di RAFFAELE DI GAETANI
URBINO – Nel mezzo di una strada di Valencia ci sono dei bambini che giocano a calcio. Stavolta però non devono stare attenti alle macchine perché il traffico è chiuso. Le loro scarpe non poggiano le suole sull’erba come al solito, ma sul fango lasciato dalla violenta alluvione verificatasi in città nella notte tra il 29 e il 30 ottobre. L’acqua mischiata al fango ha travolto le vie della città e oltre alle immagini delle macchine travolte, questa calamità ha lasciato una ferita più profonda in tutta la regione: più di 200 vittime e almeno una centinaia di dispersi.
Lì in Erasmus ci sono due studentesse UniUrb. Aurora Badalotti, 20 anni, di Sant’Angelo in Vado, e Alice De Angeli, 22 enne di Urbino. Entrambe sono al secondo anno di Scienze politiche. A Valencia vivono insieme, al quarto piano di un palazzo nel quartiere Camì de Cabanyal che non è stato colpito dall’alluvione. Loro, anziché tornare in Italia, sono rimaste in Spagna e nell’attesa che le università riaprano stanno facendo volontariato nei centri di smistamento.
“Quella notte da noi non pioveva”
Aurora racconta come del passaggio della Dana – la violenta perturbazione che ha fatto cadere nell’area la pioggia di un anno in tre ore e mezza – non si siano neanche accorte: “Non siamo state colpite, non ha nemmeno piovuto. Sentivamo solo il vento. Siamo a 5 chilometri dalla zona centrale del disastro. Quella sera non ci spiegavamo perché avessero chiuso l’università”. Della gravità della situazione hanno preso coscienza la mattina dopo: “Siamo state inondate di messaggi per chiederci se fossimo vive e cosa fosse successo. I nostri parenti erano molto preoccupati, ma ci hanno detto di stare tranquille”.
“Il giorno dopo siamo andate a fare un giro in centro e ho notato il silenzio. La gente c’era, ma l’atmosfera era strana. Dall’autobus si vedevano tutte le persone infangate”, spiega Aurora. Alice ricorda i messaggi di allerta inviati alla popolazione sugli smartphone nei giorni dopo l’evento più disastroso, “simili a quelli arrivati in Italia durante le esercitazioni (si riferisce ai test in corso sul territorio nazionale per il sistema di allarme pubblico IT-Alert, ndr)”. “Una delle mattine successive all’alluvione è arrivata l’informazione che l’acqua non sarebbe arrivata più nelle case. Siamo corse fuori e c’era il panico. Abbiamo preso le ultime casse d’acqua. Ad oggi, i supermercati sono ancora vuoti. Non possiamo comprare più di due confezioni di carne alla volta”, sottolinea Alice.
La voglia di aiutare
La loro università sarà chiusa almeno fino all’otto novembre. Poi le istituzioni dovranno decidere l’eventuale prolungamento delle chiusure. Per loro non è semplice adattarsi alla mancanza di impegni: “Abbiamo avuto uno stop alla nostra routine. Sono due settimane che siamo così”.
Durante queste giornate Aurora e Alice non sono rimaste a casa, ma aiutano la comunità svolgendo attività di volontariato: “Noi siamo andate al centro di smistamento. Lo stadio è stato adibito a punto di raccolta. Il primo giorno abbiamo portato il cibo. Il nostro ruolo è aprire i pacchi e dividerli. Molti ragazzi Erasmus sono andati nelle zone colpite, ma è molto dura a livello emotivo. Non so se riuscirei a farlo” spiega Aurora.
La città, però, lentamente cerca di ritornare alla normalità. “In centro sembra quasi che non sia successo niente. Ma ci sono dei segni che fanno pensare: persone che vanno ad aiutare, pullman e macchine infangate, angoli pieni di fiori”, testimonia Aurora. Alice racconta come siano tornati per le strade anche i turisti: “Ieri siamo andati verso l’oceanografico ed era tutto regolare. L’atmosfera però è diversa”.
Erasmus a Valencia
Sulla scelta di svolgere l’Erasmus a Valencia, Aurora racconta: “Sono stata in vacanza qui l’anno scorso e ho conosciuto un ragazzo che aveva studiato a Valencia e si era trovato molto bene. Ho visto il bando e l’ho messa come preferenza. Dopo due giorni di assestamento sono partita. Io non sapevo la lingua e mi sono buttata a 1000”. A lei lo scenario valenciano ricorda un po’ quello di casa: “Avere il mare e il verde come da noi è stupendo”. Per Alice la città spagnola non era la prima scelta: “Volevo andare nel nord Europa ma non c’era alcuna possibilità di farlo. C’era la Spagna e ho voluto fare questa esperienza”.