Imprese, la Regione Marche: “Il governo sbaglia sulle pmi, il decreto Crescita va cambiato”

Le piccole e medie imprese nella provincia di Pesaro e Urbino sono circa 35000
di GIACOMO PULETTI

URBINO – Con una norma all’interno del decreto Crescita, approvato “salvo intese” dal Consiglio dei Ministri e in attesa di essere pubblicato in Gazzetta Ufficiale, il Governo ha deciso di dare alle banche la possibilità di accedere direttamente al Fondo centrale di garanzia per i prestiti fino a 150.000 euro alle piccole e medie imprese, oltrepassando l’intermediazione dei Confidi, cooperative di fondi di garanzia regionale.

La decisione ha suscitato la reazione della Regione, che ha inviato una nota al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, al ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico Luigi Di Maio e al ministro dell’Economia Giovanni Tria sul tema della “lettera R”, cioè il vincolo di transitare per i Confidi per le operazioni fino a 150.000 euro richieste dalle piccole e medie imprese.

L’assessora regionale Manuela Bora

“L’assessora Manuela Bora, coordinatrice della Commissione attività produttive delle Regioni e delle Province Autonome, ha chiesto, a nome di tutte le Regioni, un confronto urgente con il Governo in merito alla abrogazione contenuta nel Decreto legge “Crescita” della disposizione (articolo 18 comma 1 lett r del decreto Bassanini) – si legge nel comunicato diffuso dalla Regione – che consente alle Regioni di limitare l’accesso al Fondo centrale di garanzie per le Piccole e medie imprese alla sola controgaranzia”.

La modifica prospettata è giudicata lesiva delle prerogative costituzionali della Regione e minerebbe la ripresa economica del territorio. Inoltre, non terrebbe conto della complessità e della diversificazione delle imprese messe insieme dai Confidi. Per questo, la Regione chiede al Governo un dialogo preventivo affinché possano essere apportate delle modifiche prima della conversione in legge del decreto.

“La norma cosiddetta ‘lettera R’ ha consentito in passato la crescita del sistema dei Confidi – dichiara al Ducato l’assessora Bora – con un effetto leva rilevante per lo sviluppo della piccola e media impresa”.

Un operaio prepara i materiali per la lavorazione

Secondo la Regione la riforma della garanzia di accesso al credito per le pmi non può avvenire senza prendere in considerazione tutti i sistemi di garanzia, sia pubblici che privati.

“Lasciare un’offerta così variegata è una ricchezza per le Marche – prosegue l’assessora – e mantenere l’autonomia delle Regioni in questa materia è fondamentale perché conoscono di più il territorio e le aziende che operano al suo interno”.

La Regione ha anche chiesto e ottenuto dai Confidi di ampliare i servizi offerti, con la possibilità di fornire un anticipo ai beneficiari di fondi europei. Il confronto con il Movimento 5 stelle sembra più complicato, mentre dei segnali di dialogo potrebbero arrivare dall’ala leghista dell’esecutivo.

“Quando abbiamo un interlocutore con il quale dialogare in base alle esigenze del territorio si riesce ad attuare una politica del credito efficace – conclude la Bora – ma se lo Stato dovesse decidere per tutti difficilmente potrà attuare misure mirate e incisive”.

Nel 2018 i Confidi hanno preso in carico dalle imprese della provincia di Pesaro e Urbino 971 operazioni, in aumento del 18,2% rispetto al 2017, per un importo di quasi 175 milioni e mezzo di euro.

Al centro Giovanni Bernardini, presidente Confidicoop Marche

Secondo la Confederazione nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa delle Marche (Cna) e Confartigianato Marche la decisione del governo è “illegittima” e hanno indicato alla Regione di avanzare una prima richiesta di stralcio delle novità normative in occasione della conferenza Stato-Regioni di oggi.

In caso di conversione in legge del decreto senza modifiche le due associazioni manifestano anche la volontà di ricorrere alla Corte Costituzionale, perché “la decisione è in contrasto con il titolo V della Costituzione”.

Linea ribadita anche da ConfidiCoop Marche, che per bocca del presidente Giovanni Bernardini, si augura che “la Regione intervenga affinché il decreto venga modificato e vada nella direzione di incentivare l’erogazione verso le piccole e medie imprese”.

“Un decreto che ha l’ambizione di chiamarsi ‘Crescita’ – sottolinea Bernardini – non può penalizzare il cuore della nostra economia”. Nel 2014, proprio attraverso la conferenza Stato-Regioni, le Marche avevano chiesto e ottenuto che l’accesso ai finanziamenti fino a 150.000 euro fosse mediato dai Confidi, “visto che gli istituti di credito hanno un’attenzione maggiore nei confronti di imprese più strutturati”.

Dello stesso avviso la Cna, alla quale fanno capo gran parte delle Pmi della regione. “Abbiamo attivato il dialogo con la Regione e con i rappresentanti territoriali nelle varie province, deputati e senatori – spiega il segretario Cna Marche Otello Gregorini – affinché vengano apportate modificate al decreto entro i 60 giorni che devono trascorrere prima che diventi legge.”

Otello Gregorini, segretario Cna Marche

“La scelta del Governo va in controtendenza rispetto alle ultime mosse delle regioni – continua Gregorini – perché anche Umbria ed Emilia Romagna hanno chiesto di recente l’applicazione della lettera R”.

Diversa la linea di pensiero della Confederazione piccola e media industria Pesaro-Urbino: “I Confidi dovevano essere una forma di aiuto per le imprese ma probabilmente qualcosa non ha funzionato – dice al Ducato il presidente della Confapi Francesco Vitali – Credo che nell’ultimo periodo non sempre le banche eroghino quello che i Confidi richiedono. Andare a bussare al fondo centrale di garanzia senza passare per i Confidi potrebbe essere una forma di semplificazione”.

Il rapporto tra banche e imprese è diventato molto problematico nella provincia di Pesaro-Urbino dopo la crisi di Banca Marche e l’acquisizione della stessa da parte di Ubi nel maggio del 2017.

“Il momento di passaggio tra Banca Marche e Ubi è stato drammatico per qualche impresa, per mancanza di un interlocutore costante – conclude Vitali – è veramente auspicabile e urgente un confronto tra il mondo della finanza e quello degli imprenditori, perché è difficile comprendere i meccanismi del mondo bancario e delle aziende”.

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