Gli studenti del Raffaello per l’Ucraina. Cibo e vestiti per chi fugge dalla guerra

Le studentesse e gli studenti del Raffaello accanto ai pacchi pronti per essere spediti in Ucraina. Per le foto si ringrazia Martina Traiani
di SARA SPIMPOLO

URBINO – “La parola guerra, che eravamo abituati a leggere soltanto nei nostri libri di storia, da qualche giorno a questa parte riempie i nostri pensieri. Ci stiamo ritrovando, purtroppo, a vivere con sentimenti di paura, sgomento, incredulità”. Sono le parole di Camilla Betti, studentessa dell’Istituto Raffaello, che sul sito della scuola ha scritto un articolo in cui riflette sull’attuale situazione in Ucraina. Parole di sconforto, che sono però seguite dalla commozione per quello che il suo liceo ha fatto per aiutare la popolazione colpita dalla guerra.

Grazie all’impegno di studenti e docenti, infatti, l’istituto Raffello ha organizzato una raccolta di vestiti e generi alimentari che ha consegnato poi, rispettivamente, alla Caritas di Urbino e alla Comunità ucraina delle Marche, che si sta occupando di recapitarli in Ucraina. I pacchi imballati dagli studenti e dalle studentesse sono ora in viaggio per raggiungere il paese in guerra, e se i camion non riuscissero a superare il confine, gli alimenti verranno distribuiti ai profughi in fuga.

“L’iniziativa è stata presa dagli studenti che hanno voluto fare un gesto concreto di vicinanza alla popolazione ucraina”, spiega al Ducato il dirigente scolastico del Raffaello, Daniele Piccari. “La raccolta è durata tre o quattro giorni, e come scuola siamo stati ben lieti di dare la nostra disponibilità”. I ragazzi e le ragazze del Raffello hanno raccolto pasta, pane, farina, biscotti. Ma anche vestiti e coperte. “Ognuno ha fatto il suo piccolo”, racconta Angelo Braccioni, rappresentante degli studenti. “C’è stata una grande partecipazione di studenti e famiglie. Per noi questa è una cosa molto sentita. Oltre ad aver fatto un minuto di silenzio in tutta la scuola, a lezione se ne parla molto. Gli alunni fanno domande ai professori, vogliono sapere. Speriamo poi di ripetere iniziative del genere in futuro, se si potrà, sempre sperando che non ce ne sia bisogno e che la guerra finisca presto”.

Una speranza condivisa anche da Martina Traiani, anche lei rappresentante degli studenti: “Per noi giovani, che veniamo da due anni di pandemia non ancora conclusa, questa situazione non è facile. Non la stiamo vivendo bene. Però cerchiamo di fare il possibile, di dare un contributo. E quando sabato abbiamo smistato tutti i beni raccolti, li abbiamo divisi e imballati ho provato gratitudine, perché ho visto che c’è ancora interesse a fare del bene”.

E sono ancora le parole di Camilla Benci a descrivere la sensazione che si prova a guardare le foto sorridenti che studenti e studentesse hanno postato sui social accanto ai pacchi pronti per essere spediti: “Il sorriso genuino, stampato sui nostri volti, ci ha fatto capire ancora una volta, più di mille messaggi, che dove c’è amore c’è speranza e pace”.

“La guerra è un segno tangibile del fallimento della nostra società – dice Camilla al Ducato – che etimologicamente significa compagno, alleato dell’uomo. Ricorrere a criteri di manifestazione di potenza appartenenti al passato non è sinonimo di crescita di un paese, ma un tornare indietro, dimostrando di non aver imparato nulla dalla storia. Non trovo giusto che per gli interessi di pochi debba pagare un popolo intero con la propria vita. Sono convinta che la violenza generi altra violenza. Nonostante la mia giovane età, con la pandemia credevo di averle già viste tutte, e invece questa guerra ci ha dimostrato che non c’è mai limite al peggio. Mi auguro si riacquisti presto il buonsenso generale in nome di un bene comune: la pace”.

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