Gli studenti e la pandemia. La psicologa Uniurb: “Si sono sentiti più soli”

DI DAVIDE FANTOZZI

URBINO – La paura del virus, l’isolamento, il venir meno del calore dei rapporti sociali hanno colpito anche gli studenti universitari. Il numero di chi ha cercato un aiuto è cresciuto molto nell’ultimo anno, “proprio perché si sono sentiti più soli”. Lo racconta la dottoressa Chiara Angione al Ducato. Incaricata dello sportello d’ascolto dell’Università Carlo Bo, da maggio 2020 Angione si occupa del progetto “Insieme”, un servizio di supporto psicologico nato per aiutare chi ha vissuto e vive tutt’ora difficoltà legate alle scorie invisibili lasciate dalla pandemia.

Urbino è una città che vive dei suoi studenti e delle sue studentesse. Il numero di studenti è circa pari al numero di residenti della città (che ammontava a poco più di 14000 persone). Si stima che il numero di universitari sia addirittura salito da allora, grazie al potenziamento della didattica a distanza (e delle esenzioni).

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Proprio le condizioni imposte per contenere il virus hanno innescato o aggravato una serie di malesseri. Così è aumentato in maniera drastica, secondo Angione, il numero di ragazzi e ragazze (ma anche del personale dell’Ateneo) in cerca di un sostegno psicologico. “Ci sono state tante richieste, si aggirano intorno al centinaio nel giro di un anno” spiega la dottoressa. “Inizialmente gli studenti che chiamavano erano soprattutto fuorisede che non avevano la possibilità di rientrare e quindi vivevano situazioni di isolamento”, per non cedere alla solitudine, alla lontananza da casa e al terrore del contagio.

A chi si trovava già da prima in condizioni di difficoltà nella gestione del proprio quotidiano, è stato dato il colpo di grazia. La pandemia sarebbe stata un “elemento precipitante” di situazioni contraddistinte da ansia o stress. Angione parla di “molte persone che avevano delle compulsioni, come ad esempio dei rituali di pulizia. Non riuscivano a vivere serenamente, avevano in continuazione il bisogno di pulire e disinfettare, vivevano situazioni di panico, avevano difficoltà a gestire la rabbia e la paura”.

Tanti universitari inoltre hanno avuto “problematiche alimentari, difficoltà nel gestire il cibo, aumento di peso, restrizioni alimentari drastiche, abbuffate, binge eating (ricorrenti episodi di abbuffata che si verificano almeno una volta a settimana per tre mesi, accompagnati dalla sensazione di perdere il controllo, ndr). La figura del nutrizionista è stata fondamentale”. Questa è una prova del fatto che il solo sportello d’ascolto non basti come terapia: è un valido supporto per orientarsi, un primo passo per un percorso di guarigione, ma è necessario un lavoro di rete con specialisti competenti in altri settori. L’intervento di esperti della nutrizione, di psichiatri o medici è provvidenziale per stare meglio.

Un elemento allarmante è dato anche dal consumo di ansiolitici. Secondo i dati dell’Aifa (l’Agenzia Italiana del Farmaco), in Italia nel 2020 si è registrato un aumento nel loro consumo del +12%, con un +68% registrato solamente nelle Marche. Ci sono persone che “utilizzano Xanax o altri tipi di farmaci che possono essere prescritti anche dal medico di base, soprattutto per regolare l’insonnia. Molti infatti soffrivano di disregolazione del sonno, poiché non riuscivano ad avere una routine quotidiana” conclude la psicologa.

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