di ROBERTA ROTELLI
URBINO- La gioia, l’entusiasmo, la gratificazione. Queste sono solo alcune delle emozioni che trapelano dalle parole di Piero Benelli, medico ufficiale della Nazionale di pallavolo maschile e docente alla Scuola di Scienze Motorie dell’Università di Urbino. È appena tornato a casa, a Pesaro, dopo il successo mondiale conquistato domenica sera a Katowice contro gli ex campioni in carica della Polonia. E racconta al Ducato i dettagli di questo successo storico. Dopo 24 anni di digiuno gli Azzurri si rimettono al collo la medaglia d’oro iridata e questo risultato non arriva per caso.
Questa vittoria era nell’aria o è stata del tutto inaspettata?
Bè, non è stata un fulmine a ciel sereno anche se le due squadre favorite erano la Francia, campione olimpico e la Polonia, vincitrice di due mondiali consecutivi. Noi volevamo competere ai massimi livelli arrivando a competere per le medaglie ma sicuramente la vittoria finale è stata una sorpresa. L’Italia ha vinto con la nazionale più giovane, quella con la media d’età più bassa rispetto a tutte le altre: dei 14 atleti convocati solo due avevano già partecipato a un altro campionato del mondo. Questi ragazzi, così acerbi da un lato, hanno dimostrato la maturità giusta per riuscire a stare in campo con la testa fino alla fine, godendosi la partita e giocandosela fino in fondo.
Cosa ha provato quando il centrale polacco Bieniek ha sbagliato il servizio che ha consegnato la medaglia d’oro all’Italia?
E’ stato come una liberazione, un mix di felicità, di gioia e grande soddisfazione per quello che abbiamo fatto in questi anni. Non nascondo che ci sono stati tanti abbracci e baci ma anche tante lacrime.
I ragazzi dell’Italvolley l’anno scorso hanno conquistato un oro al campionato europeo e quest’anno sono saliti sul gradino più alto del podio iridato. Secondo lei si può parlare di questa come la nuova “generazione di fenomeni”?
Si, questa è una squadra forte e loro sono dei veri fenomeni perché sono decisi e sfrontati, però non mi piace fare dei paragoni col passato. Io sono nella nazionale italiana da 15 anni e sulla testa degli atleti c’è sempre stata questa gabbia riferita al confronto con la famosa “generazione di fenomeni”. Ma i tempi cambiano, i rivali sono diversi e il livello di gioco si è alzato moltissimo perché oggi si compete contro molte più squadre all’interno di uno stesso torneo. Questa nazionale ha tutte le carte in regola per liberarsi, finalmente, dai fantasmi del passato e fare il proprio percorso, lontano da fastidiosi paragoni o miti che appartengono a un’altra epoca.
Il percorso di salute fisica degli atleti in questo mondiale è stato lineare o ci sono stati degli incidenti di percorso, recuperati in corsa?
Il cammino dei ragazzi è stato abbastanza lineare, forse anche perché questa è una squadra giovane e quindi meno usurata dalla pratica sportiva svolta ai massimi livelli per lungo tempo. Dei problemi ci sono stati, ma cose di poca rilevanza. Roberto Russo per esempio, che veniva da un anno difficile dove non ha praticamente mai giocato in campionato a causa di alcuni infortuni, ha fatto un bel percorso di recupero funzionale da giugno, quando ha iniziato i ritiri con la Nazionale fino a settembre. Vederlo in campo in finale nel terzo set e assistere all’ottima performance che ha fatto, mettendo a terra dei punti decisivi, è stata una bella soddisfazione per me.
Dottore lei è anche molto legato a Urbino, è giusto?
Io insegno all’Università di Urbino, alla Scuola di Scienze Motorie, quella che una volta si chiamava Isef. Vengo due o tre volte alla settimana e sono molto legato ai colleghi, in particolare i professor Stocchi, Sestilli e Brandi con cui ho condiviso non solo un percorso di docenza ma anche di direzione di un centro di medicina dello sport, in cui facciamo oltre alle visite di idoneità agonistica anche valutazioni per la ricerca scientifica e funzionale.
Secondo lei, cosa significa questo successo dell’Italia non solo per il movimento della pallavolo ma in generale per lo sport italiano?
La vittoria è un segnale che se si lavora seriamente e si costruisce un percorso fatto di dedizione e sacrificio i risultati possono arrivare. Ovviamente anche un po’ di spavalderia serve. Tra l’anno scorso e quest’anno tutte le squadre giovanili di pallavolo italiane Under 20 e Under 18 hanno vinto l’oro ai campionati europei e mondiali. Le ragazze terribili seguite dal prof Mencarelli di Urbino, tra l’altro, hanno vinto l’europeo l’anno scorso. I nostri ragazzi hanno vinto l’Europeo e adesso è arrivato anche l’oro mondiale. Di sicuro questo è stato un anno memorabile per la pallavolo italiana ma questi risultati non si ottengono per caso: sono il frutto di un percorso ben organizzato e strutturato che dura negli anni. Ora mi rimane solo da dire: in bocca al lupo alle ragazze della nazionale femminile che tra poco scenderanno in campo per guadagnarsi una medaglia iridata.