di MARIA CONCETTA VALENTE
URBINO – “Ma chi è questa Cederna? Questa carneade ignota ai più, una mezza calzetta del giornalismo radicaloide?”. “Scrittrice spiritosa e intelligente”, “sofisticata e piuttosto snob”, “la maga Circe di uno zitellaggio malsopportato”, “la grande mitomane dei nostri giorni”. Sono solo alcune delle ironie e degli insulti rivolti a Camilla Cederna, che la giornalista mette in fila in “Chi è C.C.?”, un articolo del 1972 per la celebre rubrica “Il lato debole” sull’Espresso. Un modo per conoscere Camilla, detta da sempre la Cederna, è attraverso la lettura dei suoi scritti, raccolti nel libro Camilla, la Cederna e le altre, a cura di Irene Soave, che ci farà sentire la necessità del suo sguardo femminile, ancora oggi.
Un’antologia di “altre” donne
Fin dall’inizio il lettore viene avvertito: “Se la natura non ci avesse fatti un po’ frivoli, saremmo molto infelici”. Quasi un suggerimento ad approcciarsi alla lettura con leggerezza, senza farsi infastidire da qualche esagerazione e forzatura qua e là. Il risultato è un’antologia di 87 articoli, dal 1943 al 1992, con al centro le donne. Tra le altre ci sono la delusa e la snob, l’eterna bambina e l’ex bellissima, personaggi femminili noti come Maria Callas, Anna Magnani, Ava Gardner. Cederna con il promesso sguardo da entomologa racconta la cronaca, finendo per scrivere, agli occhi di noi che la leggiamo oggi, anche la Storia.
Attraverso la moda e il costume, Cederna intravede la possibilità di “parlare dell’evoluzione sociale, economica, ideologica e culturale del paese”. E non sbaglia, nel cogliere la rivoluzione femminile in atto, di cui sembrano accorgersi, su giornali e rotocalchi, solo le giornaliste come lei: Oriana Fallaci, Adriana Mulassano e Natalia Aspesi. Mosche bianche in redazioni ancora quasi completamente maschili, alle prese con un lavoro ancora ‘maschilissimo’. Averle come colleghe era infatti “moderno”, come si definisce lo stesso Arrigo Benedetti quando chiama Cederna all’Europeo, nel 1945: “Da giornalista moderno, voglio nell’équipe redazionale anche una donna”. Massimo due, come segnalino di modernità, è stata a lungo l’unica forma di quota rosa esistente nei giornali italiani; in redazioni dove i bagni per le donne sono arrivati solo sul finire degli anni ’70. Insomma, prima di una stanza tutta per sé, almeno il bagno per tutte.
La “merlettaia” che odia le bombe
Soave menziona solo in parte l’aspetto che riguarda la politica: le inchieste sulla morte dell’anarchico Giuseppe Pinelli, dopo la strage di piazza Fontana, e quella (meno commendevole) sul presidente della Repubblica Giovanni Leone, dimissionario dopo la pubblicazione del libro-inchiesta della Cederna (che le valse una condanna per diffamazione, dal momento che le accuse a Leone per lo scandalo Lockheed non furono mai provate). Soave sceglie però l’articolo “Perché mi occupo di tritolo”, dell’aprile ‘72, in risposta alle accuse di Indro Montanelli pubblicate sul Corriere della sera. “Fino a un paio di anni orsono – scrive il giornalista – non mi ero accorto che tu (Cederna, ndr.) avessi competenza di bombe, anzi ero convinto che questi grossolani e rumorosi aggeggi fossero del tutto incompatibili coi tuoi delicati gusti di preziosa merlettaia del costume”. La risposta di Cederna rivela il suo essere cronista sempre pronta alla reazione puntigliosa e irritata: “Ne scrivo soltanto perché le bombe le detesto, come detesto chi le mette. Ritengo giusto occuparsi delle cose gravi che succedono nella società in cui viviamo”.
Parità di genere nei media: Italia ad alto rischio
Una lezione di giornalismo e, al contempo, una lucida e perentoria “capacità di indignarsi”, da lei ritenuta un elisir di giovinezza. Se non fosse già chiara la portata del lascito di Cederna e colleghe, il loro è uno sguardo necessario ancora oggi. Per farsi un’idea della situazione attuale nel mondo del giornalismo, è utile consultare il report Monitoring media plurism in digital era pubblicato nel giugno 2024 dal Center for Media Pluralism and Media Freedom.
In Italia la situazione sulla parità di genere nei media è ad alto rischio, come evidenzia il colore rosso nella mappa. Ciò che emerge è una situazione simile agli anni precedenti: le donne che ricoprono posizioni dirigenziali nel giornalismo sono ancora troppo poche. All’interno del report viene evidenziata una correlazione negativa tra la rappresentanza delle donne caporedattrici e la giusta rappresentazione delle donne nelle notizie. Ciò ha importati ripercussioni sulla società e su alcuni tratti tipici della tradizione patriarcale, come ad esempio la giustificazione della violenza.
Alle giornaliste resta la capacità di indignarsi, come insegna Cederna, per rendere il giornalismo – se non di oggi – almeno di domani, un mondo in cui l’accesso sia paritario e lo stesso alle poltrone a più livelli occupate. In questo devono essere loro alleati i colleghi giornalisti: è indispensabile che anche loro cambino il proprio sguardo, affinché siano in grado di comprendere i vantaggi e la ricchezza di lavorare insieme.