di Niccolò Severini
URBINO – L’11 febbraio è la Giornata mondiale delle donne e delle ragazze nella scienza, istituita dall’Unesco e fin dalla prima, nel 2015, i dati hanno parlato di una ancora debole presenza delle quote rosa in questo ambito: solo il 28.8% a livello mondiale, mentre in Italia la percentuale si alza al 36%, rilasciati dallo stesso Unesco. L’Università Carlo Bo di Urbino, che ha visto formarsi personalità di grande spicco nella ricerca mondiale come Marica Branchesi e conta tra i suoi docenti Raffaella Servadei, secondo il rettore Vilberto Stocchi, cerca di andare in controtendenza.
“Urbino è particolarmente attenta alla presenza delle donne”. Stocchi, conferma la volontà di far crescere il numero di donne impegnate nella ricerca: “Gran parte del mio gruppo è femminile. Sono più pragmatiche degli uomini, ma l’unica cosa che conta è il metodo. Se il metodo è applicato correttamente il genere non conta nulla”. Stocchi sottolinea con piacere la presenza in Uniurb di Raffaella Servadei, docente dell’ateneo, una dei tre matematici italiani più citati al mondo.
“Nell’area bio è da sempre così – sostiene Mauro Magnani, il presidente del dipartimento di Scienze Biomolecolari (DISB) – forse per attitudine naturale del genere femminile. Dalle iscrizioni ai dottorati, fino alla ricerca il numero è in continua crescita. Non penso si possa parlare di discriminazione o pregiudizi, tutt’altro”. Il docente ha fondato due startup di ricerca nel campo della biotecnologia e della biochimica a livello molecolare e cellulare: EryDel e Diatheva. La prima è stata premiata come migliore del 2018 da “Startup Italy”, mentre la seconda è la bandiera delle quote rosa. Su quindici ricercatori, sono ben dieci le donne con una percentuale del 67% quasi il doppio di quella nazionale.
