di CECILIA ROSSI E SARA SPIMPOLO
URBINO – Lungo la strada non c’è nessun cartello che indichi Ponte Armellina. Nemmeno dopo aver percorso i 12 chilometri che lo separano dal centro di Urbino. È difficile da trovare anche su Google Maps, eppure c’è chi ci vive da più di vent’anni. Forse è per questo che nessuno, al di fuori dei suoi abitanti, ci va mai. O forse è per la sua fama di ghetto della città, quasi fosse un’appendice monca che, per questo, prende il nome di Urbino 2.
La strada dei bambini
Arrivando la prima cosa che si nota è il vociare dei bambini che corrono lungo le vie. Alcuni danno calci a dei palloni e fanno gol segnando in una rete delineata da due sassi posti a debita distanza l’uno dall’altro. “Se cercate una storia ve la racconterò quando sarò un calciatore famoso” urla un bambino con gli occhiali. I suoi compagni di gioco stanno ripulendo con delle scope l’asfalto ricoperto da quelli che sembrano fiocchi di neve appena posati. In realtà è l’interno di un peluche, scucito e fatto ‘fioccare’ per la strada. Mohammed, il più piccolo del gruppo, ci corre incontro e si avvinghia alle nostre gambe. Poi mostra la sua moto giocattolo, a cui però “manca il motore”, dice indicando il retro.
L’erba incolta del parco giochi
Le vie e il parcheggio in cui stanno giocando sono pieni di buche “perché gli strati di asfalto messi per riempire quelle di prima sono già consumati” racconta Meriam, una ragazza di 24 anni che vive a Urbino 2 da quando ne ha 11. “I bambini sono costretti a giocare per la strada e nel parcheggio perché i giardini pubblici sono inutilizzabili”. Un’altalena, uno scivolo e due strutture in legno per arrampicarsi spuntano tra il verde dell’erba, alta e incolta.
“Le uniche volte in cui viene tagliata è quando noi residenti lo facciamo per le occasioni in cui ci serve lo spazio. Come nel caso dell’Eid, la festa che si celebra a fine Ramadan. Diverse volte abbiamo chiesto al Comune di aggiungere dei giochi e sostituire quelli vecchi, ma nulla è cambiato”. Rabia, tunisina e mamma del piccolo Yassine, aggiunge: “Se i bambini giocassero nel parco sprofonderebbero nell’erba e nel fango”.
Due universi paralleli
Meriam vive qui con la sua famiglia: mamma, babbo, un fratello e una sorella più piccoli. Tra poco la raggiungerà pure suo marito dal Marocco, dove è nata anche lei. Si prende cura di una gattina chiamata Mia, che però non può stare dentro casa, suo babbo non vuole. “Anche perché lo spazio è poco. Molte famiglie sono costrette a tenere parte dei loro mobili fuori casa, sul pianerottolo del condominio, dove si rovinano col freddo”.
Passare dai corridoi del condominio all’ingresso delle case è come catapultarsi, in due passi, in un altro universo. Tutte le abitazioni sono monolocali o bilocali, con salotti decorati con quadri, tappeti e grandi divani ricolmi di cuscini. Rabia mostra il suo salotto con orgoglio: “L’ho sistemato tutto da sola, prima la stanza era completamente diversa”. E prosegue: “Questa adesso è la mia casa, ma ho già iniziato a cercare altrove. Voglio andarmene da qua per salvare mio figlio. Da grande non resterebbe mai con me se continuassimo a vivere qui, perché mancano i servizi più elementari. Non è Europa questa”.
Ricorre sempre la stessa frase con ogni persona che si incontra a Ponte Armellina: “Venite a vedere le nostre case. Vedreste come viviamo e curiamo le nostre cose, ma soprattutto quanti pregiudizi inutili ci sono perché da fuori si vedono solo muri scrostati e immondizia”.
La luce della moschea
Basta ritornare nel lungo corridoio che collega i vari appartamenti per vedere sporcizia, fogliame e lampadine penzolanti, se non assenti. “La sera quando torniamo a casa non c’è mai la luce. Dobbiamo usare le torce dei cellulari per poter vedere al buio. Di notte seguo il led della moschea per orientarmi, perché abito lì accanto” spiega Meriam. In un condominio però le luci notturne ci sono, persino rivestite con delle griglie di ferro per non farle rovinare. A montarle è stato Samir, tunisino e residente a Ponte Armellina dal 2001. “Ho due bambini, non potevo continuare a farli tornare a casa al buio, perché anche i lampioni non illuminano bene” spiega. “Ma le ho dovute pagare di tasca mia. Qua non funziona niente se non ci pensiamo noi”.
La protesta dei rifiuti
Passando per le vie si notano bidoni di ogni colore colmi di spazzatura. Gli abitanti lamentano uno scarso servizio di raccolta, che dicono avvenga solo ogni tanto. “Qualcuno ha smesso di fare la differenziata per protesta” dice Meriam. Da Marche Multiservizi, l’azienda che si occupa della gestione dei rifiuti, la dottoressa Giovanna Emilia Fraternale, responsabile delle relazioni esterne, dice: “Non abbiamo mai ricevuto segnalazioni dalla zona. Il servizio comunque è regolarmente garantito come in ogni altro quartiere della città”.
Poi aggiunge: “Il sabato effettuiamo anche un ulteriore giro di raccolta”. Dopo la visita del Ducato, l’azienda ha deciso di fare un sopralluogo. “Il problema, secondo noi, è che i residenti non svolgono correttamente la raccolta differenziata – hanno spiegato, raggiunti telefonicamente dal Ducato – Questo porta a riempire alcuni bidoni molto più velocemente. Ma rafforzeremo la diffusione di un’informazione corretta tra gli abitanti”.
Bombole del gas impilate in casa
Phia viene dal Marocco, dove era un’avvocata. Dice di essersi trasferita in Italia “per motivi di matrimonio”. Ora fa la badante e l’unico momento della giornata in cui può scaldarsi in tranquillità è quando si trova dalla famiglia per cui lavora: “Non abbiamo il gas nelle case. Ogni volta devo portare su le bombole, chiedendo un aiuto ai vicini che hanno la macchina. Poi le impilo a casa in un angolo, anche se è molto pericoloso”. Molti residenti invece utilizzano le stufe a legna, che ogni inverno “rendono l’aria pesante e irrespirabile”, dice Samir.
UNA LUNGA STORIA – Cantieri al via e poi lo stop. Dieci anni di lavori al palo
Cantieri abbandonati
Poco lontano da casa di Samir si trova un appartamento il cui ingresso principale è completamente sbarrato dalle transenne. Sono i resti di un intervento di ristrutturazione dell’edificio mai portato a termine: esattamente quattro anni fa, nell’ottobre 2017, sono partiti dei lavori, finanziati dalla Regione e dal Governo, che sono stati interrotti nel giro di sei mesi. Ora gli inquilini si ritrovano a dover uscire di casa passando per la porta-finestra sul retro. Lungo la stessa striscia di case, due famiglie su tre sono state sfrattate per far spazio al cantiere. I lavori sono fermi dal 2018 e tuttora quelle abitazioni rimangono vuote.
“Sarà il quartiere più ricco della regione”
Mentre non sono ancora conclusi questi lavori, il sindaco di Urbino Maurizio Gambini pensa già a dei nuovi progetti per la riqualificazione del quartiere. L’idea, annunciata a giugno, consiste nella costruzione di una piazza, che prenderebbe il posto di una fila di case (le “stecche”) che verrebbero abbattute. “L’obbiettivo è diminuire la densità abitativa” dice il sindaco al Ducato, “lo facciamo per rendere migliore la vita dei residenti. La finalità è trasformare il quartiere più degradato delle Marche nel più ricco della regione”.
Il progetto è presentato in collaborazione con l‘Ente regionale per l’abitazione pubblica (Erap), che ha iniziato già da tempo ad acquisire gli appartamenti dei privati nella stecca da abbattere. Secondo il sindaco, Erap è arrivata ad acquistare circa l’85% dei locali.
La costruzione della piazza sarebbe dovuta iniziare questo autunno, a detta del sindaco. Ma Giuseppe Paolini, presidente della provincia di Pesaro-Urbino, che si occupa dell’appalto dell’opera, ha riferito al Ducato: “La ditta che farà i lavori non è ancora stata incaricata. Mi auguro che lo sarà entro la fine dell’anno”.
I residenti però non solo dicono di non essere mai stati consultati sul progetto – come ha confermato anche il sindaco -, ma la maggior parte di loro afferma di non esserne nemmeno a conoscenza. Inclusi gli inquilini delle case che verrebbero abbattute. “Non può esserci condivisione con tutti” ha risposto il sindaco, interrogato sulla questione, “anche perché molti dei residenti di Ponte Armellina sono spesso in affitto o irregolari. Oppure rimangono a viverci solo per un breve periodo, per cui c’è un ricambio continuo di residenti”.
Ma secondo le testimonianze degli abitanti, ci sono molte persone che vivono a Urbino 2 da anni, se non decenni. Parliamo di un posto in cui Mohammed, studente dell’Istituto Benelli di Pesaro, indica come “quella nuova” la vicina Zahira, che vive qua da più di un anno. Con gli abitanti che non vorranno vendere la propria casa, “verrà avviata una trattativa per spostarli nella palazzina a fianco”, prosegue Gambini. La possibilità di ricollocamento presso le case popolari non è al momento prevista.
“Il sindaco è sempre lo stesso? Qui mai visto”
Dana, macedone che vive insieme al figlio, alla nuora e ai due nipoti, dice: “Sono sempre andata a votare, ma ogni volta rimango delusa. Il sindaco è sempre lo stesso? Non si è mai visto qui”. Una frase ricorrente tra gli abitanti, soprattutto tra quelli senza cittadinanza italiana e che quindi sono impossibilitati a votare. Samir potrebbe farlo, ma non si fida delle istituzioni: “Non ci capiamo, loro non riescono a vedere quello che gli diciamo, ma solo quello che vogliono vedere”. I più giovani non sanno nemmeno che faccia abbia il primo cittadino. Alcuni dicono di averlo visto solo durante la campagna elettorale nel 2019. Al che il sindaco replica: “Ci sono stato un anno e mezzo o due fa”.
Scollegati dal mondo
Di sera iniziano a tornare i ragazzi in tuta e borsone da calcio. “Vanno fino a Montecchio per allenarsi e devono prendere l’autobus laggiù in fondo” dice Rabia e indica una zona dietro il ponte che collega il quartiere alla strada provinciale. La fermata dei mezzi pubblici più vicina è a quasi a un chilometro di distanza, da fare sia col ghiaccio in inverno sia con il caldo dell’asfalto in estate. E al buio, perché non ci sono lampioni per tutto il tragitto. La stessa sorte tocca a chiunque debba andare a fare la spesa o scendere a Gallo di Petriano, il paese più vicino. “Ci pensi prima di riempire tutto il carrello, perché poi come le porti le buste?” dice Dana. Anche gli orari sono proibitivi: le ultime corse da Pesaro o Urbino sono alle otto e mezzo di sera.
L’unico bus che passa fin dentro Ponte Armellina è quello che ogni mattina porta i bambini alle medie e alle elementari. “Spesso i ragazzi dicono di non essere di questo quartiere. Si vergognano” dice Rabia. Sicuramente non Meriam, che dice: “Questo posto è bellissimo. Salam, la parola per dire ‘ciao’ in arabo, la diciamo tutti qua, anche chi non sa la lingua. E se uno piange, piangiamo tutti con lui. Per me qui è come une mela col buco: se ti fermi all’apparenza non sentirai mai il sapore dolce del frutto”.
Un posto migliore
Mentre i loro fratelli rincasano, due bambine si avventurano verso quello che definiscono “il nostro posto preferito”. È un appezzamento di terreno recintato con nel mezzo una torretta per i fili della luce, ma loro lo trasformano subito in una pista da corsa.
Quando vengono chiamate anche loro per la cena, Nevena rimane ancora un po’ e fissa la luna piena. Poi dice: “Ogni tanto penso che le macchie che stanno sulla luna siano tanti universi. Ma non mi piacerebbe andarci, preferisco restare quaggiù, ma non qui. In un posto migliore”.