di GUGLIELMO MARIA VESPIGNANI
SENIGALLIA – Sono circa le 11.30 del mattino quando imbocchiamo a piedi lo Stradone Misa, ancora oggi, a più di una settimana dall’inondazione, chiuso al traffico automobilistico regolare. Assieme a noi c’è un gruppo di volontari, Fausta, Sandra e Luciano, che hanno voluto passare il loro sabato a dare una mano a chi è stato messo in ginocchio dall’alluvione. Nessuno di loro abita a Senigallia, ma tutti e tre vi sono in qualche modo legati.
I tre arrivano a casa di Ines e di suo marito Rodrigo, che abitano lungo lo stradone. Indossati guanti e stivali, si mettono al lavoro. Il cortile ha ancora uno spesso strato di fango ormai secco da levare, così, mentre i due coniugi passano l’idropulitrice, Fausta, Sandra e Luciano levano la melma con i tira-acqua.
Siamo ormai in fondo al tunnel, se si pensa a cosa poteva essere questa casa una settimana fa: Ines e Rodrigo dormivano, mentre la città, e in particolare la loro via, si stava allagando. A svegliarli, provvidenzialmente, una telefonata di allarme, che non ha però evitato che si sfiorasse la tragedia: attorno alle 3, infatti, l’inondazione ha sfondato la finestra della loro casa. “L’acqua arrivava fino al collo, sono rimasta aggrappata alle sbarre della finestra per circa 2 ore, mentre gridavo aiuto e nessuno rispondeva. Ero sicura che sarei morta” racconta Ines, trattenendo a stento le lacrime, ai ragazzi che la stanno aiutano.
“La triste verità è che questa è solo una delle tante storie drammatiche che le persone hanno vissuto in questa città la notte tra il 15 e il 16 settembre”. Ce lo dice Serena, una delle coordinatrici della rete di solidarietà dal basso nata a seguito dell’alluvione allo Spazio Autogestito Arvultura. Un gruppo, creato assieme alle Brigate di Solidarietà Attiva e alle Brigate Volontarie per l’Emergenza, nato pochi giorni dopo l’alluvione, con l’intento di organizzare la solidarietà volontaria dal basso.
A loro si sono rivolti anche Fausta, Sandra e Luciano, che hanno preso lì l’attrezzatura da lavoro. “Ci siamo resi conto che non potevamo lasciare allo spontaneismo la generosità di centinaia di persone” dice Serena. Un’intuizione che si è rivelata importantissima: sono state centinaia, infatti, le segnalazioni di intervento giunte alla rete di coordinamento dagli abitanti della città dopo l’allagamento. Ma risposta dei volontari non è stata da meno. “In pochi giorni – continua Serena – abbiamo raccolto l’adesione di circa 350 volontari da tutta la Regione. Altri ne stanno arrivando, anche da fuori, per aiutare nel weekend. Fare questo lavoro ci ha permesso di indirizzare i gruppi giusti dove ce n’era bisogno”.
E purtroppo, si sapeva, dopo questa alluvione c’era necessità di aiuto ovunque. Ce lo conferma anche Giulia, un’altra delle coordinatrici della rete: “La nostra rete di intervento è arrivata in ogni via a Senigallia, ma, è importante dirlo, anche a Passo Ripe, Casine, Pianello di Ostra, Bettolelle, Borgo Molino. Piccoli comuni dell’entroterra, a volte anche molto isolati. In alcuni di essi i soccorsi della Protezione Civile sarebbero arrivati molto dopo di quello che abbiamo potuto fare noi”.
Le attiviste non lo nascondono: tra chi ha costruito questa enorme struttura di solidarietà dal basso, c’è molta rabbia, in particolare contro gli organi che dovrebbero essere in prima linea a gestire quest’emergenza. “La Protezione Civile, i Vigili del Fuoco e gli altri gruppi di soccorso stanno facendo tanto – riprende Serena -, ma ciò che per noi è intollerabile è l’assenza delle istituzioni. Durante l’alluvione del 2014 l’allora sindaco Maurizio Mangialardi si era quantomeno preso la responsabilità di guardare in faccia i cittadini: stava mattina e sera davanti alla Chiesa del Portone, anche a prendersi gli insulti”.
E soprattutto, sottolinea Serena, il Comune si era subito attivato per mandare persone a lavorare dove ce n’era bisogno. “Stavolta i dipendenti comunali stanno venendo a chiedere a noi cosa possono fare per dare una mano”, dice Giulia, ridendo amaro. Anche per questo, ieri ad Ancona, Arvultura ha deciso di aderire allo sciopero del clima assieme ai Fridays For Future, “per portare l’alluvione sotto il Palazzo della Regione”.
Verso le 3 del pomeriggio Fausta, Sandra e Luciano salutano Ines e Rodrigo e si incamminano per tornare indietro. Sulla strada, Luciano e Fausta raccontano a Sandra, arrivata per aiutare nel weekend, di come l’intervento del giorno prima in Via Raffaello Sanzio fosse stato molto più faticoso. “Oggi è stata tranquilla; ieri siamo entrati in un garage ancora pieno di melma fino alle caviglie” dice Fausta, che ride facendo notare come quasi tutto lo sporco dei suoi vestiti da lavoro sia quello di ieri, non ancora andato via. Anche Luciano, che era in gruppo con lei anche ieri, lo conferma: “Non avete idea di che fatica sia levare dagli scaffali dei libri incastrati e pregni di melma. La ragazza che li possedeva, mentre li tiravo verso di me agganciandoli con un martello, aveva le lacrime agli occhi. Non c’era niente di salvabile”.
Arrivati all’ ‘Arvu’, mentre i tre raccontano a Serena e Giulia come è andata, quattro ragazze di un altro gruppo tornano dal loro intervento, e vanno a lavarsi gli stivali. Nel frattempo un ragazzo va da Serena, a dare la propria disponibilità per il giorno dopo. “La città avrà bisogno dell’aiuto dei volontari almeno per altri 20 giorni. Noi siamo qui, e andiamo avanti”. Così, facendo rete e ricreando comunità nella tragedia, Senigallia si risolleva dal fango.