“Non sapevo dove andare”. Quando la dipendenza economica impedisce di denunciare le violenze

di MARIA DESSOLE

URBINO – Spesso, troppo spesso, per una donna è la dipendenza economica che impedisce di cercare scampo dalle violenze. Lo testimonia la storia di Claudia (nome di fantasia), che ha trovato il coraggio di denunciare il compagno violento quando lui l’ha lasciata fuori di casa, a novembre. Serratura cambiata, niente lavoro né un tetto sulla testa.

“Ho vissuto quattro anni a casa con questa persona, durante i quali, per tre anni, ho subito violenze fisiche, psicologiche e verbali. Ho attraversato diverse situazioni molto difficili, e magari potresti domandarti perché sono rimasta lì, ma il punto è che non sapevo dove altro andare”. Inizia così una lunga telefonata, in cui Claudia, che abita nell’entroterra della provincia di Pesaro e Urbino, racconta al Ducato la sua storia di violenza di genere, in cui la dipendenza economica gioca un ruolo determinante. La mancanza di un lavoro stabile, e quindi l’impossibilità di pagare un affitto tutto da sola, non le lascia scelta: bene contro prezzo, un tetto contro anni di vessazioni e abusi. 

“Una persona che arriva da una situazione peggiore non la vede così grave, capisci” spiega Claudia, che il 5 novembre ha denunciato Pietro (nome di fantasia), l’autore delle violenze. Senza un lavoro, senza una casa e senza una rete famigliare e di amici che la possa supportare, Claudia si ritrova completamente sola, afflitta da ansia, depressione e insonnia, conseguenze dirette degli abusi subiti.

I primi dubbi

“Abbiamo iniziato a frequentarci quando tutto era chiuso a causa del covid. Ma non ho avuto modo di capire veramente la sua personalità finché non era troppo tardi” racconta Claudia. Aveva fin da subito notato delle stranezze in Pietro, soprattutto nel modo in cui trattava un figlio avuto da un precedente matrimonio: non gli permetteva di accendere la luce, costringendolo a stare nel buio in camera sua. Lo teneva al freddo, senza riscaldamento o acqua calda per risparmiare sulla bolletta. Insulti e vessazioni si alternavano a una mancanza totale di considerazione.

“Dentro di me pensavo che, prima o poi, avrebbe iniziato a comportarsi così anche con me. Non avrei mai immaginato, però, quanto sarebbe stata difficile la situazione” aggiunge Claudia, che nel 2021 ha ormai ben chiaro perché Pietro è così isolato, senza rapporti con i familiari o gli amici. Ciò nonostante decide di trasferirsi da lui. In questa scelta pesano sia la propria precarietà lavorativa sia la necessità di togliersi da una situazione pericolosa. Claudia, infatti, in quel periodo vive a casa dell’ex marito, dove i maltrattamenti quotidiani la fanno vivere nell’angoscia. Fuggita da un uomo violento, Claudia realizza che la situazione può solo peggiorare.

Due anni di disperazione 

Trasferitasi da Pietro, anche le cose più semplici come lavare i panni o cucinare diventano motivo di lite. Così Claudia rievoca il 2022: “Vivere con lui era un incubo. Non era solo violenza fisica, ma anche psicologica. Ogni giorno insulti, accuse, lamentele”. Pietro, infatti, nonostante possa contare su un’entrata fissa, e nonostante Claudia abbia un nuovo lavoro, non accetta nessuna spesa, anche se essenziale a una vita dignitosa. Ma non si arrende e continua a cercare soluzioni: “Volevo fargli capire che stare tutto il giorno sul divano, attaccato al cellulare, non era vita. Gli dicevo che doveva pensare a cose semplici, come chiamare il figlio e passare del tempo con lui, magari pranzare insieme. Ma si rifiutava categoricamente. Ho provato a spingerlo a essere un uomo migliore, un padre migliore, ma non ci sono riuscita”.

La violenza è stata una costante di quegli anni, tra gli episodi più gravi quando ha cercato di strangolarla, o ancora quando l’ha colpita alla testa con una violenza tale da mandarla in pronto soccorso. “È andata bene” le hanno detto i medici in quell’occasione, questione di centimetri e avrebbe potuto ucciderla. Pietro, dopo queste aggressioni andava al lavoro come se nulla fosse successo “Quella mattina, dopo avermi colpita, mi ha lasciata lì, coperta di sangue” ricorda Claudia.

Le prime segnalazioni

Il 2023 è stato l’anno peggiore. Claudia cerca di evitarlo più che può. Quando non ci riesce, per proteggersi, raccoglie prove degli abusi, foto dei lividi, registrazioni degli insulti, e li pubblica sui social. Pietro sembra calmarsi, non per rispetto – specifica Claudia – ma per paura di quello che la gente avrebbe detto di lui.

La denuncia

È il 5 novembre: “Quel giorno ero uscita, c’era il sole, e non avevo neanche preso con me il giacchetto, lo zaino o i documenti. Non mi ero ricordata nemmeno le medicine per l’asma, perché ero uscita di fretta”. Inizia così il giorno in cui Claudia, dopo quattro anni, si ritroverà a denunciare Pietro. Dal racconto emerge come gli eventi di quella giornata, e una voce amica, abbiano contribuito in modo significativo alla denuncia.

Di rientro dalla mattinata trascorsa in giro, cercando di aprire la porta di casa, Claudia si accorge che le chiavi non funzionano. Pietro ha cambiato la serratura in quelle poche ore, privandola di tutte le sue cose. Decide quindi di arrampicarsi su una scala ed entrare dalla finestra. Al ritorno dal lavoro è Pietro a chiamare i Carabinieri, lui l’accusa di essere entrata in casa senza permesso. È a questo punto che Claudia racconta tutto e lo denuncia.

Un aiuto

Un ruolo fondamentale in questa situazione lo ha ricopre il maresciallo che ha ascoltato Claudia alla stazione dei Carabinieri, e le fa ha fatto capire quanto pericolosa fosse la sua situazione, “Oggi sono consapevole che ho rischiato la vita”. E dall’avvocata Elena Fabbri, da tempo impegnata nella tutela delle donne vittime di violenza. Resta però una grande amarezza per Claudia, che si ritrova comparare il presente, senza casa (ora è ospite da un’amica) e senza lavoro, e gli anni passati nei quali “almeno la sicurezza di un tetto ce l’avevo”.

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