Urbino, morte Leonardo Barone sul lavoro. Sentiti quattro testi, focus su mezzi cantiere

Leonardo Barone, l'operaio morto sul lavoro a Montefelcino, nel 2020 - Foto dal profilo Facebook

URBINO – Sono stati ascoltati quattro testi nell’ambito del processo al tribunale di Urbino per la morte di Leonardo Barone, l’operaio napoletano di 23 anni, vittima di un incidente sul lavoro. L’uomo, residente a Recanati, in provincia di Macerata, lavorava per la società Linea Service di Tolentino aveva due figlie. La mattina del 17 luglio 2020, durante i lavori per rimuovere una tensostruttura a Montefelcino, fu colpito da una capriata in acciaio. Dopo quattro mesi in coma, il 7 novembre dello stesso anno, morì per il grave trauma alla testa. Nel cantiere lavoravano la società Andreozzi srl e la Linea Service srl.

La procura ha accusato di omicidio colposo Sara Andreozzi e Stefano Francesconi, titolari delle due aziende. Obiettivo dell’udienza di martedì 24 settembre, era fare luce sulle responsabilità, dalla testimonianza di chi operava i mezzi del cantiere. Per smontare la tensostruttura, la Linea Service aveva noleggiato mezzi dalla Fratelli Zallocco srl. L’attenzione si è concentrata sul cosiddetto “noleggio a caldo”, che prevede assieme al mezzo anche un operatore, il quale viene guidato dalla propria azienda. Il nodo riguarda proprio la catena di comando: da chi riceveva effettivamente le direttive l’operatore del mezzo?

Il “noleggio a caldo”

“Ho parlato con Stefano (Francesconi ndr), che mi ha detto: ‘Dobbiamo smontare le capriate’, ma non sapevo dove le avrei portate” dice Walter Monti, primo teste, gruista di Recanati di 36 anni, dipendente della Zallocco srl. “Le capriate restavano a terra, perché erano stabili”. Monti avrebbe dovuto essere guidato da qualcuno della Zallocco, perché il noleggio era “a caldo”.

Ma le cose stavano diversamente. Luigino Zallocco, il titolare della Zallocco srl, azienda che noleggiò i mezzi di trasporto, rispondendo alle domande della giudice, Benedetta Scarcella, prima spiega che l’operatore fornito col nolo a caldo deve seguire le indicazioni della propria azienda, cioè la proprietaria dei mezzi. In questo caso la Zallocco. E afferma che “Walter Monti era delegato a caldo”. Poi quando lo incalza la giudice: “Il suo operaio da chi prende direttive?” va in difficoltà: “Dall’impresa che ha noleggiato” quindi la Linea Service srl. “Nel nolo a caldo l’operatore seguiva le indicazioni di chi?” chiede la difesa e il teste sulla difensiva risponde: “Che indicazioni potevo dargli io a 100 chilometri di distanza? Non ero presente”.

“Sapevate i mezzi dove andavano?”. E il teste risponde di no e ripete: “Non ero sul posto, non sapevo dove dovevano portare le capriate”. E aggiunge: “Avrebbe dovuto dirlo Stefano Francesconi”, riferendosi al titolare della Linea Service, imputato nel processo.

Intanto Pasquale Barone, padre della vittima e parte civile assieme al figlio Gianluigi, si è già alzato ed è uscito dall’aula, trattenendo le lacrime e scuotendo la testa. La figlia, poco dopo, lo segue. Restano in aula la madre e il fratello della vittima Gianluigi Barone, 33 anni, parte civile. Entrambi hanno gli occhi lucidi e fissi sulla giudice e il teste. Il processo, rinviato più volte, tiene in bilico dal 2020 la famiglia Barone, in attesa di capire come e perché sia morto Leonardo.

I testi: assenti il giorno dell’incidente

Alla domanda dell’avvocato difensore Paolo Mengoni: “Ricorda chi c’era il giorno dell’infortunio?” il teste Monti risponde: “Non mi hanno fatto entrare, non so chi era dentro e cos’era successo”. E sui dispositivi di sicurezza: “Li avevo, erano i miei personali”. Dice poi di non ricordare se anche gli altri operai “che non conoscevo, lavoro con migliaia di persone ogni volta”, li usavano.

Assente anche l’operaio Yuri Savoretti – “Non c’ero il giorno dell’incidente” – che alla domanda della giudice “quando lavorava sui cantieri c’era un piano di sicurezza?” risponde: “Non ho visto un piano operativo, ma era automatico, sapevamo che dovevamo indossare i dispositivi”.

È poi la volta di Andrea Andreozzi, 43 anni, socio della Andreozzi srl e fratello di Sara Andreozzi. L’ultimo teste dice che “la tensostruttura di Montefelcino era stata comprata da Sara e dal padre”, che “non era la prima volta che lavoravano con la Linea Service” e che “nessuna criticità era stata segnalata da Francesconi”.

Le prossime udienze

L’8 ottobre alle 14:30 l’udienza successiva in cui verrà ascoltato il teste Tullio Schiavoni e Pasqualini e il 28 gennaio 2025 alle 14.30 “un’altra udienza per la chiusura dell’istruttoria” dice la giudice. La madre è esausta. Respira profondamente e poi sbuffa. Ancora un altro anno. Altre due udienze dopo quattro anni senza Leonardo.

c. i.

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