NAPOLI – Diciotto giorni dopo il centenario dalla nascita del giornalista Enrico Mascilli Migliorini, Napoli lo ricorda con un convegno all’Emeroteca Tucci, sede storica del Sindacato dei giornalisti napoletani, nel palazzo delle Poste centrali in piazza Matteotti. A commemorarlo, il cronista giudiziario partenopeo e presidente dell’Emeroteca Salvatore Maffei, l’ex presidente dell’Ordine dei giornalisti campani Ermanno Corsi, il caporedattore del TgR Campania Oreste Lo Pomo e il rettore dell’Università Suor Orsola Benincasa Lucio d’Alessandro.
Un’occasione non solo per ripercorrere la vita di Mascilli Migliorini con storie e aneddoti, ma anche per discutere della figura del giornalista e di come si è evoluta negli anni. Alcuni degli episodi raccontati sono divenuti leggendari, come quando da direttore della Rai a Cosenza indicò la porta a un politico che aveva chiesto il licenziamento di un caporedattore scomodo. Era il 1956 e Mascilli Migliorini aveva appena lasciato Napoli, da dove coordinava tutte le trasmissioni Rai per il Sud Italia, dopo l’esperienza a L’opinione di Benedetto Croce nel 1950.
ENRICO MASCILLI MIGLIORINI: Il ricordo di Lella Mazzoli
Poi le sedi Rai di Ancona e Firenze, prima di approdare a Urbino, chiamato dall’amico Carlo Bo, prima come docente di sociologia e poi, insieme, come fondatori dell’Istituto per la formazione al giornalismo della città ducale, una maniera per sottrarre i praticanti alla subalternità dall’editore e liberalizzare la professione giornalistica.
“Non si può dipendere dalla volontà del tuo datore di lavoro – commenta al Ducato il figlio Luigi Mascilli Migliorini -, perché a quel punto diventa arbitro della tua vita e della tua libertà”. Prosegue su questa falsariga Ermanno Corsi, che con Mascilli Migliorini è stato più volte in commissione agli esami per l’acquisizione del titolo di giornalista professionista: “Enrico diceva sempre che il sapere giornalistico si declina in quattro modi: il sapere, il saper fare, il saper comunicare e il saper essere”.
Nel suo intervento l’ex giornalista di Rai e Repubblica, che negli anni ha visitato Urbino e l’Ifg, ha ricordato le tre stagioni di Mascilli, quando è stato giornalista partigiano, poi uomo Rai e infine cattedratico, ma senza mai smettere di essere giornalista. “Lo consideravo una guida e un riferimento. I suoi insegnamenti sono ancora validi, come l’onestà intellettuale, il rispetto dei valori fondamentali e la correttezza dell’informazione. Il giornalista, diceva Mascilli, deve comunicare e non informare”.
In queste parole Corsi vede un’intuizione del collega: “Mascilli ha intuito e fatto capire a una generazione di giornalisti l’importanza del feedback nel giornalismo del futuro, cioè la differenza fra informare e comunicare. Senza messaggio di ritorno l’informazione si perde, la comunità non dialoga e il giornalista non arricchisce il suo pensiero”.
red Il Ducato
Nella foto Enrico Mascilli Migliorini con Carlo Bo nel suo studio di Urbino