Usa 2024, Vincent e Khalil: gli americani della VL. “In Italia e negli Usa stessa passione per il basket”

A sinistra Vincent J. King e a destra Khalil Ahmad
Di CRISTINA R.CIRRI e RAFFAELE DI GAETANI

URBINO – Vincent King Jr. aveva 6 anni quando il 28 ottobre 2003 Lebron James esordì in Nba con i Cleveland Cavaliers, la squadra della sua città. Khalil Ahmad non era nemmeno nato quando l’idolo di Los Angeles Kobe Bryant scese sul parquet per la prima volta con i Lakers il 13 novembre 1996. Lui sarebbe nato un mese dopo, durante la notte della vigilia di Natale, ad Anaheim, poco fuori dalla metropoli californiana.

Tra Cleveland e Anaheim ci sono quasi 4mila chilometri di distanza e loro, giocatori di basket professionisti, non sono mai stati compagni di squadra negli Stati Uniti. Il destino ha voluto che lo diventassero quest’anno, sulla costa adriatica, a Pesaro. King, 27 anni, è ala piccola, mentre Ahmad, 28 anni, gioca nel ruolo di guardia. Il primo ha come idolo Bryant, mentre il secondo James Harden dei Los Angeles Clippers.

Il basket nel sangue

Vincent inizia a giocare a basket a 8 anni grazie al padre: “Sono cresciuto guardando le sue partite, ma soprattutto osservando atleti come Bryant e James. Ero troppo giovane per apprezzare Michael Jordan, ma sono stati giocatori come loro che mi hanno fatto innamorare del parquet”.

Khalil lo sport lo ha sempre avuto dentro: “Da bambino giocavo a calcio, baseball e football americano, di cui mio padre era giocatore. Con il tempo il basket è diventato il mio preferito: mi piaceva la competizione, segnare punti e l’adrenalina di vincere le partite. Sono una persona piuttosto competitiva, quindi questo è stato un grande richiamo per me”.

Decollo al college

Come quasi tutti i giocatori americani, anche loro utilizzano il college come trampolino di lancio per la loro carriera. Khalil, nel periodo universitario gioca per il team Cal State Fullerton, in California, mentre Vincent per i Louisville Cardinals, la squadra dell’Università di Louisville, in Kentucky. Per lui nel periodo delle giovanili arriva la grande soddisfazione della vittoria del Mondiale Under-17 con il team Usa.

Nessuno dei due riesce però ad arrivare in Nba. Khalil cambia molte squadre passando, prima di approdare in Italia, per i tornei minori Usa e per campionati di Canada, Belgio, Israele e Danimarca. Anche per Vincent la VL non è la prima squadra europea. Nella stagione 22-23 gioca in Inghilterra per i Bristol Flyers e nella 23-24 si trasferisce agli Amburgo Towers in Germania.

Dagli Usa alle Marche

Per entrambi arriva l’opportunità di approdare in Italia in questa stagione. Vincent sottolinea l’importanza di questa occasione: “Avevo voglia di fare esperienza in un Paese nuovo con una cultura diversa”. Khalil invece, dopo avere parlato con alcuni ex connazionali che hanno giocato a Pesaro lo scorso anno, si è convinto che fosse la scelta migliore: “Mi hanno raccontato della storia e della passione per il basket qui. Ma anche di cose fuori dal campo, come la bellezza della città e la bontà del cibo”.

Pesaro come una seconda casa

Per i due ragazzi, venuti dagli Stati Uniti, l’approccio con Pesaro è stato diverso. Vincent, nato il 22 gennaio nel freddo dell’Ohio, racconta: “Io vengo da Cleveland che è totalmente diversa da Pesaro: questa è una realtà molto piccola rispetto alla mia”. Lui sottolinea due aspetti positivi della città marchigiana: “il clima e il cibo. La pizza Rossini non mi attira, ma sono un divoratore di pasta”. Un aspetto di cui è rimasto sorpreso è la passione degli italiani per il basket: “Non credevo che ci fosse tutto questo sostegno nei confronti della squadra. Su questo credo che Italia e America siano simili. Sapere di essere inondato d’affetto è uno stimolo costante a fare bene”.

Per Khalil è stato più semplice entrare in sintonia con Pesaro: “Sono felice di abitare vicino al mare. C’è anche dove sono cresciuto io. È fantastico avere la possibilità di scendere in spiaggia quando voglio, sentire la sabbia sotto i piedi e guardare le onde”. E alla domanda su che cosa lo rende nostalgico della vita negli Stati Uniti sorridendo risponde: “I fast food. So che non è cibo salutare, ma qui non posso avere In-N-Out e Krispy Kreme. Mi mancano”.

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