Terzo mandato del sindaco di Urbino: il ricorso e i possibili scenari. Ecco cosa dice la legge

Il sindaco di Urbino, Maurizio Gambini
Di ANDREA BOCCHINI

URBINO – Il terzo mandato del sindaco di Urbino Maurizio Gambini farà discutere ancora per un po’. A maggio, in piena campagna elettorale, quattro cittadini hanno fatto ricorso al Tribunale contro la candidatura del primo cittadino. Il quesito è semplice: la città ducale è capoluogo di provincia, ed elegge sindaco e Consiglio comunale con le regole dei comuni al di sopra dei 15 mila abitanti (anche se ha una popolazione inferiore). Perché allora non si deve rispettare anche il limite di due mandati come previsto per i comuni con popolazione sopra quella soglia? Urbino è infatti l’unico comune capoluogo d’Italia con meno di 15 mila abitanti.

Il Tribunale deciderà sulla fondatezza del ricorso, l’udienza è stata fissata al 3 dicembre prossimo. Se sarà ammesso, la decisione arriverà con una sentenza che stabilirà se Gambini potrà restare al suo posto oppure, in caso contrario, bisognerà tornare al voto. Ma, secondo quanto sostenuto dai proponenti, potrebbe esserci anche una questione di costituzionalità di due articoli del Decreto elezioni. E quindi occhio alla terza via, quella che porta a Roma davanti alla Consulta.

L’anomalia

“La decisione sarà affidata a un collegio. I singoli avvocati spiegheranno le ragioni del perché si debba procedere per accogliere o respingere il ricorso”, spiega al Ducato Leonardo Guidi, l’avvocato che assiste i ricorrenti insieme al suo collega Daniele Granara, docente di diritto alle università di Genova e Urbino. Mentre sui tempi, “mi auguro che prima della fine dell’anno si arrivi a una decisione e a seconda di quello che uscirà, la sentenza è sempre impugnabile in appello seguendo un iter d’urgenza”.

Gli scenari: il ricorso e l’incostituzionalità

Le strade percorribili sono tre: “Il tribunale potrebbe respingere il ricorso (sempre impugnabile in appello), oppure, qualora lo ritenesse fondato, si decreterebbe che il primo cittadino non possa più candidarsi (e dunque a oggi cadrebbe) perché a Urbino varrebbero tutte le regole di capoluogo di provincia, compreso il limite dei mandati” aggiunge Guidi. E poi il terzo scenario: “Il giudice potrebbe rilevare un contrasto tra norme di legge (l’articolo del Dl elezioni che ha dato lo status di capoluogo a Urbino e quello che ha introdotto il terzo mandato per i comuni tra 5.000 e 15.000 abitanti, con alcuni articoli della Costituzione ndr) in tal caso, si dovranno rimettere gli atti alla Corte costituzionale, cioè l’unico organo che ci può dire se questa legge è conforme alla Carta oppure no”.

La Consulta “potrebbe stabilire che la norma è legittima, validando così la nomina dell’attuale sindaco oppure, in caso contrario, sostenere che il Tribunale di Urbino abbia messo in evidenza degli interessanti profili di incostituzionalità”, conclude Guidi. Nel ricorso si sostiene che nel Decreto elezioni vada espressamente indicato il limite di mandati per i capoluoghi di provincia con popolazione inferiore ai 15 mila abitanti. Sostanzialmente, una legge ad urbinum”.

“Per i capoluoghi nessun limite di mandati”

“Non si tratta affatto di un’anomalia – tuona Andrea Guidarelli, l’avvocato difensore di Gambini -. Stiamo parlando di una norma del legislatore che permette ai sindaci dei comuni sotto i 15 mila abitanti (come lo è Urbino) di fare il terzo mandato”.

Il riferimento normativo è quello dell’articolo 3 del decreto elezioni, approvato dal Consiglio dei ministri il 25 gennaio scorso. “Per l’elezione del sindaco e del Consiglio comunale dei comuni capoluogo di provincia si applicano, indipendentemente dalla relativa dimensione demografica, gli articoli 72 e 73 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali (Tuel)”. Due articoli che disciplinano le regole per l’elezione del primo cittadino e del Consiglio comunale nei comuni con popolazione superiore ai 15 mila abitanti.

In quei due articoli non è mai menzionato il numero dei mandati (se ne parla nell’articolo 51 della stessa legge). Su questo punto fa leva Guidarelli: “Non c’è scritto da nessuna parte che per un capoluogo di provincia si preveda il limite dei due mandati per il sindaco. Stiamo parlando di una previsione del legislatore che ha la funzione di scrivere le norme. E in questo caso la legge è chiarissima: i comuni sotto i 15 mila abitanti possono avere tre mandati. La norma fa riferimento solo al numero di abitanti”.

Ma al tempo stesso, questo non toglie che Urbino, oltre ad essere il capoluogo più piccolo d’Italia, rappresenti un caso unico. Anzi. “Un caso da studiare e approfondire”, dice Valerio Lucciarini, segretario generale delle Autonomia Locali Italiane (Ali). “Si tratta di una flessibilità molto contraddittoria rispetto alla dimensione demografica e non ci vedo nulla di scandaloso nel presentare questo ricorso che va a verificare una situazione anomala”. Ma è dal Tuel, secondo l’esperto, che occorrerebbe ripartire: “Bisogna mettere mano alla riforma del Testo unico sugli enti locali – conclude -. Una riforma che consenta agli enti di avere un meccanismo processionale necessario e questo passa anche per la modalità di procedimento elettorale”.

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