di GIACOMO PULETTI
URBINO – L’ondata sovranista non ci sarà. E al parlamento di Strasburgo le forze europeiste continueranno a essere maggioranza. La profezia è condivisa da Enrico Letta e Mario Monti. Non capita spesso di avere due ex presidenti del consiglio dei Ministri seduti fianco a fianco per dialogare di nazionalismi, europeismi e internazionalismi. Al teatro Sanzio di Urbino il senatore a vita e presidente dell’università Bocconi Mario Monti e il direttore della Scuola di Affari Internazionali di SciencesPo a Parigi Enrico Letta hanno dialogato per più di due ore con Franco Vaccari, fondatore e presidente dell’associazione Rondine cittadella della pace, in un dibattito moderato dalla direttrice del Tg3 Giuseppina Paterniti. Niente allarmismi, dunque, ma la consapevolezza che nelle politiche comunitarie qualcosa debba cambiare.
La tavola rotonda “Una società che si ripensa: politica, economia, cittadinanza” è stata l’evento clou del 68° congresso della Federazione universitaria cattolica italiana, dal titolo “Metamorfosi della democrazia. Nazionalismi, europeismi, internazionalismi”, in corso a Urbino fino a domenica 5 maggio. Lo sfondo è quello delle elezioni europee del prossimo 26 maggio.
Nella sua breve introduzione Paterniti ha illustrato l’attuale ordine globale che governa il mondo, “basato su quattro principali potenze: Cina, Stati Uniti, Unione Europea e Russia”. Secondo la direttrice del Tg3 l’Ue rischia di rimanere indietro rispetto agli altri perché difetta di integrità politica, e per questo motivo le Europee saranno fondamentali per capire in quale direzione si muoveranno le istituzioni del vecchio continente.
All’inizio del suo intervento Enrico Letta, presidente del Consiglio dall’aprile 2013 al febbraio 2014, ha dialogato con la platea mostrando un’immagine pubblicata nell’agosto 1966 nel settimanale “La domenica del Corriere”. Un villaggio globale nel quale gli europei, in netta maggioranza, sono posti al centro della scena. “Nel 2050 – ha spiegato Letta in camicia e maglioncino – questa immagine sarà stravolta. Noi europei saremo demograficamente in minoranza, vista la crescita esponenziale tuttora in corso in Asia e Africa”.
Seguendo il filo del suo ragionamento, il professore ha sottolineato la necessità di credere nell’Unione europea, che “non ha la colpa di tutti i mali ma è la soluzione ai cambiamenti in corso nel mondo”. Sollecitando ancora il pubblico in sala, Letta ha dimostrato che ormai nessuno ha in tasca un cellulare di marca europea, ma il mercato è dominato dall’americana Apple, dalla coreana Samsung e dalla cinese Huawei. Il cellulare è ormai la nostra seconda identità, e presto se ne aggiungerà una terza, l’intelligenza artificiale, che ci renderà sempre più gelosi del nostro “io”.
“Se trionferanno sovranismi e ci divideremo in tanti stati nazionali – ha affermato Letta – il rischio è che i nostri figli si possano trovare di fronte alla scelta di diventare coloni della Cina o degli Stati Uniti. Io vorrei invece che possano andare fieri di essere europei”.
Ricordando il rito della campanella che nel 2013 segnò il passaggio dal governo Monti al governo Letta, il presidente della Bocconi – più formale, in giacca a tre bottoni, panciotto e cravatta – ha posto l’accento sui valori tradizionali portati avanti dal’Ue, che “pensa alle nuove generazioni non perché eticamente superiore ma perché i suoi fondatori le hanno affidato questo compito”.
Il senatore a vita ha spiegato che dal suo punto di vista esistono due unioni europee: una che funziona, tutela gli interessi dei cittadini ed è rispettata e a volte temuta nel mondo; l’altra che è ancora frammentata su questioni come fiscalità, immigrazione, sicurezza e politica estera. “Se prevalgono forze sovraniste che non vogliono lo sviluppo dell’Unione – ha detto Monti – sarà impossibile fare dei passi in avanti tra queste due visioni dell’Ue. Si possono criticare le decisioni prese a Bruxelles ma dobbiamo renderci conto di essere un organismo in divenire che può ancora esprimere la propria potenza nel mondo”.
La mattinata è scorsa veloce, con i tre ospiti che hanno affrontato i temi più disparati del “vivere in comunità”: dall’integrazione alle relazioni umane, dall’immigrazione alla paura del prossimo. Secondo Vaccari, dalla Seconda guerra mondiale in poi 65 paesi hanno costruito o stanno costruendo muri e più del 50% sono stati eretti dal 2000 in poi. “Due miliardi di giovani vivono al di la o al di qua di un ‘confine maledetto’ – ha esordito Vaccari – il muro è una costruzione provvisoria che non rappresenta il futuro di un paese, ma serve soltanto a sedare l’ansia e conquistare voti”.
Lo scopo di Rondine Cittadella della Pace è quello di mettere in mano alle persone, di qualunque estrazione e cultura, la possibilità di non soccombere sotto i conflitti, con esperienze di lavoro in Africa, Asia, nel Caucaso e in Europa. “Dobbiamo salvaguardare e sviluppare la cultura della relazione – ha proseguito Vaccari – all’interno di un mondo che invece vorrebbe anestetizzarci in neotribù dove l’unico linguaggio possibile è quello tra uguali”.
Conclusi gli interventi, non sono mancate le domande dei ragazzi della Fuci presenti in platea, che hanno incalzato Monti, Letta e Vaccari sui rapporti di forza tra le potenze, sul futuro dei giovani nel mondo del lavoro e sull’importanza del dialogo all’interno della comunità.