di MARIA CONCETTA VALENTE
URBINO – Quando era a Urbino non immaginava minimamente gli Stati Uniti. Fino all’anno scorso, Stefano Scibilia, 30 anni, era un giornalista praticante all’Ifg e si occupava di cronaca locale. Oggi invece parla al Ducato da un hotel di Washington DC dove si trova per seguire le elezioni statunitensi.
Per una serie di circostanze personali, a febbraio Stefano si è trasferito a Richmond, Virginia, con un obiettivo: “Raccontare l’anno elettorale”. Dopo aver inviato curricula e fatto diversi colloqui, “si sono create le opportunità giuste”, racconta con soddisfazione: “Da settembre sono corrispondente da Washington DC per l’agenzia di stampa Italpress”.
Che clima c’è negli Usa
A Washington sono le 9:30, in Italia sei ore in più. Il calendario segna meno 12 giorni all’election day del 5 novembre. “L’atmosfera negli Usa è particolare, c’è un clima parecchio violento”, racconta Stefano. “Secondo me, gli americani vivono in modo molto più intenso di noi il periodo elettorale”. Se nei film americani si fa a gara per la casa e il giardino più belli addobbati per Natale, nella realtà si fa a gara anche con i cartelli e gli striscioni con su scritto i nomi dei candidati alla Casa Bianca.
Camminando per le strade di Washington, D.C., area da sempre democratica, fuori dai balconi sventolano bandiere a stelle e strisce e cartelli con su scritto “Harris Walz 2024”. Altri poi sono più ironici come “Know your parasites” e a corredo la foto di Donald Trump vicino a zecche di cervo e di cane.
“Per le circostanze che si sono create negli ultimi mesi, credo che queste elezioni siano senza precedenti”, afferma Stefano. Il passaggio di testimone da Joe Biden a Kamala Harris “ha diviso la campagna elettorale in due”. “Fino a quando era in corsa l’attuale presidente degli Stati Uniti tutti i sondaggi davano per scontato che Trump avrebbe avuto la meglio – spiega -. Poi con la discesa in campo di Harris ha avuto inizio una campagna elettorale completamente diversa. Dopo l’effetto novità, con sondaggi che davano la vicepresidente super favorita, ora la competizione sembra essere più equilibrata”, continua. “Il distacco tra i due candidati sarà di pochi punti percentuali”, prevede Stefano.
L’America degli ultimi
“L’America ti può dare tanto, ma ti può anche togliere tutto”. In questi giorni il corrispondente sta lavorando a un servizio sugli Usa degli ultimi. “Nel 2023 i senzatetto hanno superato quota 600mila. Sono coloro che potrebbero andare a votare ma non lo faranno, perché hanno altro a cui pensare”. Queste persone “non sanno cosa ne sarà di loro – racconta -. Hanno perso il lavoro, non sono soddisfatti della politica e probabilmente non voteranno”, nonostante ci siano tutte le istruzioni guida a loro dedicate.
Stefano ha intervistato un senzatetto afroamericano che ha perso la casa da tre anni, “figuriamoci se ha fiducia in Trump. Mi ha chiesto: ‘Io di chi mi devo fidare? A chi devo dare il mio consenso politico?’. Come lui ce ne sono tanti altri”.
Stefano descrive un’America nettamente divisa in classi: “Ci sono i ricchi che fanno a gara a chi ha il cartello più grande, i poveri emarginati che non voteranno e una società di mezzo che si scontra su chi ha ragione e chi ha torto”.
Harris o Trump?
“Dire quelle che saranno le conseguenze se vinca Harris o Trump mi sembra difficile. Conosciamo la politica del candidato repubblicano, l’abbiamo vista in passato e probabilmente non cambierà”, spiega Stefano. Il discorso si sposta poi sul piano geopolitico: “La politica estera è un argomento parecchio importante in queste elezioni. Per la guerra in Ucraina, l’idea di Trump è quella di arrivare a un compromesso, con Kiev che dovrebbe accettare la perdita di determinati territori. Più che un accordo di pace, sarebbe la sua resa”.
Harris invece “continuerà la linea di Joe Biden, anche se lei prenderà la sua strada, con il supporto militare e gli aiuti umanitari”. Chiunque sarà l’inquilino della Casa Bianca, Stefano è forte di una convinzione: “Sarà un altro secolo americano. Gli Stati Uniti sono ancora una superpotenza giovane, vitale e attrattiva”.
Dal sogno americano a quello italiano
Proprio l’attrattività del sogno americano, “la patria delle opportunità” come la chiama Stefano, porta la conversazione sui giovani italiani. “Secondo me il vero problema è che il numero di studenti rischia di diminuire nei prossimi anni. Questo potrebbe avere effetti anche per Urbino, che è una città universitaria, che vive di giovani e a cui devo veramente tanto”.
Apprezza molto l’occasione che si è creata per la sua carriera: “Fino a qualche anno fa era impensabile per me”, dice Stefano. Ma come molti cervelli in fuga, il pensiero va alla famiglia e agli affetti lasciati in Italia. “Stare lontani in una cultura che non è la tua, dove tutto è diverso, non è facile. Mi piace pensare ad un futuro in cui il talento dei giovani italiani non venga rubato dall’attrattività degli altri paesi. Affetti e carriera nello stesso posto sarebbe il jolly della vita”.