Di ANDREA BOCCHINI
URBINO – Alcuni parlano di “un eroe da non dimenticare”. Altri di un “esempio da tramandare”. I più giovani dicono, ai microfoni del Ducato, con sincerità, che non conoscevano né il film né il personaggio ma, dopo la proiezione, parlano di Peppino Impastato come “un simbolo”. Sono le 10:30 quando la “campanella” (la pellicola messa in pausa) dell’intervallo suona, le sale si svuotano velocemente e i ragazzi del liceo Laurana Baldi di Urbino si ammassano tutti all’ingresso. Quattro indirizzi, più di 700 iscritti e un cinema Ducale che li contiene a malapena. Si mettono in fila per la merenda e iniziano a scambiarsi i primi commenti su I cento passi.
Il coraggio di Peppino Impastato
Il film I cento passi, racconta la storia del giornalista e attivista siciliano Giuseppe Impastato, detto Peppino. Conduttore radiofonico e membro di Democrazia proletaria, Peppino venne ucciso dalla mafia il 9 maggio del 1978 nel suo paesino, Cinisi, in provincia di Palermo.
Nato da una famiglia mafiosa, il padre di Peppino, Luigi Impastato, era il cognato del capomafia di paese, Cesare Manzella e amico di uno dei boss più potenti di Cosa nostra, Tano Badalamenti (conosciuto da tutti come don Tano e ridicolizzato da Peppino come “Toro Seduto”). Poi la missione giornalistica con Radio Aut, la radio di Cinisi, la voce contro la mafia, “i boss del nostro paese e della nostra famiglia”. E quei famosi cento passi, la distanza tra la casa della famiglia Impastato e quella del boss Tano Badalamenti.
Nella notte tra l’8 e il 9 maggio 1978, Peppino venne legato sui binari della ferrovia Palermo-Trapani e il suo corpo fatto saltare in aria con una carica di tritolo. Cosa nostra volle far passare l’omicidio per un attentato-suicidio. Ma a Cinisi si iniziò a vedere la verità scritta sui muri: “Peppino Impastato è stato assassinato dalla mafia”. La morte del giornalista siciliano, però, passò in secondo piano: nello stesso giorno in una Renault rossa in via Caetani, a Roma, veniva ritrovato il cadavere di Aldo Moro.
La storia di Peppino va tramandata
Una storia, quella di Peppino, fatta di mafia, libertà, conflitti familiari, ribellione e diritti. Lo sa bene Arianna Canti, 18 anni, al quinto anno del liceo delle Scienze Umane: “Avevo già visto il film in terza media e quello di Peppino Impastato è un personaggio rivoluzionario, capace di andare contro corrente e ribellandosi alla sua stessa famiglia mafiosa”.
La pensa allo stesso modo Lorenzo Omerai, studente 18enne dell’indirizzo scientifico del Laurana Baldi che, I cento passi, lo ha visto “parecchie volte”. E quando gli chiediamo cosa gli è rimasto in mente del film, Lorenzo ha la risposta pronta: “Sicuramente le difficoltà di una famiglia che cerca il benessere del proprio figlio mentre questo cerca di scappare da una realtà che non reputa corretta”.
“Peppino Impastato è un personaggio che va assolutamente studiato. Il ricordo della sua morte è un evento importante e come tale va tramandato”, dice al Ducato Luigi Nicolò, 18 anni, del liceo scientifico. E quando gli chiediamo come descriverebbe il personaggio di Peppino in una sola parola, Luigi non esita a rispondere: “Un rivoluzionario”.
Non tutti, però, conoscevano la sua storia. “Sinceramente non conoscevo il film e nemmeno il personaggio, ma la proiezione mi ha colpito davvero molto. Un bellissimo film”, dice al Ducato Matilde Paffioni, 16 anni, del liceo delle Scienze Umane. E nemmeno Clarissa Grilli, anche lei studentessa di Scienze Umane: “Personalmente non avevo visto il film, ma sono stati capaci di rispecchiare quello che Peppino era e quello che è stato”.
“Peppino divisivo? Assolutamente no”
Una proiezione, iniziata alle 9, che è stata anticipata dalle parole del regista Antonio Bellia che (tra le tante cose che ha fatto e che fa) è stato assistente alla regia di Marco Tullio Giordana in questa pellicola. “Peppino Impastato è un simbolo. La sua storia non è solo quella di un ragazzo ucciso dalla mafia, ma è anche quella di una rottura familiare, di una ribellione. Ognuno di noi si può identificare nella sua figura”, spiega al Ducato Bellia.
A Partinico, proprio vicino a Palermo, gli studenti del liceo scientifico Santi Savarino si sono schierati contro l’intitolazione a Peppino Impastato del loro istituto perché “divisivo”. Bellia aggiunge: “Penso che questa questione sia strumentalizzata dalla politica locale, mostrando un’ignoranza di fondo molto forte. Peppino, all’epoca, avrebbe potuto essere considerato diviso. Ma oggi rappresenta un simbolo della lotta antimafia che dovrebbe unire più che dividere”.
L’impegno civico del Laurana Baldi
Il numero degli studenti (circa 670) presenti al cinema lo conferma al Ducato la preside dell’istituto Claudia Guidi che sulla scelta del film aggiunge: “Volevamo fare qualcosa per la giornata di ricordo delle vittime della mafia (che cade il 21 marzo). Siamo molto attenti alle problematiche connesse all’educazione civica. È importante che i ragazzi continuino a riflettere sulla mafia e sulle mafie di ogni tipo”. Una figura che secondo la dirigente scolastica non può essere considerata divisiva: “Peppino Impastato è un meccanismo di buona testimonianza vicina all’esperienza dei ragazzi. Questo momento verrà ripreso dalle classi e in altri momenti in cui i ragazzi devono imparare a gestire l’aspetto sociale delle loro vite”.
“Questi sono momenti importanti per i ragazzi perché li allertano, li spiegano e li mettono a contatto con eventi pericolosi e presenti che possono essere le mafie o altro”, dice al Ducato Eduardo Fichera, professore di inglese e da tre anni nel liceo Laurana Baldi. E poi sull’importanza di conoscere un personaggio come quello di Peppino Impastato, aggiunge: “Questa è la storia emblematica di un eroe. Noi anche nel nostro piccolo possiamo esserlo. Occorre far capire che bisogna alzare la propria voce, avere il coraggio, l’onestà e la correttezza di intervenire, aprire bocca e parlare quando ci sono ingiustizie”.