso pratico. Il conte Leopoldo Augusto “con una villa di 50 ettari progettata da Renzo Piano” e “dieci anni più giovane”, ha, però, i capelli brizzolati, a differenza della folta chioma nera di Gilberto, e non conosce nemmeno vagamente le opere che lui gli cita. È lui quello con più matrimoni, ma falliti, più case, ma vuote, più vittorie a tennis e scacchi, ma regalate.
Tra risate, applausi e battute improvvisate
L’anatra all’arancia prende il titolo dal piatto che Teresa, durante in secondo e terzo atto, prepara per il pranzo domenicale dei quattro personaggi. Per l’aristocratico Leopoldo Augusto non si può certo preparare “fagioli e cotiche”.
Le tre ore di commedia, divisa in quattro atti, trascorrono velocemente. Il pubblico, che ride con gli attori, li conquista a sua volta e carica di energia. Emilio Solfrizzi interagisce molto con la platea, gli piace sfondare la quarta parete: il pianto di un bambino in sala gli ‘strappa’ una battuta improvvisata durante la discussione tra i coniugi (“c’è anche un gatto che miagola”). La mimica facciale dell’attore, molto apprezzata, diventa sempre più carica. La sua interpretazione riceve gli applausi più calorosi.