FgCult 2024 – Alle donne le materie umanistiche, per gli uomini non sono abbastanza redditizie

di ANNALISA GODI

URBINO – Maestre alle elementari, professoresse alle scuole medie e superiori: le cattedre delle materie umanistiche sono quasi tutte occupate da donne, perché “la scuola non è più considerata una professione qualificante, sufficientemente redditizia e gratificante per gli uomini”. Lo afferma Benedetta Craveri, critica letteraria e accademica dei Lincei, al Festival del giornalismo culturale, sollecitata dalle domande di Luigi Gallo, direttore della Galleria nazionale delle Marche -. “E adesso – prosegue Craveri – lo sta diventando l’università”.

Un ritardo culturale causato dal fatto che per secoli l’educazione femminile non è stata valorizzata e solamente le più fortunate (e privilegiate) hanno potuto studiare. In particolare questa carenza si nota nelle materie scientifiche, dove il divario con gli uomini è tutt’oggi maggiore, soprattutto a causa di un pregiudizio secondo cui le donne non sarebbero ‘adatte’ agli studi scientifici.

“Questa idea è stata inculcata alle ragazze, ma farebbero bene a liberarsene – aggiunge Craveri – perché è nel campo scientifico che in futuro si decideranno le condizioni di vita di uomini e donne”.

Le lettere, un’occasione di emancipazione

Eppure non è sempre stato così: le materie umanistiche hanno aiutato le donne dell’aristocrazia francese del Sei e Settecento a prendersi uno spazio in una società dove erano cittadine a metà, soggette alle leggi patriarcali. Divennero infatti ‘legislatrici’ della nobiltà.

“Le aristocratiche nelle élite francesi godono di un trattamento più cavalleresco – spiega Craveri -. Scelgono che cosa fare nel tempo libero, impongono il gusto per le lettere, determinano il successo degli scrittori. Queste donne, che sono tagliate fuori dai diritti elementari, dettano legge sulla lingua, il fondamento su cui si basa lo Stato, e diventano esse stesse scrittrici”.

Grandi intellettuali, le nobili francesi costruirono salotti privati dove per la prima volta tutta la società rifletteva in modo sistematico sul modo di comportarsi e di parlare: uno scambio intellettuale libero che sfuggiva alle censure.

“In questa società il ruolo delle donne è fondamentale e non sono mai in opposizione con gli uomini – continua l’accademica -. Rivendicano il diritto a non subire matrimoni imposti e maternità non volute, vogliono essere libere di vivere secondo i loro desideri e le loro aspirazioni”.

Colte, visionarie, promotrici delle arti

Grazie alla loro cultura, le aristocratiche hanno promosso arti e mode, come Jeanne du Barry, ultima amante del re francese Luigi XV. Promotrice di uno stile a cui si ispirerà Maria Antonietta, commissionò al visionario architetto Claude-Nicolas Ledoux – allora agli inizi della sua carriera – la realizzazione di un padiglione per la musica nel castello di Louveciennes, donatole dallo stesso sovrano.

Se facessimo un balzo in avanti di circa 80 anni, troveremmo alla corte di Francia un’altra donna, la contessa di Castiglione Virginia Oldoini. Nota nelle cronache dell’epoca per essere stata l’amante di Napoleone III, Oldoini si cimentò in un’arte nata da pochissimo, la fotografia, cambiando la storia del ritratto.

Virginia Oldoini, contessa di Castiglione

Fu regista, scenografa e soggetto delle sue fotografie, sperimentando stili e concetti differenti: nelle prime fotografie fa ritrarre le sue pettinature, i suoi vestiti, i balli, per poi sezionare il suo corpo e fotografare i piedi, le gambe nude – all’epoca scandalosissimo -, le mani, fino alla famosissima fotografia del suo occhio, contornato da una cornicetta vuota.

Un’esperienza ‘avanguardista’, tanto che cinquecento delle sue fotografie sono esposte al Metropolitan Museum di New York.

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