di CRISTINA R.CIRRI e RAFFAELE DI GAETANI
URBINO – L’arrivo in Italia il 25 settembre 1991 dopo la caduta della dittatura in Albania, i regali da Detroit di suo nonno emigrato negli Stati Uniti e il basket a Pesaro come inizio di un nuovo percorso. La vita dell’attuale allenatore della VL Spiro Leka, nato a Tirana nel 66 da madre albanese e padre americano, è stata scandita dal legame con il basket grazie al quale ha stretto rapporti umani decisivi per il suo futuro nelle Marche. Lui, a differenza di molti connazionali approdati con le navi, è arrivato con l’aereo grazie al passaporto statunitense.
Parte dei suoi amici sono ancora nel suo paese d’origine. Leka racconta che tra questi c’è anche il primo ministro albanese: “Con Edi Rama ci siamo conosciuti giocando contro a basket. Quando abbiamo affrontato Pesaro a Tirana Edi era il traduttore per la squadra. Quando torno, sposta gli appuntamenti per passare del tempo insieme. Segue anche le partite della VL”.
L’isolamento
Prima del suo arrivo in Italia Leka ha vissuto gli anni della dittatura di Enver Hoxka: “Il regime era duro. I miei amici non avevano niente da mangiare e io molte volte non cenavo per portargli del cibo. Ancora oggi si ricordano di questo. Ero un privilegiato perché avevamo le entrate dagli Stati Uniti grazie al lavoro di mio nonno”. L’allenatore da giovane faceva parte della squadra juniores della nazionale e ricorda: “Quando andavamo in trasferta non potevamo dire che all’estero si stava bene. Il passaporto ce lo portavano via subito dopo averlo timbrato. Una persona del ministero dell’interno ci controllava”.
Un modo per evadere dall’isolamento era la televisione italiana: “Il regime permetteva di vedere solo Tg1 e Tg2. Finiti i telegiornali il segnale si oscurava e c’era solo quattro ore della tv del regime. Molti non si rendevano conto del mondo fuori. Noi avendo la finestra sull’Italia prendevamo il segnale di nascosto con le antenne sui tetti”.
C’era una volta Pesaro
Una storia quasi da romanzo quella tra Pesaro e Spiro il cui amore inizia nell’ 88 quando con la Partizan Tirana sfida la Scavolini Pesaro in Coppa dei Campioni. “Sono diventato amico di Domenico Zampolini, allora ala della Scavolini, che dopo la partita mi disse se me la sentivo di trasferirmi in Italia”.
L’ultima partita da professionista la gioca a 26 anni in Coppa in campioni contro Salonicco, poi la decisione di partire: “Quando sono arrivato nelle Marche la Scavolini voleva aiutarmi”. Ma a quel tempo in Italia erano ammessi solo due stranieri in squadra”. Spiro così inizia il corso per diventare allenatore che lo porta, nel 2010, ad allenare le giovanili della Vuelle, società in cui rimane fino al 2018.
Ritorno a casa
A ottobre, dopo sei anni di assenza, Spiro è tornato in biancorosso per sostituire Stefano Sacripanti come coach della prima squadra: “Questo posto è casa mia”. L’amore per l’Italia Spiro l’ha sempre avuto. Da ragazzo, mentre viveva ancora in Albania, seguiva “90° minuto” e “Tutto il calcio minuto per minuto” grazie a cui ha imparato l’italiano.
L’America nel cuore
Accanto all’amore per l’Italia c’è anche quello per gli Stati Uniti, tramandato dal nonno paterno Theodori: “Lui ha vissuto a Detroit nel Michigan dal 1916 al 1967”. Spiro racconta: “Quando Theodori tornava in Albania, era terrorizzato dal regime perché non poteva parlare della vita negli Usa. Aveva lasciato i dollari agli amici in America che ogni tanto glieli inviavano”.
Spiro ha vissuto in tre posti diversi con tre culture diverse. Ognuna è riuscita a farlo sentire a casa. Oggi anche la figlia, nata a Pesaro, si è spostata negli Stati Uniti. “Cindy vive a New York e ha chiuso il cerchio aperto più di 100 anni fa da mio nonno”.