Federico Carboni, il video di addio: “Per suicidio assistito in futuro tempi più brevi”

Federico Carboni (Mario)

URBINO, 17 GIU. – “Ciao a tutti. Ero Mario, sono Federico e quando vedrete questo video non ci sarò più” esordisce così Federico Carboni, conosciuto come Mario, in un video postato poche ore fa sul canale Instagram dell’Associazione Luca Coscioni. Il filmato, girato il 16 giugno a Senigallia prima che Carboni accedesse all’aiuto medico per il suicidio assistito, è stato reso pubblico il giorno dopo la morte, come da sua richiesta.

Nel video Carboni racconta dell’incidente del 2010 che l’ha reso tetraplegico, della grande sofferenza che ha provato in questi anni e della battaglia che ha portato avanti per quasi due anni. “Ho fatto di tutto perché la mia vita fosse il meglio possibile – afferma – però ho avuto un continuo aumento dei dolori e delle sopportazioni che io non tollero più sul mio corpo”. Il senigalliese, il primo d’Italia ad ottenere il suicidio assistito, spiega anche il momento in cui ha maturato la sua scelta: “La decisione la presi nel 2015. Un pomeriggio stavo parlando con mio padre e lui mi ha chiesto che prospettive avessi per il futuro. Gli dissi che finché riuscivo ad andare avanti, sarei andato avanti, ma quando i dolori sarebbero stati troppo forti, avrei fatto di tutto per ottenere il suicidio assistito”. Prima di lui, 14 giugno, Fabio Ridolfi, 46 anni di Fermignano, è riuscito a morire tramite sedazione profonda, stanco di aspettare i tempi della burocrazia.

A maggio 2020, racconta di aver avuto il semaforo verde per il suicidio assistito in Svizzera. “Mandai un’email a Marco Cappato ringraziandolo per le battaglie che stavano facendo. E che sarei stato l’ennesimo l’italiano costretto all’esilio all’estero per porre fine alle mie sofferenze. Mi rispose ‘Federico, fai quello che vuoi ma hai la possibilità di provare a farlo nel tuo Paese'”. È iniziata così la trafila burocratica per cercare di ottenere il suicidio assistito in Italia. Prima di salutare tutti, Carboni condivide il suo auspicio per il futuro: “Essendo stato il primo in Italia – dice – ho impiegato 20 mesi. Mi auguro che le prossime persone che percorrono la mia strada ci mettano molto meno tempo, perché 20 mesi per chi sta male e soffre sono veramente lunghi. Vi saluto tutti, Mario. E, per chi mi conosce, Federico. Ciao”.

bg

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