di CECILIA ROSSI
URBINO – Scenderanno di nuovo in campo, tra il fango e gli applausi, i giocatori dell’Aita, lo sport rinascimentale praticato ai tempi della corte di Federico da Montefeltro. Dopo tre anni, il gioco torna ad essere protagonista della giornata finale della Festa del Duca di Urbino, che si svolgerà dal 10 al 14 agosto.
Borgo Mercatale ospiterà di nuovo il campo di terra battuta inframmezzato da due pozze d’acqua, poste tra la linea di metà campo e i due pali su cui sventolano le bandiere avversarie, che le due squadre devono difendere e rubarsi a vicenda. Il nome dello sport deriva dal grido che lanciano gli atleti caduti nelle pozze: ‘aita’ significa ‘aiuto’ e i compagni accorrono a tirarli fuori per farli tornare in gioco.
Nei suoi quasi 600 anni di storia, l’Aita si è fermata solo in due occasioni: l’ultima volta per colpa della pandemia, mentre la prima volta è stata nel 1632, quando Urbino passò sotto lo Stato pontificio, che lo definì uno sport troppo violento e da quel momento lo proibì.
La tradizione che rivive
L’Aita ha poi rifatto capolino nella vita degli urbinati contemporanei nel 2012, quando il gioco storico è stato inserito tra gli appuntamenti fissi della Festa del Duca: ogni agosto dal 1982, per una settimana circa, Urbino accoglie turisti e abitanti dei paesi vicini, servendo cresce nelle locande storiche e con sfilate in ambiti rinascimentali. E rievocando i tempi di Federico giocando lo sport da lui amato.
La presidente dell’Aita Francesca Crespini descrive l’Aita “come una figlia, di cui andiamo molto orgogliosi da quando il Ministero della Cultura l’ha riconosciuta come una delle quindici rievocazioni più importanti d’Italia”. Perché oltre che disciplina sportiva, l’Aita è soprattutto storia di un territorio.
“Si tratta di una grande tradizione. Durante i periodi di pace, il duca utilizzava l’Aita come allenamento per le sue truppe e anche per sbollentare qualche disputa interna tra i militari”, spiega al Ducato Gianluca Ceravolo, giocatore e da quest’anno responsabile organizzativo. “Il gioco infatti si divide in due squadre, i turchini che erano i nobili, i combattenti a cavallo, e i gialli che erano i popolani, i fanti dell’esercito. Insieme, rappresentano i colori della bandiera di Urbino”.
Il giallo e blu si mescolano tra loro durante la lotta: sono i pantaloni rinascimentali ad altezza ginocchio che indossano i giocatori come divisa e che in poco tempo diventeranno irriconoscibili, impastati dal marrone della polvere e del fango. Il gioco vede schierati 15 giocatori contro altri 15, oppure 12 contro 12, in tre tempi che vanno dai 15 ai 17 minuti.
Uno sport diverso
Molti hanno paragonato l’Aita ad altri sport, dal rugby fino al calcio fiorentino. “In realtà è qualcosa di molto particolare, perché ‘ruba’ tanti elementi da varie discipline”, prosegue Ceravolo. “A differenza del calcio storico, qui non si sfidano contrade, ma due fazioni che fanno parte della stessa squadra, chiamata Legione metaurense. Poi ovviamente ci sono le prese a terra e i placcaggi presi in prestito dal rugby e la maggior parte dei ragazzi proviene da quel mondo lì. Ma nella versione moderna molto è ripreso dalle arti marziali”.
“Io per esempio pratico jujitsu”, spiega Ceravolo, “e quest’anno, all’interno, della squadra, c’è anche il mio maestro perché vogliamo integrare anche prese e ribaltamenti tipici di questa disciplina. L’Aita non è un’arte gladiatoria e violenta, ma marziale”. Per sancire il legame dell’Aita con gli sport di contatto, l’ospite speciale di questa edizione sarà Andrea Minguzzi, campione olimpico nel 2008 di lotta greco-romana.
Una nuova Aita
Prima del 2020, l’Aita contava circa 5mila spettatori ogni anno, distribuiti anche sulle mura che circondano Borgo Mercatale. I posti migliori sono quelli sugli spalti che affacciano direttamente sul campo: le barriere non esistono e il pubblico esulta a pochi metri dall’azione. “Siamo molto emozionati di ritornare e quest’anno ci impegneremo per renderla ancora più spettacolare”, confida Ceravolo. “Il mio sogno sarebbe farlo diventare non solo una tradizione storica, ma un’istituzione sportiva, al pari del calcio fiorentino. E creare un’accademia dell’Aita, dove allenarsi tutto l’anno”.
I partecipanti infatti non si riuniscono regolarmente per gli allenamenti: ogni giocatore segue il proprio training o sport e poi, a qualche settimana dall’Aita, la squadra si incontra al completo “per due o tre allenamenti necessari a organizzare gli schemi, le tattiche e dividersi nelle due fazioni”.
Ceravolo ha 31 anni, è di Fermignano, fa il fisioterapista e si è innamorato del gioco nel 2013, quando è entrato nella Legione metaurense. Oggi spera che sempre più giovani si appassionino a questo sport: “Fortunatamente abbiamo anche molti studenti universitari che si uniscono, come dei ragazzi di Terracina, ma sarebbe bello vedere gli urbinati tornare a praticare lo sport simbolo della loro città. E aprire un’Aita anche per le ragazze, magari”.
A chi vorrebbe ma è ancora titubante, Ceravolo risponde: “Sono entrato in squadra da neofita, mi ci sono semplicemente buttato. Poi negli anni, anche dopo qualche botta, diventi dipendente dall’Aita. Farne parte è il mio piccolo contributo per portare avanti le tradizioni del territorio che amo”.