di LUCA GASPERONI
URBINO – Il teatro come evasione: dall’emarginazione e dalla solitudine. Per cambiare identità, riconquistarsi la libertà e magari un futuro. Ma anche come riabilitazione: per riprendere contatto, un po’ per volta, con la vita di tutti i giorni e far sì di non perderla di nuovo, quella libertà.
Il 27 marzo è il giorno scelto dall’International Theatre Institute (Iti) per festeggiare il World Theatre Day che taglia nel 2019 il traguardo della 57° edizione. Un appuntamento che quest’anno, come premio per gli anni di lavoro educativo svolto del collettivo teatrale Aenigma di Urbino, ha avuto il suo cuore in Italia, per la precisione a Villa Fastiggi, la casa circondariale della provincia.
Aenigma, un’eccellenza mondiale a Urbino
Un riconoscimento unico per il teatro Aenigma di Urbino, che da 17 anni organizza e coordina laboratori e produzioni teatrali per i detenuti di carceri, case circondariali, case di reclusione e strutture psichiatrico-giudiziarie. Un’attività di forte impatto educativo, perché il teatro “fa acquisire senso di responsabilità, migliora comprensione e gestione delle emozioni, promuove la costruzione dell’identità personale”, spiega la professoressa Rosella Persi, docente di pedagogia all’Università di Urbino, “insomma, aiuta a stabilire relazioni, necessarie per potersi muoversi nella realtà.” Uno dei rischi che i detenuti corrono più spesso, infatti, è quello di isolarsi o rassegnarsi, perdendo fiducia nei rapporti personali e nel futuro che li attende fuori.
I risultati dei progetti di teatro tra detenuti trovano conferma nel reinserimento sociale al termine della pena: “Secondo gli studi più recenti a livello nazionale, la recidività dei reati passa dal 67% al 7% per chi fa esperienze di teatro qualificate e continuative in carcere”, ricorda il pedagogista Vito Minoia, fondatore e direttore artistico del teatro Aenigma.
Il ‘ricercatore teatrale’, come lui stesso si definisce, racconta poi le difficoltà nello stabilire un contatto con i detenuti, la cui prima reazione è spesso respingere la mano che gli viene offerta: “All’inizio c’è diffidenza, bisogna lavorare molto per stabilire un rapporto di fiducia: la chiave è il segreto del teatro, che aiuta i partecipanti a vivere un clima collaborativo e trasformativo”. Quando si riesce a superare lo ‘scoglio iniziale’, però, “si ottengono dei risultati che prima non si poteva immaginare, vengono valorizzate le differenze, le diversità culturali e le esperienze di vita personali”, sottolinea Minoia.
Il progetto nel corso degli anni si è diffuso a macchia di olio in tutta la penisola e ha fatto diventare Aenigma – fondato nel 1989 e arrivato oggi a 30 anni di attività – capofila del Coordinamento nazionale teatro in carcere, con 59 progetti in 15 regioni differenti. Tutte unite da un unico obiettivo: offrire ai detenuti una seconda possibilità, un’occasione per rinascere dietro alle sbarre.
“Il mio paese teatrale”: il messaggio di Carlos Celdràn
Ogni anno, per la giornata mondiale del teatro, una personalità della cultura scrive un messaggio di riflessione sul tema del teatro e della cultura della pace. Quest’anno è stato il turno del cubano Carlos Celdràn, regista teatrale e drammaturgo di fama internazionale.
“Il mio paese teatrale, mio e dei miei attori, è un paese intessuto di momenti, in cui mettiamo da parte le maschere, la retorica, la paura di essere ciò che siamo e uniamo le nostre mani nel buio. La radice del nostro lavoro è creare momenti di verità, di ambiguità, di forza, di libertà nel mezzo della grande precarietà.”
Il messaggio, tradotto in 50 lingue in tutto il mondo, è stato letto dall’artista de L’Avana sul palco della casa circondariale di Pesaro. L’Iti, infatti, all’ultimo minuto ha scelto Villa Fastiggi di Pesaro per la cerimonia ufficiale della giornata mondiale del teatro, abbandonando l’ufficialità della grande cerimonia UNESCO a Parigi per unirsi ai detenuti e agli operatori teatrali che svolgono azioni riabilitative in prigione. L’evento avviene in concomitanza della Sesta Giornata Nazionale del Teatro in Carcere, curata dal Coordinamento Nazionale del Teatro in Carcere insieme al Ministero della Giustizia.
Durante la celebrazione del 27 marzo nella casa circondariale di Pesaro, presentata da Vito Minoia in qualità di presidente del coordinamento nazionale teatro in carcere, sono poi intervenuti Tobias Biancone (direttore generale dell’Iti), Fabio Tolledi (presidente Iti Italia) ma anche magistrati, pedagogisti, maestri teatrali e attori.
Il teatro dentro ma anche fuori dal carcere
Una giornata per confrontarsi, parlare dei passi avanti compiuti e festeggiare le soddisfazioni ottenute con i progetti teatrali. “Una delle più belle esperienze vissute è stato quando abbiamo lavorato con adolescenti e detenuti insieme sul tema del sogno, chiedendo a tutti di scrivere quello che si ricordavano”, racconta Minoia, rievocando alcuni dei momenti più intensi del lavoro a Pesaro. “Non si parlava dei sogni come terapia ma di racconto e rielaborazione in chiave drammaturgica per poi creare uno spettacolo. È stata una esperienza unica, in grado di far maturare consapevolezza in tutti, con un racconto che si propagava anche fuori dal carcere”.
Perché non c’è vittoria più grande di regalare a detenuti – che avranno difficoltà a integrarsi nella società – un futuro e nuove possibilità. Come avvenuto nel 2012 a Roma, con il carcere di Rebibbia divenuto cast del film dei fratelli Taviani “Cesare devi morire”, vincitore dell’Orso d’oro di Berlino nel 2012. Alcuni carcerati sono poi diventati anche attori professionisti, come Salvatore Striano.
“Il teatro, insieme all’arte e alla cultura, è oggi un’ancora di salvezza”, ribadisce Tolledi. “Si tratta di uno strumento di formazione, di crescita e di rieducazione: tre cose distinte ma complementari. Il teatro è il tratto unificante”, aggiunge la professoressa Persi di fronte a membri della casa circondariale e dell’università, in prima linea nel sostenere questo progetto.
Non a caso, l’ultima iniziativa in cantiere per il teatro Aenigma punta proprio sull’apertura del rapporto con i detenuti, coinvolgendo anche gli studenti universitari. L’idea è quella di unire teatro e rugby mettendo in atto una doppia valorizzazione: sportiva e sociale. Lo spettacolo che nascerà, infatti, vedrà coinvolti gli studenti dell’università di scienze motorie sportive e della salute del primo anno. I ragazzi verranno preparati gradualmente e, nei mesi a seguire, saliranno sul palco per mettere in scena uno spettacolo fatto di sport e recitazione con i detenuti.