Il reporter Davide Maria De Luca: “Una pace giusta per l’Ucraina ora è impossibile”

Reporter di base a Kiev dall'agosto del 2023
di MARIA SELENE CLEMENTE

URBINOTra le promesse fatte da Trump durante la sua campagna elettorale, c’era quella di mettere fine alla guerra russo-ucraina in una manciata di ore. Già, ma a quali condizioni? Ne abbiamo parlato con Davide Maria De Luca, ex praticante dell’Ifg di Urbino, oggi collaboratore del quotidiano Domani dall’Ucraina. De Luca, che vive a Kiev da più di un anno e mezzo, ci racconta la difficoltà di immaginare il Paese all’indomani della guerra che, con scarsa probabilità – secondo lui – potrà finire con una pace giusta. Giusta per l’Ucraina, se non altro.

L’arrivo di Trump avrà un impatto sulla guerra. Oltre alla proposta di risolvere il conflitto in 24-48 ore – che ormai sembra essere più simile a un piano di pace in 100 giorni – cosa dobbiamo aspettarci?
“Ci dobbiamo aspettare un colloquio tra Putin e Trump, probabilmente anche molto presto, forse già nei prossimi giorni, forse anche nelle prossime settimane. Un colloquio in cui si discuterà di una possibile soluzione del conflitto, molto probabilmente una soluzione che non piacerà né ai russi né agli ucraini. Quello che non dobbiamo aspettarci è che da questo colloquio nasca necessariamente un processo negoziale che porterà alla fine della guerra”.

Davide Maria De Luca, giornalista di base a Kiev. Collabora con il quotidiano Domani

Restando pragmatici, cosa può ottenere Putin e cosa non concederà a Zelensky?
“Cosa non concederà a Zelensky è difficile da dire perché è l’attore nella posizione più debole: se Trump intende obbligarlo a negoziare, c’è molto poco che Zelensky possa fare per opporsi. Quello che Putin probabilmente non riuscirà a ottenere – anche se qui bisogna vedere se Trump sarà disposto a concederglielo – è una Ucraina che addirittura non solo rinuncerà ai territori occupati – cosa che Zelenskiy ha fatto almeno temporalmente; non solo rinuncerà alla sua alleanza e a entrata nella Nato – cosa che tra l’altro gli Stati Uniti non sembrano disposti a concederle – ma quello che appunto Putin vorrebbe oltre a questo è addirittura una Ucraina che si disarma; una Ucraina che riduce le dimensioni del suo esercito, tanto da restare vulnerabile a future aggressioni russe. Questo sembra al momento la più grande linea rossa sulla quale veramente gli ucraini non saranno disposti a cedere. Possono rinunciare a tutto, ma addirittura arrivare a un disarmo come i russi gli chiedevano di fare nella primavera del 2022, nelle prime settimane dopo l’invasione e durante i primi tentativi di accordo che si fecero, ecco questo sembra un po’ il punto di non ritorno.

Quindi non è realistico pensare a una Ucraina “genuinamente neutrale, una zona cuscinetto priva di partnership”, l’ha definita così il consigliere di Putin Dimitri Suslov. Pensi che sia un futuro immaginabile per il paese?
“Bisogna vedere cosa si intende con neutrale perché nessuno degli attori in questa contesa quando parla di neutralità intende neutralità come la intendiamo noi, ossia neutralità come la Svizzera. Quando i russi parlano di neutralità intendono essenzialmente una Ucraina situata nella loro sfera di influenza dove possono, anche senza dover intervenire direttamente militarmente, far valere il loro volere. E questo non è possibile. Non tanto in una Ucraina neutrale, ma in una Ucraina che è in grado di difendersi, una Ucraina con delle forze armate capaci di proteggere il Paese e con una sua viabilità economica autonoma, cioè che non dipende da aiuti russi o da finanziamenti russi per poter sopravvivere. E a questo punto arrivare a una Ucraina così dipendente dalla Russia senza immaginare un collasso sul fronte, un crollo del fronte interno ucraino che al momento non sembra essere all’orizzonte, è un risultato impossibile e Putin nel breve periodo si dovrà certamente accontentare di qualcosa di meno”.

A tuo avviso, nel contesto russo-ucraino, quindi, che declinazioni può avere il concetto di pace giusta?
“Proviamo a metterla così: viste le attuali carte in tavola, visto qual è la situazione sul fronte dove si combatte, visto qual è la situazione internazionale, una pace giusta – nel senso di una pace giusta dal punto di vista dell’attuale Stato ucraino, quindi una pace che rispetti i confini e i diritti nazionali dell’Ucraina come stato sovrano – è una pace che al momento è impossibile. Non si può raggiungere una pace giusta dal punto di vista dello Stato ucraino moderno, perché le condizioni semplicemente non lo permettono. L’unica speranza che c’è per coloro che insomma sono dalla parte dell’umanità e sono dalla parte di una fine, come dire, almeno positiva di questo conflitto, è una pace che in qualche misura non porti automaticamente a nuove guerre. Una pace che trovi il modo di risolvere alcuni dei conflitti fondamentali che hanno separato Ucraina e Russia e che risparmi un ritorno alle ostilità almeno nel breve medio periodo. Questa è l’unica cosa che possiamo sperare realisticamente che abbia le sembianze di una pace giusta.

Come immagini l’Ucraina tra 10 anni?
“È una domanda difficilissima a cui rispondere, soprattutto perché non sappiamo come finirà la guerra e questo influenzerà molto il futuro di questo paese. Dopo aver vissuto qui per un anno e mezzo ormai devo dire che non sono molto ottimista, faccio molta fatica a essere ottimista perché questo è un Paese molto sofferente, lo era già prima della guerra; è un Paese diseguale, molto diviso e se la guerra ha fatto tanto per nascondere o sopprimere queste differenze, la sua fine credo che le farà risplendere. Io ho un profondo amore per questo per questo Paese, ma sono anche profondamente pessimista sul suo futuro e spero con tutto il cuore e sinceramente di essere smentito”.

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