di ALICE TOMBESI
URBINO – Quel che resta del Duca da Montefeltro tornerà a Urbino entro la fine di giugno. A rivelarlo al Ducato è Antonio Fornaciari, paleopatologo dell’università di Pisa che ha effettuato gli studi durante l’ultima esumazione: “Stiamo lavorando alle carte per la consegna, abbiamo avvisato la Sovrintendenza”. I resti non arriveranno in tempo per il compleanno del Duca, il prossimo 7 giugno, ma ci saranno per i festeggiamenti di agosto. In occasione del seicentenario dalla nascita di Federico da Montefeltro, infatti, il comune di Urbino ha in programma una serie di eventi.
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Quando gli esperti dell’università di Pisa sono arrivati a Urbino, nel 2000, aprendo il sarcofago hanno trovato solo un gruppo di frammenti sopravvissuti all’umidità del luogo di sepoltura: “Eravamo partiti con l’idea di fare uno studio globale sul corpo del Duca – racconta Fornaciari – anche a livello di lesioni al cranio. Però poi di fatto, del cranio non abbiamo trovato nemmeno una traccia”. Hanno invece individuato e analizzato un frammento di un osso del piede – insieme a quelli di rotule, vertebre, tibie – che li ha condotti a una scoperta interessante. Federico da Montefeltro soffriva di gotta: “Il metatarsale aveva una lesione tipica di questa patologia”. La stessa malattia che aveva impedito al Duca di cavalcare e prendere parte attiva alle battaglie nei suoi ultimi anni di vita per l’infiammazione di articolazioni o tessuti.
“Grazie a questa scoperta siamo riusciti a confermare quello che il Duca stesso scriveva nelle sue lettere”. Descriveva le sofferenze che provava, i medicinali somministrati per curarsi ma non solo, “dimostrava anche una certa soggezione nei confronti del medico, come un paziente ansioso”. Un piccolo frammento di osso, quindi, che da una patologia può anche rivelare un tratto della personalità di una delle figure più importanti del Rinascimento italiano.
Le precedenti esumazioni del Duca: 1824 e 1938
Se del corpo è rimasto poco o niente vanno considerati anche il luogo e le modalità con cui è stato conservato negli anni. “Sappiamo che fino al 1620 la salma era ancora ben conservata – continua Fornaciari – negli anni fu poi spostata nel seminterrato, sotto il pavimento. Nel fare questa operazione ne è stata compromessa la conservazione. L’ambiente umido è il peggior nemico”. Le riesumazioni che hanno preceduto quella effettuata nel 2000 dall’Università di Pisa sono state due: la prima il 12 luglio 1824 e la seconda il primo dicembre 1938. “Già durante quella degli anni Trenta, il corpo era ridotto malissimo” così come le casse: il legno era sconnesso e il rivestimento in piombo interno, rotto e consunto. All’ultima riesumazione del 2000 “c’era addirittura una pozza d’acqua sopra” spiega ancora il paleopatologo.
Scrive Fornaciari nel suo articolo che racconta l’intervento nel 2000: “L’ambiente è apparso come era stato lasciato al momento dell’ultimo intervento, nel 1938. Le condizioni di conservazione del corpo sono apparse subito di estremo degrado: a malapena riconoscibili poche ossa frammiste a brandelli di stoffe. Le poche ossa residue non più in connessione”.
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Dopo l’ultima esplorazione, i frammenti del Duca sono stati trasportati all’università di Pisa per effettuare della analisi. Sono lì da allora e a fine giugno potrebbero finalmente tornare a casa.