di CHIARA UGOLINI E NICCOLO’ SEVERINI
URBINO – In diversi hanno preso la parola questa mattina in Piazza della Repubblica durante la manifestazione internazionale #ClimateStrike per sensibilizzare i governi sul problema del cambiamento climatico: tra questi, alcuni dei rappresentanti degli istituti superiori di Urbino, il paleoecologo Simone Galeotti e la studentessa Daniela Delvecchio.
Prima la catena umana e gli striscioni colorati, poi per terra davanti a Palazzo Ducale e infine in piedi sulla fontana di Piazza della Repubblica. Muniti di microfono e accerchiati da circa duemila persone, per lo più giovani, i rappresentanti degli studenti hanno esposto le loro ragioni e si sono confrontanti con l’amministrazione comunale, il cui portavoce oggi è stato il vicesindaco Roberto Cioppi.
La studentessa
“Non c’è più tempo, adesso siamo qui in piazza, ma domani dove saremo se non facciamo subito qualcosa per ottenere un cambiamento? Non parlo solo del Comune, ma anche di un cambiamento interiore” dice Giulia Bartolomei, rappresentante dell’Itis Enrico Mattei.
“Vogliamo far sentire la nostra voce – continua – per far rendere conto ai grandi che ci stanno lasciando un mondo che non ha più vita”. Nella speranza che l’agenda politica riconosca l’impegno della manifestazione, Bartolomei sottolinea: “Dobbiamo prendere noi in mano la situazione, passare il bidone non risolve nulla”.
L’esperto
“Sulla nostra testa abbiamo 600 euro. Siamo più interessati alle cose materiali che a ciò che ci circonda”, dice il paleoecologo dell’Università di Urbino Simone Galeotti, mentre esorta la piazza ad alzare al cielo i costosi smartphone che quasi tutti possediamo.
“La situazione dell’acqua è un problema grave – continua – a febbraio le precipitazioni nell’area di Urbino sono state solo di 22 millimetri, rispetto alla media mensile di 77”. E le previsioni non sembrano essere migliori: è previsto un calo delle piogge del 30% entro il 2100, insieme ad un aumento considerevole della temperatura e del livello del mare.
Negli ultimi 15 anni le conseguenze del cambiamento climatico hanno preso piede sempre più velocemente, spiega Galeotti: “Piove di meno. Questo provoca, a livello locale e globale, l’aumento dei fenomeni a grandi intensità: le cosiddette ‘bombe d’acqua’, piogge di breve durata ma concentrate che causano il riempimento delle falde idriche”.
Queste precipitazioni non riescono però a penetrare efficacemente nel terreno e “scivolano via” velocemente. Il rischio, dice il paleoecologo, è di natura idrogeologica: alluvioni, frane e fenomeni che possono colpire direttamente la popolazione, anche con esiti drammatici.
“Lo scopo complessivo deve essere quello di contenere le emissioni di anidride carbonica – continua – ed è possibile farlo. L’economia sta andando avanti in modo scellerato, infatti la CO2 che sta nell’atmosfera ha il simbolo del dollaro”.
Non c’è una singola azione per risolvere il problema del cambiamento climatico, assicura Galeotti: “Devono agire le grandi industrie, la politica deve incentivare le green economy, ma anche il singolo non deve consumare come 15 persone che vivono dall’altra parte del pianeta”.
La coscienza
Il suo cartello è un cuore nero con un occhio e recita “per un cambiamento esterno, deve essercene uno interno”. Daniela Delvecchio, 21 anni, è una studentessa di Lingue e culture occidentali dell’Università Carlo Bo di Urbino. Ha vissuto la sua infanzia in campagna sul posto di lavoro del padre che ha un’azienda agricola biologica. “Non ho mai dato tanto peso alla situazione ambientale quando ero piccola, ma crescendo ho capito la sua importanza”. Voleva solo stare in città e giocare con i suoi amici: “Poi mi sono accorta del dono che abbiamo. Siamo fortunati a stare bene e vivere in un posto meraviglioso, ma lo stiamo distruggendo”.
Grazie alla sua esperienza nei campi, Daniela ha potuto avvicinare il mondo dell’agricoltura e denunciare quanto i prodotti utilizzati per le coltivazioni possano essere nocivi per le persone e per il nostro pianeta. La ragazza punta il dito contro i pesticidi e le sostanze chimiche: “Fanno ammalare la gente”.
“La cosa più semplice e che possiamo far tutti per l’ambiente – continua – è una corretta raccolta differenziata. Se tutti prendiamo a cuore il problema, in maniera seria, possiamo migliorare la situazione”.