di CARLA IALENTI
URBINO – È sabato sera, poco prima delle 21.00 una comitiva di ragazzi fiancheggia il muretto del belvedere Lucio Dalla vicino al teatro Sanzio, dove poggia una cassa a volume basso e tre pacchi di merendine, e, molleggiando, muove la testa a ritmo di musica. Davanti al teatro un signore con un ragazzino incontra una conoscente. Si salutano. Lui le presenta suo figlio. Entrambi aspettano che lo spettacolo Tre uomini e una culla cominci. Sembra che si conoscano tutti: tra saluti e risate, una signora ne approfitta per saltare la fila ed entrare. Sfoggia un cappotto rosa e una fascia per capelli dello stesso colore. In un fine settimana piovoso, ma con le temperature in aumento ritornano le tinte primaverili. La sala è quasi piena, gli spettatori vestono abiti dai colori più sgargianti dei soliti nero e marrone invernali. Tra i palchetti si vedono famiglie con ragazzini e una ragazza dai capelli blu.
“Siamo nella merda”
Comincia lo spettacolo. Parigi, 1985. Sulle note di C’est la ouate di Caroline Loeb tre coinquilini seduttori Pierre (Giorgio Lupano), Michel (Gabriele Pignotta) e Jacques (Attilio Fontana) bevono whisky ballando con degli amici. Un salotto anni ’80 con il parquet, ampie vetrate che affacciano su un verde terrazzo da cui si vedono i profili di alti palazzi. Al centro della sala un ampio divano in alcantara marrone, sulla parete Jeanne Hébuterne con cappello di Amedeo Modigliani. Una voce femminile fuori campo, “forse Clementine”, invita il “pisello allegro” Jacques a ritornare a letto. Lo steward dell’Air France, quando sarà di ritorno dalla Thailandia, però, si troverà “nella merda”.
Suonano alla porta, Pierre apre e trova un passeggino, una neonata e una lettera: la bebè si chiama Marie, ed è la figlia di Jacques. I pannolini sporchi, biberon e ninnenanne soppianteranno le bottiglie di alcolici, la droga, le donne e la musica a tutto volume. Furti e perquisizioni sconvolgeranno l’appartamento e la vita dei tre uomini. E anche Sylvia (la madre della bambina) interpretata dall’attrice Malvina Ruggiano, resterà scossa dalle vicende fino a crollare.
Tre padri per un bebè
È stata l’ultima data della commedia Tre uomini e una culla, andata in scena per tre anni, nei teatri italiani, per la prima volta con la regia di Gabriele Pignotta. Dal film omonimo del 1985 scritto e diretto dalla regista, sceneggiatrice e attrice francese, Coline Serreau, la stessa trasse un adattamento teatrale assieme a Samuel Tasinaje. Il testo di Pignotta, fedele all’originale, fa emergere tratti umani dei personaggi che inteneriscono e fanno ridere gli spettatori.
Pierre, impiegato in un’agenzia, Michel, disegnatore tecnico per uno studio di progettazione e Jacques, steward dell’Air France sono tre amici single che hanno deciso di vivere insieme nello stesso appartamento in cui “c’è sempre un via vai di donne” – come dice Bernardette, la portiera del condominio interpretata da Siddhartha Prestinari. Ma quando arriva Marie tutti si innamorano di lei e non riescono a vivere senza.
La paternità assume dei caratteri più moderni. Se prima i tre uomini fanno ridere un pubblico adulto giocando a rappresentarsi come tre mamme, quando Sylvia, consumata dal rimorso, torna per riprendersi la figlia, Pierre e Jacques rivendicano il loro ruolo – “Noi siamo il padre!” urla Pierre. E quello vero, Jacques, che all’inizio non vede l’ora di liberarsi dello “sbaglio che pesa 6,2 kg”, fa cadere la maschera di uomo egoista, cinico e seduttore dopo soli quattro giorni senza Marie e pretende di voler fare il padre. Nascondendo un cuscino sotto la maglietta si immagina incinto e protesta contro le donne: “Fate tutto voi, noi siamo inutili!”.
La commedia gioca tutta sul contrasto tra la vita dei tre prima e dopo Marie: da una donna diversa a notte, i tre passano la notte in bianco per Marie “la cagona”. Dalle classifiche delle migliori a letto – “Clementine è entrata nella top ten” dice Jacques a inizio primo atto – passano ai turni per badare alla neonata. I tre coinquilini, che promettono di “non avere legami sentimentali”, sono inscindibilmente uniti. Insieme si arrabbiano per tutta l’energia che la piccola toglie loro e insieme sentono la sua mancanza quando Sylvia la porta via prima di ritornare dai tre, stremata, a chiedere il loro aiuto.
Urbino ultima tappa: canta anche il pubblico
Lo spettacolo in due atti è durato circa due ore tra applausi, risate e qualche improvvisazione. Le scene si sono susseguite sulle note di famose canzoni anni ’70-’80 – Ping pong del cantante belga Plastic bertrand, pseudonimo di Roger Allen François Jouret, C’est la ouate della cantante e attrice francese Caroline Loeb, la versione di La vie en rose della cantante, attrice e modella Grace Jones, Girls Just Want to Have Fun di Cyndi Lauper e a quella anni ’50 Sous le ciel de Paris dell’italiano Yves montand, pseudonimo di Ivo Livi. Il copione è arricchito anche di canzoni italiane: in un botta e risposta tra Attilio Fontana e Siddhartha Prestinari gli attori hanno canticchiato la canzone Il gatto e la volpe di Edoardo Bennato. E strappando una risata in platea, Attilio Fontana si inventa una battuta ad hoc per il pubblico del Sanzio: in rubrica tra le tante Sylvia ci sono “Sylvia Zurigo e Sylvia Urbino”. Qualche imprevisto – uno sgabello caduto per errore, del vino versato senza stappare la bottiglia – non ha spezzato il ritmo della narrazione e ha dato modo agli attori di improvvisare qualche battuta.
A fine commedia Attilio Fontana ha sfondato la quarta parete invitando il pubblico a cantare la ninna nanna: “Trois petits papas per la piccola Marie, trois petits papas per la piccola Marie”. Dopo tre anni di lavoro, il tour si è concluso a Urbino. “Sono stati tre anni meravigliosi. Con questo spettacolo finisce la nostra tournée. Grazie, perché siete stati caldissimi e ci avete dato tanta energia” ha detto Fontana. Con un video selfie postato sui social ha immortalato una sala gremita e il cast.