di MARIA CONCETTA VALENTE e RAFFAELE DI GAETANI
“Il mondo è più difficile oggi di cinque anni fa”: Josep Borrell, il capo della diplomazia europea, apre con una frase carica di amarezza la sua lectio magistralis all’Università di Urbino. “Il mio mandato – dice – è stato segnato da un numero inenarrabile di sfide. Se il lavoro dovesse essere valutato dall’impegno, prenderei un voto alto, ma non abbiamo superato molti ostacoli.
L’alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Unione europea e vicepresidente della Commissione europea ha oggi ricevuto dall’ateneo il dottorato honoris causa in Global studies: economy, law and society.
Al tramonto del suo mandato, Borrell ha parlato agli studenti di Uniurb ponendo loro degli interrogativi sugli obiettivi futuri dell’Unione europea e sul ruolo dell’Ue nelle guerre in corso in Medio Oriente e in Ucraina. L’ex ministro degli Esteri spagnolo, in carica a Bruxelles dal 2019, lascerà il posto il mese prossimo all’ex premier estone Kaje Kallas..
“Fatta l’Europa bisogna fare gli europei”
Sullo stato attuale e futuro dell’Ue, Borrell, socialista, riprende le parole pronunciate nel 1861 dal nostro connazionale Massimo d’Azeglio: “Abbiamo fatto l’Italia, adesso bisogna fare gli italiani”. E le parafrasa: “Abbiamo fatto l’Europa, ora dobbiamo fare gli europei, perché ancora non lo siamo”. C’è poi un riferimento al manifesto di Ventotene e ad Altiero Spinelli, prima di raggiungere la consapevolezza che tanta strada è stata fatta, ma ancora molta ce ne è da fare.
La visione attuale che Borrell dà dell’Ue è riassumibile in tre parole: “Piccola, vecchia e dipendente”. “Siamo solamente il 5% della popolazione mondiale – i cittadini dell’Ue sono 450 milioni, su sette miliardi di abitanti del Pianeta, ndr -, i nostri vicini sono due volte più giovani e abbiamo bisogno del petrolio, del gas e delle materie prime”.
Le sfide che l’Ue ha davanti a sé sono molte di più di quanto possa permettersi con le proprie risorse: contrastare il cambiamento climatico, rafforzare la coesione della società e stare al passo con la sfida tecnologica, “in un mondo dove la Cina e gli Stati Uniti sono molto più avanzati di noi”.
“Abbiamo bisogno di una visione più strategica per il futuro” . prosegue Borrell. Per farlo, però, è necessario abbandonare l’unanimità come regola di voto per settori strategici come la politica estera: “È la paralisi che non permette di costruire una comunità più politica e unita”. Poi lancia una sfida ai 27: “D’ora in avanti l’Europa non può essere solo reattiva, essere cioè la risposta ai problemi che deve affrontare. Deve essere propositiva. Questo è il compito delle nuove generazioni”.
L’Ue nelle guerre: aiuti all’Ucraina, impotente nel Medio Oriente
“La pace non è lo stato naturale del mondo”: Borrell, per via del suo ruolo, ha vissuto in prima persona i conflitti in corso. L’alto rappresentante sottolinea i problemi della mancanza di una linea comune dei Paesi Ue: “Due settimane prima degli attacchi in Donbass, io ero stato lì. Il primo ministro ucraino mi aveva chiesto se avremmo dato loro le armi, ma io non ho potuto fornirne la certezza… Diamo armi e aiuti affinché l’Ucraina sopravviva… Putin non si arrenderà fino a quando l’Ucraina non sarà superiore nel campo di battaglia”.
Sulla questione mediorientale, Borrell dice: “Noi europei abbiamo una responsabilità gravissima. Abbiamo promesso quella terra a due popoli nello stesso momento”. E sulla reazione di Israele agli attacchi di Hamas del 7 ottobre aggiunge: “Un orrore non ne giustifica un altro… Il diritto internazionale parla di proporzionalità,,, Siamo sull’orlo di una guerra regionale…L’Europa deve fare di più e non limitarsi agli aiuti umanitari…”.
Urbino nel cuore di Borrell
Nel discorso del capo della diplomazia europea, c’è anche una dichiarazione di riconoscenza per l’UniUrb e d’affetto per Urbino. “Sono onorato di ricevere questo riconoscimento in un posto così importante come Urbino. Federico da Montefeltro l’aveva definita la città ideale”, ricorda Borrell che racconta di conoscerla da quando aveva dieci anni grazie alla lettura “delle storie dei duchi”. Lui è affascinato da personaggi come Federico perché “prendeva i libri come bottino di guerra”.
Borrell ha anche visitato Palazzo Ducale: sottolineandone la grandezza, ricorda che “molto sangue è stato versato per costruirlo”.