Di ALICE TOMBESI
Urbino – “Siamo andati incontro a questa gente che ci veniva addosso. Un vento di disperazione e rabbia. Eravamo gli unici che andavano in senso opposto”. È questa la prima immagina che l’Ucraina in guerra restituisce a Leonardo Zellino, giornalista inviato nei luoghi del conflitto per il Tg2. Zellino ha un legame anche con Urbino dove ha frequentato l’Istituto per la formazione al giornalismo nel biennio 2004-2006 . Ha iniziato la sua carriera di giornalista scrivendo su questo sito. Oggi si trova in Ucraina, dopo un viaggio da Roma a Bucarest e i vani tentativi di poter accedere a Kiev. L’esperienza più difficile l’ha vissuta proprio durante il viaggio verso la capitale. È stato fermato e trattenuto per un’ora dai militari ucraini che gli hanno controllato i documenti e i cellulare con il sospetto che non fosse un giornalista ma un infiltrato russo. Raggiunto al telefono dal Ducato, racconta l’episodio e la difficoltà di muoversi in un contesto di guerra.
INVIATI DI GUERRA – Con elmetto e taccuino. “Così raccontiamo l’invasione russa”
Leonardo, dove ti trovi in questo momento?
Questa mattina sono stato a Zytomyr, 100 chilometri a ovest da Kiev e poi sono tornato indietro perché oltre non potevo andare e sto dormendo a Novohrad-Volyns’kyj, sulla stessa direttrice ovest a 200 chilometri da Kiev, una delle più bersagliate perché i russi che hanno accerchiato la capitale e puntano a intervenire su questa via d’accesso che attraversa la città in cui sono e poi l’altra, Zytomyr dove ieri sono caduti dei razzi.
Perché sei dovuto tornare indietro?
Sono bloccato qui da due giorni e puntavo a Kiev poi ci è arrivato un mio collega del Tg2 passando dal lato del Donbass. Da dove sono io è un po’ complicato, spesso siamo scesi nei sotterranei dell’albergo perché c’erano allarmi antiaerei. Nella parte ovest al confine con la Romania, invece, non ci sono attacchi e lo stesso al confine con la Polonia, a parte sporadici avvicinamenti dei russi che si sono tenuti a distanza dai polacchi. La situazione grave è a Kharkiv così come nella capitale e poi lungo questa direttrice ovest, questo pezzo che parte da Zytomyr e arriva a Irpin, siamo quasi alle porte di Kiev.
Da dove sei partito?
Eravamo partiti da Roma poi Bucarest e nove ore di viaggio per andare al confine. Abbiamo lasciato la Romania e siamo andati incontro a questa gente che ci veniva addosso. Un vento di disperazione e rabbia. Eravamo gli unici che andavano in senso opposto. La mattina dopo dovevamo andare a Kiev ma non ci siamo mai arrivati.
Sei stato fermato e trattenuto dai militari, cosa è successo?
Stavamo percorrendo la strada che porta a Kiev poi abbiamo dovuto cambiare percorso perché c’era un ingorgo e ci hanno costretto a fare marcia indietro. Dopo poco la partenza eravamo fermi a bordo strada quando sono arrivati dei poliziotti ucraini che, armati, ci hanno sbattuto sul cofano, gambe divaricate a calci e ci hanno costretto a rimanere lì un’ora finché non hanno controllato tutti i nostri documenti e i cellulari. Ce li hanno fatto sbloccare più volte, ho capito che gli interessavano i contatti telefonici. Il sospetto era che non fossimo giornalisti ma infiltrati russi. Negli ultimi giorni non so più quante volte ho dovuto dare il passaporto, non si fidano mai. Hanno sempre il timore che tu non possa essere quello che dici di essere.
Verso dove ti dirigerai?
Sarebbe bello andare a Odessa che è un luogo caldo ma siamo rimasti senza autista. Eravamo partiti dal confine con un autista ingaggiato sul posto che a un certo punto è dovuto rientrare. Ora devo riprogrammare tutto e vedere.