di LAURA NASALI
URBINO – Tra le prime figure femminili emancipate e forti impresse nei ricordi della regista Susanna Nicchiarelli un posto speciale è sicuramente occupato da Rossella O’Hara. “Questa donna che attraversa le epoche, che sopravvive alla guerra, che piega il suo destino e lo controlla mi ha sempre colpito molto. Figure del genere erano molto rare quando ero bambina”. Fondamentali per la sua formazione però anche personalità come Francesca Reggiani della TV delle ragazze, in grado di fare agli albori degli anni 90’ una comicità intelligente, e Sandra Mondaini.
La regista sarà ospite al Festival del Giornalismo Culturale domenica 6 ottobre alle 10, dove sarà intervistata da Cristina Battocletti.
“Non tutte le bambine vogliono essere principesse”
Nicchiarelli, che spesso sceglie come soggetto principale il mondo femminile, fin dal suo primo film Cosmonauta, cerca di ribaltare certi cliché classici estremamente radicati anche nella filmografia moderna. Stereotipi che ancora influenzano la rappresentazione delle donne attraverso l’occhio della cinepresa.
“L’immagine che ho scelto della bambina che scappa dall’altare, perché non vuole fare la comunione, mette in risalto come non tutte le donne o le ragazzine sentano la necessità di vestirsi da principesse e passare così il giorno più bello della loro vita. Alcune di noi non vogliono questo ma desiderano altro” spiega la regista.
Un linguaggio nuovo per un cinema al femminile
Un cinema, quello di Nicchiarelli, che vuole rompere con una cultura patriarcale che immortala un’idea di donna a cui non è concesso nessun tipo di imperfezione né alcun segno del tempo che inesorabilmente passa. “Viene raccontato un prototipo femminile giovane di bell’aspetto. C’è un gran bisogno di storie diverse. Il problema è che queste narrazioni sono un rischio sotto tanti punti di vista. Servono soggetti illuminati che decidono di rischiare su un linguaggio alternativo e su una storia differente”.
Nicchiarelli racconta che il pubblico sarebbe pronto a narrazioni differenti. “La dimostrazione è ben visibile anche dal grande risultato ottenuto nelle sale cinematografiche dal film C’è ancora domani di Paola Cortellesi“.
La regista, convinta che il cinema sia necessariamente anche politico, considera la sala cinematografica un mezzo per sensibilizzare una collettività, per rivedere la narrazione più tradizionale e trasformarla in qualcosa di nuovo, in grado di raccontare la figura femminile in modo innovativo e veritiero. “È estremamente raro vedere sul grande schermo una donna senza figli. Ancora più difficile sentire un dialogo fra due ragazze che non sia incentrato esclusivamente su un uomo” spiega Nicchiarelli, che vive in prima persona le difficoltà di farsi spazio in un mondo prevalentemente al maschile.
Le registe in Italia
Sono poche, infatti, le registe che anche al giorno d’oggi riescono a emergere in questo mondo. Un po’, come racconta la regista di Cosmonauta, per l’idea ancora radicata che si tratti di un mestiere incompatibile con la scelta di avere figli.
“Questo succede quando si guarda alla famiglia tradizionale, dove i compiti non vengono divisi equamente tra i due sessi ma dove tutto pesa solo ed esclusivamente sulla donna – dice Nicchiarelli – Sicuramente
poi un altro motivo che rende complicata l’apertura di questo mestiere alle donne è la convinzione di molti che il ruolo di comando e di controllo sia più adatto a un uomo. La fiducia che viene data alle figure femminili era e continua ancora oggi ad essere sempre inferiore a quella data agli uomini”.