di MARIA DESSOLE e ANNALISA GODI
URBINO – “Manca ancora un mese e mezzo alla fine dell’anno e fino ad oggi le donne che si sono rivolte al Centro antiviolenza di Urbino sono già 187. Un numero che crescerà ancora, perché il periodo natalizio è quello in cui le vittime passano più tempo tra le mura domestiche. Nel 2023 sono state 179”, racconta Maura Gaudenzi, psicoterapeuta del Centro antiviolenza (Cav) “Parla con noi” della città ducale.
Il rapporto sulla violenza di genere del 2023 redatto dalla Regione Marche evidenzia che i procedimenti penali arrivati alle Procure marchigiane sono stati 1388, di cui 301 nella provincia di Pesaro e Urbino. Nel 2022 erano 263. La tendenza che evidenziano è un aumento sensibile in particolare nelle procure di Pesaro e Ancona. Le denunce sono aumentate soprattutto grazie alla crescita di consapevolezza dell’ambiente attorno alle donne vittime degli abusi.
Inoltre dai dati raccolti dal progetto Scudo della Polizia di Stato ed elaborati da Save the Children, le richieste di aiuto e intervento per episodi di violenza domestica e di genere subita dalle donne sono stati 13.793 a livello nazionale. Secondo l’ultima indagine annuale dell’Istat sui Centri antiviolenza, nel 2022 le donne che hanno contattato almeno una volta un Cav sono 60.751, +7,8% rispetto al 2021.
Le tipologie di violenza sulle donne
Ma a quali violenze viene sottoposta una donna? “Possono essere diverse e verificarsi contemporaneamente, ad esempio la violenza fisica si accompagna quella psicologica ed economica” spiega Gaudenzi. Nel 93% dei casi segnalati da “Parla con noi”, le donne dichiarano di aver subito violenza psicologica, il 66% anche quella fisica, il 63% minacce. Il 40% delle donne subisce violenza economica e poco meno della metà di queste sono disoccupate o precarie: dunque l’uomo esercita un forte controllo economico sulle vittime degli abusi, oltre a isolarle dalla famiglia e dalle amicizie. Sono state vittime di stupro, tentato stupro e altre violenze sessuale il 19% delle donne, mentre di stalking il 17%.
Ma gli uomini, responsabili, non ammettono
Dai dati 2023 dello sportello dei Centri per uomini autori di violenza (Cuav) delle Marche, emerge che gli uomini riconoscono di aver compiuto soprattutto violenza fisica (39%) e violenza verbale (24%), mentre nel 2022 le percentuali sono rispettivamente del 31 e 35. Ma non ammettono la violenza psicologica, contrariamente al dato Istat che la indica come una delle forme di maltrattamento più diffuse. Per quanto riguarda la violenza sessuale, non è quasi mai dichiarata dagli uomini: nel 2022 solo dall’1%, nel 2023 il dato è nullo.
I minori coinvolti nelle violenze
Nel 66% dei casi avvenuti a Urbino erano coinvolti anche minori. “Di questi, sei su dieci hanno assistito alle violenze, il 14% le hanno subite (un numero impressionante), mentre per il 26% si tratta di violenze avvenute durante la gravidanza”, continua Gaudenzi. Il totale dei minori coinvolti è di 139.
Il report regionale evidenzia invece che nelle Marche, nel 2023, i maltrattamenti hanno riguardato 568 donne con figli. Nel 73% dei casi, ovvero 417, i figli hanno assistito alle violenze subite dalla madre e sono stati aiutati dai Cav ad affrontare i risvolti psicologici. Mentre nel 19,7% anche i figli hanno subito maltrattamenti.
Uscire dalla violenza
“In media, una donna impiega otto anni per uscire dalle violenze. Quest’anno a Urbino sono 99 ad aver finito il percorso o lo stanno concludendo ora”, spiega Gaudenzi. Ma la durata del percorso è soggettiva, e – come nota il rapporto regionale – si può interrompere anche diverse volte, in base all’andamento della relazione: la donna interrompe il percorso nel momento in cui si riavvicina all’uomo e lo riprende quando se ne allontana.
In più della metà dei casi (56,1%) la donna si rivolge al Cav dopo aver subito violenze per più di 5 anni, il 27,8 tra 1 e 5 anni, mentre il 3% dopo un singolo episodio.
“Per esperienza personale, le denunce avvengono dopo che le donne intraprendono un percorso al Centro antiviolenza” conclude Gaudenzi.
Ma nelle Marche esistono anche iniziative che restituiscono indipendenza alle vittime di violenza, come tirocini extracurricolari, corsi professionalizzanti e per prendere la patente di guida, oltre a un servizio di babysitteraggio che consente alla donna, che si trova a essere l’unico genitore che si occupa dei figli, di intraprendere una carriera lavorativa.