di MARIA SELENE CLEMENTE
URBINO – Come ogni anno in questo periodo, è tempo di bilanci. Anzi, di Bilancio. Così, in occasione della manovra finanziaria, torna in auge il tema della lotta all’evasione fiscale come soluzione per recuperare risorse senza aumentare le tasse ai cittadini. Al centro della campagna del fisco ci sono anche i due milioni di case non censite al catasto. Colpisce, nel panorama italiano, il caso del Comune di Urbino, terzo nelle Marche per estensione geografica, che nel 2010 contava 511 immobili non dichiarati. Un numero elevato, se pensiamo che una città come Pisa, con una popolazione sei volte superiore a Urbino, ne aveva 499.
Immobili “fantasma”
Si tratta degli immobili “fantasma”, così chiamati perché non dichiarati o – più o meno in buona fede – mal registrati negli elenchi dell’amministrazione finanziaria (è il caso, per esempio, delle ville con piscina presentate al catasto come garage). Secondo gli ultimi dati rilasciati dall’Agenzia delle Entrate – risalenti appunto al 2010, come confermato al Ducato dalla stessa Agenzia su istanza di richiesta di accesso civico generalizzato – a livello nazionale il loro valore fiscale equivale a 494 miliardi di euro tra imposte sui redditi e Imu (Imposta municipale propria) non versati; in particolare, 5 miliardi derivano proprio dal mancato pagamento dell’Imu. Nello stesso anno, secondo un articolo pubblicato lo scorso ottobre da il Sole 24 Ore, il 50-60% delle case non iscritte a catasto evidenziava problemi urbanistici. Questo a sottolineare come in molti casi, al problema dell’evasione fiscale si aggiunga quello dell’abusivismo edilizio.
Il caso di Urbino
Abbiamo parlato con l’addetto all’edilizia e urbanistica del Comune di Urbino, Costantino Bernardini, il quale ha riferito che il numero di immobili “fantasma” a Urbino nel 2010 era, in realtà e secondo sua conoscenza, superiore a quei 511 immobili contati nel report dell’Agenzia delle Entrate, e corrispondente a 746 unità; di questi, ad oggi, 460 sono stati accatastati – d’ufficio dall’Agenzia delle Entrate o per iniziativa degli interessati; 283 erano dei falsi da non accatastare o sono stati demoliti e non esistono più; i restanti 21 sono in corso di verifica. Da quanto riferito da Bernardini, il numero di immobili non dichiarati è stato quindi notevolmente ridotto nell’arco di una decina di anni e Urbino risulterebbe essere un esempio virtuoso nella gestione dell’evasione fiscale. Lo stesso non può dirsi per la verifica dell’abusivismo edilizio.
Assenza di controlli di regolarità
Bernardini ha infatti spiegato che l’accatastamento dei 460 immobili non è stato preceduto da alcun controllo sulla loro regolarità, verifica che dovrebbe essere effettuata dal Comune: in pratica non si sa se gli stessi siano o meno degli abusi edilizi. “Non è stata eseguita l’attività di controllo perché avrebbe richiesto una task force con incarichi esterni e risorse non disponibili” ha chiarito Bernardini.
Una fonte riservata – nonché imprenditore edile – ha dato conferma del fatto che sia pratica diffusa che l’accatastamento non richieda regolarità edilizia: un immobile può essere registrato nel catasto senza essere a norma. In questa circostanza, nel caso di interventi o modifiche, l’immobile deve essere demolito e ricostruito, quindi nuovamente accatastato. Di questo, dal punto di vista fiscale, si occupa l’Agenzia delle Entrate; il Comune invece è responsabile della verifica di abuso e della eventuale repressione dell’immobile, ma agisce solo su segnalazione di privati o organi preposti come la Polizia municipale o il Corpo dei carabinieri che si trovano, ad esempio, a effettuare controlli sulla regolarità e la sicurezza dei cantieri.
Non c’è percezione di abuso, per questo non vengono fatti i controlli
Sebbene il comune di Urbino non abbia fatto la vigilanza edilizia sul censimento dell’Agenzia delle Entrate del 2011 e sebbene la stessa Agenzia non abbia aggiornato i dati nel corso di oltre dieci anni, Bernardini si è sentito di potere affermare che Urbino è un “caso felice e virtuoso” rispetto all’abusivismo edilizio. “È un fenomeno che non può essere affrontato con controlli a tappeto” e comunque non avrebbe senso avviare una vigilanza pervasiva perché “non si ha la percezione di una notevole irregolarità”, ha affermato Bernardini. Quindi, se non c’è percezione di abuso, non ha senso fare i controlli e così, senza controlli, spariscono gli abusi.
Urbino però non è un caso isolato e anzi può aiutare a comprendere un fenomeno più ampio e di carattere nazionale che permette a Stato ed enti locali di fare comunque cassa con l’accatastamento a prescindere dalla regolarità o meno degli immobili.