Di ANDREA BOCCHINI
URBINO – Visionario, creativo e molto pop. Andrea De Crescentini è stato nominato nel 2019 assessore esterno al Turismo, Unesco e Sviluppo economico per il Comune di Urbino. Ma poi il Covid e gli impegni lavorativi – si occupava al tempo stesso di marketing e comunicazione per un istituto bancario – lo hanno portato a lasciare l’incarico in poco meno di un anno. Idee? Tante a cui la città ducale, però, “non era pronta”. Dalle sfilate con Alberta Ferretti a quell’incontro con l’amministratore delegato Fiat Olivier François per portare il nome di Urbino al salone dell’auto di Ginevra. Passando per la famiglia Moratti: “Massimo? Ci ho fumato una sigaretta in pineta, è rimasto entusiasta della città”. E oggi una grande opportunità: lo status di capoluogo. Ma “Urbino ha bisogno di idee e di una visione concreta”.
Perché il suo mandato è durato così poco?
“Quello di assessore è stato un ruolo molto stimolante ma purtroppo ci sono state alcune difficoltà: gli impegni di lavoro (all’epoca ero responsabile comunicazione e marketing della Riviera Banca), il Covid e la mancanza di fiducia in giunta nel seguire le mie idee. Una condizione che mi ha portato a dire al sindaco Gambini che non c’erano le condizioni per proseguire”.
In una precedente intervista ha detto: “Urbino è ferma e retta da personaggi anacronistici”. Lo pensa ancora?
“Sì, sono ancora di quell’idea”
Ma a chi si riferiva?
“Non voglio assolutamente entrare in polemica ma le posso dire che non mi riferisco affatto al sindaco. Ringrazierò sempre Maurizio Gambini con cui ho avuto (e ho) un buon rapporto”.
Durante il suo mandato si è anche occupato del cinquecentenario di Raffaello.
“Un’esperienza fantastica. Era nata anche una sponsorizzazione con l’Ubibanca allora diretta da Letizia Moratti. Con la famiglia Moratti siamo grandi amici”.
C’è lei dietro il conferimento del sigillo di Ateneo a Massimo Moratti dello scorso anno, vero?
“Ringrazio il rettore Calcagnini per la grande opportunità. È stata una grande occasione per far conoscere a Massimo l’Ateneo, Urbino e la provincia. Siamo stati al Furlo e poi ad Acqualagna. Massimo ha adorato il tartufo. Purtroppo, non abbiamo fatto visita al Palazzo Ducale ma siamo rimasti d’accordo che torneremo”.
Urbino, cuore del Rinascimento, uno slogan social che ha la sua firma ed è ancora usato.
“L’idea era quella di rendere la città ducale più pop”.
Pop? Ci è riuscito?
“Avevo trovato importanti collaborazioni. Con la Fiat ero riuscito a convincere l’amministratore delegato Olivier François a portare il binomio Fiat-Urbino al salone dell’auto di Ginevra. E poi con la stilista Alberta Ferretti c’era l’idea di fare una sfilata in città. Urbino sarebbe finita sulla rivista Vogue“.
E in giunta cosa ne pensavano?
“Vedevo che molti non si fidavano mentre altri mi guardavano come se fossi un matto”.
Urbino non era pronta?
“Poteva esserlo se solo mi avessero dato ascolto ma la macchina era davvero complessa e soprattutto non tutti ci credevano. Mi dispiace che a rimetterci sia sempre stata Urbino”.
Ma ora siamo capoluogo di provincia.
“Non credo che basti a smuovere la città. Il rischio è che lo status di capoluogo faccia diventare Urbino una macchina ancora più farraginosa. Per fare dei passi avanti occorre avere un’idea e una visione concreta. Con 42 teste in consiglio comunale si deve dialogare con le altre città e non isolarsi altrimenti siamo punto a capo”.
E per uscire da questo isolamento, cosa si dovrebbe fare?
“Occorre esportare la bellezza anche fuori. Urbino è bellissima ma purtroppo è sempre stata un po’ snob”
In che modo?
“Le faccio un esempio: se la Gioconda dovesse essere esposta a Palazzo Ducale, tutti gli urbinati la vedrebbero in televisione e direbbero ‘ok, abbiamo il miglior quadro al mondo. È fatta’. Eppure, senza una strategia comunicativa e di marketing, neanche questo basterebbe. Occorre concepire Urbino come un grande contenitore da promuovere ed esportare in tutta Italia”.
E al nuovo assessore al Turismo cosa suggerirebbe?
“Il segreto di un assessore non è stare lì e proporre diecimila cose. Prima di questo occorre una visione di dove Urbino intenda andare. Al momento, la città ducale sta facendo un giretto in barca ma senza una meta precisa. Se hai una meta, invece, e convergi tutte le risorse di un’intera squadra, i problemi si possono risolvere”.