Del Cerutti Gino, accademico, in Lambretta con Che Guevara: l’assurda lectio del Mardi Gras

DI CHIARA RICCIOLINI

URBINO – Di Cerutti Gino sappiamo poco: un cantastorie chiamato Giorgio Gaber narra che “lo chiamavan Drago”, era un ventenne dai biondi capelli e che viveva nel quartiere popolare Giambellino di Milano. Un giorno rubò una Lambretta, finì in galera e quando tornò tutti lo consideravano un duro. Sulla sua carriera universitaria invece, c’è da sempre un velo di mistero. Al simposio del Mardi Gras, nella sala degli incisori del Collegio Raffaello, si è discusso del misterioso Cerutti in una boutade che rimbalza tra l’ironico, l’assurdo e il goliardico, organizzata dai professori dell’Università di Urbino Francesca Bottacin, Tommaso di Carpegna Falconieri, Guido Dall’Olio e Salvatore Ritrovato. Hanno partecipato anche i proff. Francesca Declich, Monica Swart-Grasso e Stefano Visentin

L’avventura in Sud America

Secondo il professor Carpegna Falconieri, dopo aver rubato la Lambretta, Cerutti fuggì in Sud America, dove incontrò Che Guevara e con lui scrisse i Diarios dos Lambrettas. Successivamente, divenne professore di storia dell’arte all’Universidade di Matto Multo Grosso.

Cerutti sviluppò studi di rilevanza internazionale sulla mirmecotelepatia, ovvero la ricerca sui poteri telepatici delle formiche e il loro presunto linguaggio mentale collettivo. Si occupò anche della dendrofisiognomica e della dendrognomica, ovvero la classificazione degli alberi in base alla loro “forma facciale percepita” nei nodi del legno. Fondò diverse riviste, tra cui la “International Review of Philosophy”, che lui stesso chiamava “Invisible Historian” per motivi sconosciuti. Secondo alcuni, questa rivista pubblicava articoli su eventi storici mai visti perché “completamente invisibili”.

Il legame con Urbino

Cosa collega Cerutti a Urbino? La Lambretta, ovviamente. Nello studiolo del Duca Federico è noto, ce ne potrà forse dare conferma il direttore Luigi Gallo, un intarsio ligneo che rappresenta proprio la famosa moto di Cerutti. Alla stimata conferenza, innovazione e tradizione si sono incontrate grazie all’intelligenza artificiale, rendendo possibile una videochiamata con il Duca Federico da Montefeltro. Alla domanda “Perché lo chiamavano Drago?”, il Duca ha risposto: “Perché era un tombeur de femmes! Le donne svenivano per lui”.

Il professor Guido Dall’Olio e la gestione del tempo accademico

Interviene il professor Guido Dall’Olio, presentato alla platea dalla professoressa Bottacin “prima di tutto un padre e poi un marito”. Alla parola “marito”, il professore si è commosso, portandosi una mano al cuore. Dall’Olio ha poi illustrato il suo Time Sheet per i docenti universitari, uno strumento fondamentale per la gestione del tempo accademico. “I due organismi che rappresento, il C.a.s.s.o. e la T.o.p.a. sono essenziali per la vita accademica e, oserei dire, per la vita stessa”, ha principiato. Ha spiegato che questi organismi devono unirsi e congiungersi per generare una serie di documenti di rendicontazione del tempo impiegato nelle attività accademiche e domestiche: “La suddivisione prevede quattro categorie: pensieri, parole, opere e omissioni, tutte da quantificare e rendicontare”.

Grazie ad un altro organismo, il C.i.u.l.a. (Centro Italiano per l’Unificazione del Lavoro Accademico), è possibile utilizzare un algoritmo estremamente complesso per determinare il punteggio definitivo di ogni docente, valido per dieci anni. Questo calcolo ha un impatto diretto sullo stipendio. “Naturalmente, il primo a testare il sistema sono stato io. Il risultato? Il mio stipendio, calcolato con il metodo del Time Sheet, ammonta a 3.500 euro al minuto”, ha chiosato.

La scoperta della professoressa Bottacin

La professoressa Bottacin ha presentato il ritrovamento di un taccuino autografo di Cerutti. Secondo i suoi studi, Cerutti non disegnava ma si immergeva completamente nello studio dell’opera d’arte, quasi come in un “tableau vivant”. Nel taccuino emergono domande enigmatiche rivolte al Duca Federico, come “Lui chi è?”, “Come mai l’hai portato con te?”, “Il suo ruolo mi spieghi qual è?” e “Io volevo incontrarti da sola”. L’ultima domanda sembra suggerire un uso insolito della parola “Duca”, trattata come un sostantivo femminile “possiamo vedere che già negli anni Sessanta si affaccia prepotentemente la teoria gender”.

Ma il vero scoop della conferenza, offerto dagli studi della Bottacin pertiene ad un personaggio singolare legato alla vita del Duca Federico: Pedro Berruguete. Autore del Ritratto di Federico da Montefeltro e Guidobaldo conservato a Palazzo Ducale. Ebbene, secondo il taccuino del Cerutti sarebbe intercorsa speciale relazione tra i due: “A quanto sono venuta a conoscenza – introduce la Bottacin – e non senza modestia riuscita a ricostruire, il documento era stato preso dal Cerutti dall’archivio Baldini, certamente con l’idea di ridarlo indietro, ma la sua misteriosa scomparsa, ha reso all’evidenza impossibile la restituzione, congelando e nascondendo ai più una vera e propria perla”. Si tratta una canzone, originale scritta dal Duca e rivolta al Berruguete che recita “Pedro, Pedro, Pedro, Pedro, Pé. Praticamente il meglio si Santa Fé” e continua “Pedro, Pedro, Pedro, Pé, fidati di me”. Testimonianza questa di un rapporto di natura assolutamente virile tra Federico e Pedro, “come quelle fra Achille e Patroclo e fra Dolce e Gabbana”, conclude.

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