di DAVIDE FANTOZZI
URBINO – Laurearsi è sempre un evento. È il compimento di anni di sforzi e sacrifici. La fine delle notti passate sui libri, dei caffè alle macchinette per provare a scuotersi dal torpore mattutino, dell’ansia pre esame, post esame e anche durante. Piazza della Repubblica, a Urbino, di lauree ne ha viste tante. Centinaia di abbracci, migliaia di sorrisi per celebrare quel piccolo, ultimo passo che racchiude il senso di tutti quelli che lo hanno preceduto.
Anche per Silvia Del Bello è così. Per festeggiare si è ritrovata accanto alla fontana con gli amici di una vita per suonare chitarre, tamburelli e djembe. È proprio il suono di quest’ultimo strumento, un tipo particolare di tamburo a mano, che richiama intorno al gruppo di colleghi un manipolo di famiglie con bambini al seguito. Da lì, ballare è un istante. Tutti i piccoli si divertono a fare ruote, muovere il bacino, girare in tondo mano nella mano dei genitori. Intorno alla fontana della piazza si sta celebrando un rito partecipativo di spensieratezza. Ci sono anche alcuni curiosi, cellulare in mano a riprendere la scena, tentando di catturare un po’ di quell’allegria e conservarla nella galleria del telefono. A loro viene offerto del vino, anche se sono da poco passate le 10 e 30 del mattino. Qualche temerario accetta, altri declinano continuando a ondeggiare a ritmo di musica.
“Il contributo che possiamo”
Silvia viene dalla provincia di Ancona, ha 45 anni e un sorriso larghissimo. Ha appena concluso il suo percorso in Scienze della formazione primaria, dopo una laurea già conseguita diversi anni prima. Ha i capelli corti e argentati, con un ciuffo ribelle che si sposta di continuo da sotto la corona d’alloro mentre batte sul tamburello. La decisione di tornare a studiare è frutto del desiderio di voler “cambiare la scuola dall’interno”. Lei e i suoi amici sono già laureati, ma si sono rimessi in gioco per provare a dare “il contributo che possiamo”. Silvia racconta che i membri del gruppo negli anni, a vari livelli, hanno “lavorato in ambito scolastico, ma da esterni. Ormai però è sempre più difficile, per questo abbiamo fatto questo percorso integrativo”. Uno sguardo fugace accarezza i bambini lì vicino, impegnati con le verticali. “Ognuno di noi è musicoterapeuta o danzoterapeuta – prosegue – e ormai quasi tutti abbiamo concluso anche questo percorso”. I due approcci utilizzano le melodie e il ballo per supportare i giovanissimi a vari livelli, dall’educazione alla riabilitazione. L’idea di ritornare all’università “è nata per gioco. Poi però ci siamo impegnati perché crediamo davvero in quello che facciamo”.
Per Danilo “sta cambiando tutto”
Mentre Silvia viene presa di peso dagli amici e gettata nella fontana (laureata bagnata, laureata fortunata), Danilo pensa a quando toccherà a lui. Ha 42 anni e la voce leggermente provata da cinque minuti di La canzone dell’anatra intonata a squarciagola. Anche lui è della provincia di Ancona, ed è tornato a Urbino dopo 20 anni per integrare il suo percorso con Scienze della formazione. Il suo obiettivo è “portare nella scuola italiana l’arte e l’intelligenza emotiva. Solo così si possono educare le persone fin da bambine a riconoscere l’importanza dell’altro e apprezzarlo”. Anche Danilo ricorda come la comitiva dei Matusalem (questo il nome del collettivo musicale formato con gli amici) ha deciso di reiscriversi all’ateneo Carlo Bo. Il motore è stata una domanda: “Dopo la pandemia, le difficoltà nel lavoro, i progetti naufragati, ci siamo chiesti: tanto cosa vuoi che cambi? E sta cambiando tutto”.