Di ANDREA BOCCHINI e CHIARA RICCIOLINI
URBINO – Hanno fatto di nuovo rumore. Oggi più che mai. C’è chi si è portato un coperchio di una pentola e un mestolo. Altri un fischietto. E c’è chi, invece, ha preferito usare la sola voce. In molte si dicono stanche e arrabbiate. Come Beatrice: “L’uomo violento viene sempre perdonato e noi non siamo tutelate, credute e anzi veniamo colpevolizzate”. Samira, invece, non vede “nessun margine di miglioramento rispetto allo scorso anno”. E Greta, al Ducato, riferisce di sentirsi “privilegiata nel gridare forte in questa piazza perché altre, la voce, oggi, purtroppo non la hanno più”.
Sono gli appelli delle manifestanti che oggi hanno preso parte al corteo, a Urbino, organizzato dal collettivo Bagolare, in occasione del 25 novembre, la giornata contro la violenza sulle donne. Si sono dati, tutte e tutti (ci sono anche diversi ragazzi), appuntamento a Santa Lucia. I cori se li sono scritti prima. Molti li sapevano a memoria, gli altri potevano leggerli sulla pagina social del Collettivo. “Siamo il grido altissimo e feroce di donne trans e frocie che più non hanno voce”. È lo slogan che più intonano. E ancora: “L’uomo violento non è malato, è figlio sano del patriarcato”.
Le due marce del 2023
Lo scorso anno non erano mancate le polemiche. La città di Urbino aveva organizzato una manifestazione contro la violenza di genere. E il corteo era sceso in piazza in rigoroso silenzio. Ma l’uccisione di Giulia Cecchettin, dell’11 novembre 2023, aveva fatto irruzione nella cronaca, scuotendo il Paese e moltiplicando gli appelli a “fare rumore”. Un messaggio che era stato dato dalla sorella di Giulia, Elena. Così, a Urbino, i cortei erano diventati due: una marcia silenziosa a cui si è contrapposta “la contromarcia rumorosa”, proprio del collettivo Bagolare. Quest’anno, però, ha vinto il rumore.
“Testarde sì, zitte mai”
“Fare rumore quando dite voi è come stare zitte: urliamo!”, recita un lungo striscione in Piazza della Repubblica che sorreggono in quattro. “Bruciamo tutto”, c’è scritto, invece, su un pezzo di cartone in mano a una ragazza. E ancora: “Se non c’è consenso è sempre stupro”. Oppure: “Per un mondo meno rude, fuori il macho dal mio pube”. Mentre, una ragazza al microfono urla a gran voce: “Testarde sì, zitte mai”. Il silenzio non è proprio ammesso, nemmeno oggi che, oltre a essere il 25 novembre, è arrivata la condanna all’ergastolo per Alessandro Impagnatiello colpevole di aver ucciso la sua ex fidanzata Giulia Tramontano. Mentre a Venezia, il pubblico ministero Andrea Petroni ha chiesto l’ergastolo a Turetta per il femminicidio di Giulia.
“Gridiamo”
“Oggi, 25 novembre, scendiamo in piazza per ricordarci che non siamo sole”, urla Annalisa, del collettivo, al microfono. “Vogliamo che questo dolore si trasformi in rabbia per costruire un mondo giusto insieme. Il patriarcato ci uccide, siamo stanche e siamo arrabbiate”. E poi conclude: “Gridiamo più forte dell’oppressore. Libere e ribelli”. Parte un grande applauso.
Ma non manca nemmeno la polemica politica: il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara, in un videomessaggio per la presentazione della fondazione Giulia Cecchettin, la scorsa settimana ha detto: “Il patriarcato non esiste più”, aggiungendo che “i fenomeni di violenza sessuale aumentano a causa dell’immigrazione”. Parole che hanno suscitato dure reazioni anche da parte dei manifestanti a Urbino. “Valditara l’unica ideologia da combattere è la tua, quella fascista”, si legge in un cartellone che tiene in mano un ragazzo. “Le parole del ministro rappresentano il sistema misogeno e patriarcale in cui viviamo”, grida a gran voce una manifestante. La piazza applaude ancora.