di NICCOLÒ SEVERINI
URBINO – Erano le strade di casa sua. Quelle salite le conosceva a memoria e lo preparavano per entrare nella leggenda. Marco Pantani era legatissimo al monte Carpegna, al confine tra le Marche e la Romagna: “Lì ho iniziato a costruire le mie vittorie. Non ho bisogno prima di un Giro o di un Tour, di provare ad una ad una tutte le grandi salite. Il Carpegna mi basta” diceva il Pirata. Sono passati 15 anni dalla sua morte. Era il 14 febbraio 2004 quando fu ritrovato senza vita in una stanza di hotel a Rimini. E tutto il mondo lo ricorda.
Davide Cassani, commissario tecnico della Nazionale di ciclismo e grande amico di Pantani lo ricorda quando con lui si allenava sulle strade della sua montagna: “Marco era più giovane di me, ne abbiamo fatte poche di salite insieme, io stavo per smettere. Lui si piazzava davanti e io lo guardavo da dietro. In salita era superlativo, era normale che staccasse tutti. Adorava partire per ultimo: per lui era il massimo riprenderci, salutarci e aspettarci al Cippo”. Era proprio mentre scalava quei 667 metri di dislivello che capiva di essere in grado di poter vincere le grandi corse.
Il neonato team Mercatone Uno, nel 1997, prese Pantani, come corridore di punta, e Cassani, addetto stampa con il compito di seguire Marco. Il direttore Luciano Pezzi voleva costruire la squadra su di lui e non era semplice. In allenamento nel 1995, si era rotto tibia e perone e lo stesso Pirata aveva dei dubbi sul suo ritorno. Ma la sfortuna non aveva ancora finito con lui. Sulla discesa del valico del Chiunzi, Pantani cadde per colpa di un gatto che attraversava la strada e dovette ritirarsi. “Volevo essere battuto dai miei avversari, non di nuovo dalla sorte” ripeteva il Pirata quegli anni. “Fu un anno delicato – continua Cassani – dopo l’incidente in Campania, lo riportai io. Non disse una parola per tutto il viaggio, poi mi chiese perché capitassero tutte a lui. Ma due mesi dopo al Tour de France capimmo che era definitivamente tornato con le vittorie all’Alpe di Huez e a Morzine”.
Era solo l’antipasto della doppietta Giro-Tour dell’anno successivo. Cassani nel 1998 era il commentatore della corsa italiana: “Il ricordo più bello che ho di Marco è la tappa di Montecampione.
Pur avendo la maglia rosa doveva guadagnare secondi su Tonkov, perché c’era ancora una cronometro e a tre chilometri dall’arrivo Pantani diede lo strappo decisivo e il russo si arrese. Fu lì che vinse il Giro”. A luglio il Pirata completò l’opera: “Con quell’impresa Marco entrò nella storia. Tante persone cominciarono a seguire il ciclismo grazie a lui e molti, purtroppo, smisero di seguirlo quando morì. Sarà difficile trovare un altro come Pantani, lui sapeva entrare nel cuore della gente”.
Ora Cippo di Carpegna è diventato il Cippo Pantani e sui muretti delle curve ci sono le dediche dei suoi tifosi. “Si sente solo il tuo respiro. È il tuo cielo Pirata”.