FgCult 2024 – Maggioni, dal fronte di guerra alla presidenza Rai: “Le donne hanno uno sguardo speciale”

Monica Maggioni, 2024 credits Assunta Servillo
di CRISTINA R. CIRRI E MARIA CONCETTA VALENTE

URBINO – Racconta di avere lottato ‘ferocemente’ per partire per il fronte. L’unico desiderio era essere lì, sul campo, dove le cose accadono. La guerra l’ha vista negli occhi Monica Maggioni, ospite del Festival del giornalismo culturale sabato 5 ottobre alle 11.00, nella Sala del Trono a Palazzo Ducale. Con lo stesso sguardo ora, nel suo ultimo libro Spettri (Longanesi) riprende storie interrotte per comprendere gli eventi che hanno provocato l’attuale disordine mondiale.

Chi sono gli spettri di cui scrive?

Sono pezzi di persone e di storie che hanno segnato gli ultimi anni. Vicende che noi abbiamo tentato di lasciarci alle spalle perché non le abbiamo volute affrontare e come succede nella vita e nelle storie d’amore più complicate, quello che tenti di lasciarti alle spalle senza affrontarlo prima o poi torna e ti presenta il conto. Leggendo il libro sembra un romanzo, si fa fatica a pensare che siano tutte storie vere tanto sono complesse e forti. Eppure il problema è che sono spaccati e frammenti di storie che ci riguardano tutti.

Perché è necessario recuperarli dalle zone d’ombra della storia?

È necessario recuperarli per affrontarli. Guardali in faccia è l’unico modo per evitare di dover subire le conseguenze di queste storie. Bisogna entrarci dentro e cercare soluzioni, anche se sono molto complicate. Io ho scelto di scrivere Spettri dopo il 7 ottobre. Le notti successive, continuavo a pensare a quello che era accaduto. Mi sono detta: “Noi di fatto negli ultimi 10 anni non abbiamo più parlato di palestinesi”. Non facendolo, a volte, ci siamo illusi che il problema fosse risolto.

Quali sono state le principali difficoltà che ha dovuto affrontare da donna reporter di guerra?

Non so se chiamarle difficoltà. Ogni cosa che ho fatto e che ho affrontato è parte di questo lavoro, il più bello del mondo per me, perché ti permette di entrare dentro la realtà come quasi nient’altro. Per questo non riesco a trattare niente in termini di difficoltà, né la fatica fisica, né le paure.

Una donna racconta la guerra in modo diverso rispetto ai colleghi maschi?

Una donna fa esattamente quello che fa un uomo. Ma se ha uno sguardo più profondo, più empatico e più disponibile a lasciarsi attraversare dalle cose, anche il suo racconto sarà diverso. Ognuno di noi come persona ha delle modalità con le quali incontra il mondo e dal mio punto di vista, ma in questo sono di parte, lo sguardo delle donne è molto speciale.

Copertina del libro Spettri (Longanesi)

Ha raccontato che voleva fare l’inviata da sempre. Quali erano i giornalisti a cui si è ispirata?

Quando ero piccola, in Italia, gli inviati di guerra erano Oriana Fallaci e Tiziano Terzani. Due giornalisti molto diversi, con storie e sguardi altrettanto diversi, ma entrambi con una scrittura meravigliosa. Restituire storie di guerra con una forza nelle parole come la loro è stato sicuramente di grandissima ispirazione. Poi negli anni ho avuto il privilegio di conoscere di persona grandi inviati come Ettore Mo e mi sono convinta sempre di più che questa era la mia strada.

Se dovesse partire ora su un fronte di guerra, dove andrebbe?

È una domanda difficilissima, ho almeno dieci posti dove vorrei andare in contemporanea. 

È stata una delle donne che ha rotto il tetto di cristallo. Quali ostacoli ha dovuto abbattere per arrivarci?

Di ostacoli ce ne sono stati ogni quarto d’ora. Però ritengo di essere una privilegiata perché ho fatto ciò che volevo. Le cose che ho cercato fortissimamente sono state le partenze per il fronte, essere dove le cose stavano accadendo. Per questo sì, ho veramente lottato in modo feroce. I posti di potere sono stati una conseguenza, mi sono più o meno capitati, quasi senza nessuno sforzo.

A che punto siamo secondo lei sul rapporto donne e ruoli apicali occupati nel giornalismo?

C’è ancora un po’ di strada da fare ma ormai siamo tantissime. Credo che all’interno del nostro mondo stiamo facendo un bel lavoro e che le cose si stiano davvero riequilibrando. Continuo però a pensare che servano più direttori donna, speriamo di sistemare le cose presto.

Da direttrice editoriale per l’offerta informativa Rai, come deve essere l’informazione di domani?

È chiaro che un certo tipo di giornalismo che c’era un tempo tutto sommato sta cambiando. Bisogna fare dell’informazione che sia social, digitale, di condivisione, che però non perde le sue modalità e ragioni di fondo: la verifica delle fonti, l’andare a cercare la conferma delle cose, farsi attraversare dagli eventi, andarli a vedere. Questo nessuno strumento digitale riuscirà mai a sostituirlo.

Che cosa dovrebbe fare il servizio pubblico per contrastare la violenza e gli stereotipi di genere?

Il servizio pubblico sta facendo un lavoro molto serio sulle pari opportunità. Devo dire che negli ultimi dieci anni ho visto dei passi da gigante in questa direzione. Credo che sia la società che si sta evolvendo molto lentamente. Il nostro compito è dare una mano a questa evoluzione perché avvenga meglio e più rapidamente.


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