di LUCA GASPERONI
FANO – A Parigi è stata creata una “mappa delle emozioni”, con il battito del cuore. Le persone hanno ricevuto un cardiofrequenzimentro e si sono mosse per la città, dettando le linee o le zone più “sentite” a livello personale. Ma non c’è stata alcuna sorpresa: i luoghi dove il cuore dei viaggiatori palpitava di più coincidevano con le attrazioni più famose (e turistiche). C’era attesa di vedere se il posto era come immaginato.
“Ecco, la missione dello scrittore è cercare di far battere forte il cuore al lettore nei luoghi meno attesi, dove non c’è aspettativa ma solo scoperta”. A dirlo lo scrittore Paolo di Paolo, sul palco del teatro la Fortuna a Fano per la terza giornata del Festival del Giornalismo 2019 per parlare di letteratura di viaggio. Secondo il giornalista romano, infatti, “ci facciamo un’esperienza dei luoghi attraverso dei giudizi espressi da altri, una pesante zavorra durante i viaggi. Il risultato è che così tutti i luoghi ci sembrano in qualche modo familiari”.
E allora nella narrativa di viaggio che cosa può aggiungere in più uno scrittore? “Le sue emozioni e il suo sguardo personale” dice Di Paolo che la chiama “geografia emozionale”; una zona di confine, dove le sensazioni che l’autore riceve dalla città sostituiscono le attrazioni. Così è nato il suo ultimo libro, Esperimento Marsiglia, un libro dove racconta la città francese attraverso le sensazioni generate dal cibo dei ristoranti etnici delle vie del porto. Ma perché proprio Marsiglia? “Era un porto di mare, una città ‘meticcia e spettinata’, come Napoli, o Genova”- dice lo scrittore – ho mangiato in sette locali diversi in un giorno. Volevo fare un esperimento con me stesso, essere tramite e cavia, essere stravolto dall’esperimento in atto”.
Uno degli autori che l’hanno ispirato è l’olandese Cees Nooteboom, in gara per il premio Nobel per la letteratura 2019 con 533, il libro dei giorni , dove racconta la sua esperienza nell’ “isola del vento”, Minorca, dove vive per sei mesi all’anno. Per Di Paolo lo scrittore olandese infatti si è fatto “canale esperienziale per un viaggio fatto anche di quotidianità” producendo così un libro “che cerca di trattenere qualcosa del flusso dei pensieri, delle letture, di quel che si vede a livello personale”. Non si tratta di un’esperienza collettiva ma di un atto singolare: un viaggio attraverso i ricordi e le emozioni di una persona stimolata da luoghi e dettagli.
Dall’altra parte dell’oceano Atlantico, a New York, il modello a cui guardare è stato Teju Cole, scrittore statunitense che si è dedicato a un libro di fotografia, Punto d’ombra, un diario visivo in viaggio per il mondo. Consapevole di essere un dilettante nel campo, Cole ha cercato di isolare i dettagli che fanno la differenza. “Lui dice: vediamo il mondo. Poi si chiede: Quale mondo? Vedere come? Noi chi? – spiega Di Paolo – queste tre domande sono il succo della narrazione di viaggio del nostro secolo: bisogna mettere in discussione tutto, polverizzare i nostri pregiudizi”.
Poco dopo lo scrittore romano legge un estratto da una raccolta di racconti di Italo Calvino, Sotto il sole giaguaro, che parla del gusto, un tema centrale all’interno di Esperimento Marsiglia. “Il vero viaggio implica un cambiamento totale dell’alimentazione, un inghiottire il paese visitato anche attraverso i suoi strumenti – conclude Di Paolo – Il solo modo di viaggiare è assimilare, che non vuol dire colonizzare ma digerire e restituire. Fare propria un’esperienza, esercitare il gusto e percepire qualcosa”.