di LINDA CAGLIONI
URBINO – “Eccolo. Eccolo, sta arrivando”. Un gruppo raccolto di amici e parenti attende oltre il viale alberato della chiesa Pieve San Cassiano l’arrivo di Franco Fraternale, per salutarlo un’ultima volta. Per molti di loro, la scomparsa dello storico cuoco “romano d’Urbino” è stata inaspettata. “Ogni volta che ci vedevamo mi diceva che voleva organizzare una cena, all’aperto, per stare tutti insieme” racconta l’amico Davide, davanti alla chiesa di Cavallino, dove Franco abitava. “Migliaia di persone hanno attraversato le porte del suo ristorante (“Il Castello”, ma per tutti era “da Franco” ndr). E ad ognuna Franco è stato in grado di trasmettere le sue emozioni”. La voce di Davide si spezza con naturalezza. Ma non svanisce la voglia di cristallizzare l’immagine di quel cuoco di 75 anni, che si era fatto le ossa tra i fornelli della capitale, per poi riversare la sua arte a Urbino, dove era arrivato incastrato dall’amore per la sua Rita. “Le sue ricette le passava a tutti. Di solito i cuochi non rivelano mai i loro segreti, ma lui era troppo generoso. Conquistava le persone perché ci sapeva fare. Aveva un consiglio per tutti, sempre. A me, per esempio, suggeriva ogni volta cosa mangiare” aggiunge con un sorriso.
Il brusio che si solleva fuori dalla chiesa si arricchisce via via di parole che corrono tutte sullo stesso binario. “Era una persona fantastica, aveva sempre un’opinione su qualsiasi cosa” racconta qualcuno. “La sua più grande felicità era vedere gli altri contenti nel mangiare i suoi piatti” aggiunge un altro. Un cordoglio unanime che vede d’accordo anche don Lino, che celebra la messa, e sottolinea ai presenti che “sono stato poche volte a mangiare nel suo locale, ma quelle poche volte è stato di una gentilezza infinita. Era una persona sempre pronta ad aiutare tutti”.
A funzione conclusa, la moglie Rita preferisce non dire nulla. Ma la donna a cui Franco avrà cucinato i suoi piatti migliori ha la forza di rivolgere un sorriso comprensivo a chi le si avvicina e la circonda. Le sue braccia accolgono con pazienza chi la vuole salutare. E per un attimo sembra sia lei a consolare gli altri e non viceversa.