Il ricordo di De Carlo a 100 anni dalla sua nascita: “Quel giorno in cui si infuriò per Borgo Mercatale”

Giancarlo De Carlo
di FEDERICO SOZIO

URBINO – Sono trascorsi quattordici anni dalla scomparsa di Giancarlo De Carlo, l’architetto autore del primo Piano regolatore e del campus universitario di Urbino. Il 12 dicembre avrebbe compiuto cento anni. Nuove abitazioni, collegi universitari, recupero di edifici storici e quartieri: sono solo alcuni dei moltissimi lavori di De Carlo nella città ducale.

A un secolo dalla sua nascita abbiamo parlato con due persone che lo hanno conosciuto nella sua dimensione pubblica e in quella più privata: il poeta Umberto Piersanti e il figlio dell’architetto, Andrea De Carlo.

MAPPA INTERATTIVA: Tutte le opere di De Carlo a Urbino

“De Carlo amava moltissimo questa città: la studiava, la viveva, il suo sforzo è stato quello di non tradirla mai – racconta al Ducato Piersanti – aveva un carattere gentile ed era schivo. Sempre attento e pronto a discutere e a dialogare con le sue amicizie profonde, una su tutte quella con Carlo Bo. L’allora rettore aveva profonda stima nei suoi confronti”. Piersanti racconta che il pacato De Carlo era in grado di perdere le staffe. Come quella volta in cui capì che Borgo Mercatale non sarebbe diventata quello che lui immaginava, cioè “un’area pedonale e di accoglienza per chi arrivava da Roma” ma “un parcheggio a cielo aperto come è tuttora”. Proprio in questi giorni si è tenuto un concorso internazionale di idee, indetto dal comune di Urbino: 23 progettisti hanno potuto contribuire, con i loro piani e i loro disegni, alla futura riqualificazione di Borgo Mercatale. E tra questi, molti avrebbero, probabilmente, avuto il gradimento dell’architetto genovese dal momento che non prevedono più un parcheggio.

“Urbino è l’oggetto del mio amore”. Così De Carlo descriveva i suoi sentimenti per la città di Raffaello. “La sua firma è in tutta la città, in molti angoli nel centro storico, la facoltà di Economia a palazzo Battiferri, il Rettorato e al Magistero in via Saffi – spiega Piersanti – e nel suo operare è costante una continua ricerca del bello”. Osservando le opere di De Carlo non si può non pensare al costante confronto con Carlo Bo, che fu il primo a invitarlo nella città ducale. Con lo storico rettore nacque una profonda amicizia. “Con un solo aggettivo si può soprannominare “architetto umanista” in una Urbino sospesa tra Rinascimento e Umanesimo” conclude il poeta.

La biblioteca di economia a palazzo Battiferri

Un architetto, un uomo estremamente appassionato del suo lavoro, senza confini netti tra la vita privata e quella professionale, come lo ricorda il figlio Andrea: “Il suo lavoro lo portava sempre con sé. In qualunque luogo si trovasse era consapevole dell’importanza della relazione tra le persone e gli spazi in cui queste vivono. In generale era un uomo molto caloroso, appassionato del suo lavoro, gentile con le persone con cui si relazionava”. De Carlo, che prima dell’invito di Carlo Bo non conosceva Urbino, si innamorò della città e delle sue strutture, della sua storia. “Una passione durata lungo tutta la sua vita” racconta lo scrittore, che tuttavia ricorda come il padre avesse sempre “lottato contro le lungaggini e le ottusità della burocrazia, soffrendo per i tempi morti del suo lavoro”.

Un rapporto con il figlio mai oppressivo: “Pur essendo sempre appassionato del suo lavoro non ha mai cercato di convincermi a fare l’architetto – conclude De Carlo – ed è stato molto contento quando ha visto che stavo avendo successo con il lavoro di scrittore. Ho sempre apprezzato il fatto che lui non abbia cercato di farmi fare il suo stesso mestiere”.

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