Usa 2024, “elezioni che polarizzano, in America ma anche in Italia”. Giammarco Sicuro, inviato Tg3

Il giornalista inviato speciale della redazione esteri della Rai Giammarco Sicuro
di MARIA SELENE CLEMENTE

URBINO – A meno di due settimane dal voto americano per il nuovo presidente degli Stati Uniti, abbiamo intervistato l’inviato del Tg3, ed ex studente dell’Istituto per la formazione al giornalismo di Urbino, Giammarco Sicuro. Con lui abbiamo parlato della percezione, dell’impatto mediatico e della portata emotiva di queste elezioni in Italia e degli effetti che possono avere su una piccola realtà di provincia come Urbino. Sicuro parla degli Stati Uniti come di un Paese molto più complesso di quanto la polarizzazione delle elezioni possa restituire. Da qui, l’importanza di guardare anche alla periferia dell’informazione, alle “sfaccettature che sembrano laterali, più piccole, ma che saranno poi decisive invece nell’esito elettorale”.

Come sono percepite a suo avviso le elezioni statunitensi in Italia?

“In Italia, come spesso accade anche per altri fatti internazionali, si tende a semplificare e a schierarsi da una parte o dall’altra, polarizzando il dibattito in maniera netta. È vero nelle elezioni americane ci sono solo due candidati, uno democratico e uno repubblicano, ma gli Usa sono un Paese molto complesso e intervengono tanti altri fattori che decideranno queste elezioni. Per questo è importante essere qua come inviati e potere raccontare sfaccettature che sembrano laterali, più piccole, ma che saranno poi decisive invece nell’esito elettorale”.

A quali aspetti si riferisce?

“Penso, per esempio, alla minoranza dei nativi americani che sto raccontando proprio in queste ore visto che mi trovo in Arizona, che, va ricordato, è uno dei sette Stati decisivi proprio per la vittoria di Kamala Harris o Donald Trump. Qui rappresentano il 6% della popolazione e il loro voto deciderà le sorti di questo Stato. Non è un dettaglio di poco conto: ci sono altre minoranze come i latinos, gli italo-americani e gli afroamericani che Kamala Harris spera di mobilitare e che avranno un ruolo importantissimo. Poi ci sono i temi, temi complessi. Come quello dell’aborto, che da settimane, sta riempendo l’agenda politica negli Stati Uniti. E le migrazioni, che conosciamo molto bene anche da noi. Insomma, in Italia arriva una visione molto stereotipata e schematica, di uno contro l’altro, ma le elezioni americane sono molto più complesse di questo”.

Quale impatto mediatico potrà avere la vittoria dell’uno o dell’altra?

“Rispetto ad altre tornate elettorali del passato queste elezioni americane non riempiono le pagine dei giornali per effetto di ciò che avviene in altri scenari internazionali – penso alla catastrofe in Libano e a Gaza o alla guerra in Ucraina. Ma credo che avvicinandoci alla data del 5 novembre salirà molto l’attenzione mediatica anche in Europa e in Italia: le elezioni presidenziali negli Stati Uniti sono a tutti gli effetti le seconde elezioni più importanti anche per l’Italia, dopo le politiche di casa nostra. Questo è innegabile vista l’influenza che poi il nuovo presidente o la nuova presidente, se fosse Kamala Harris, avrà sulla nostra politica interna o in materia di economia. Non a caso definiamo il presidente degli Stati Uniti come il leader più potente del mondo e quindi credo che l’impatto sarà altissimo, enorme, nei giorni del voto ma anche subito dopo. Se dovesse essere Kamala Harris sarebbe un primato storico, una prima donna presidente, ma ci sarebbero delle reazioni incontrollabili delle frange più estremiste che sostengono Trump. Si parla addirittura di proteste più violente di quelle che furono il 6 gennaio a Capitol Hill prima del giuramento di Biden e c’è chi addirittura ipotizza una possibile guerra civile. Non credo arriveremo a tanto, però le tensioni potrebbero essere davvero massime nel caso dovesse vincere la candidata democratica, più che il rivale repubblicano”.

Come valuta la portata, anche emotiva, sul pubblico italiano di queste elezioni?

“La portata emotiva è altissima anche sul pubblico italiano per varie ragioni: una strettamente politica, perché di fatto c’è stata una polarizzazione anche a casa nostra degli schieramenti. La maggioranza, anche se non compattamente, si sta schierando abbastanza nella direzione di Donald Trump – il partito di Giorgia Meloni, Fratelli d’Italia, e la Lega hanno espresso simpatia e preferenze abbastanza nette. Dall’altro lato, invece, abbiamo il Partito Democratico che ovviamente sostiene apertamente Kamala Harris e poi c’è l’anomalia dei 5 Stelle che aspettano il vincitore per congratularsi con chiunque esso sia, almeno queste sono state le parole di Giuseppe Conte. Per quanto riguarda invece l’opinione pubblica, diciamo che sta facendo molta presa tra la gente il fatto che potrebbe esserci finalmente una donna alla Casa Bianca, sarebbe la prima volta in quasi due secoli di storia negli Stati Uniti. Aveva sfiorato questa carica Hillary Clinton che ottenne molti più voti di Trump, ma alla fine perse”.

La rete pubblica riesce a mantenersi equidistante dai due candidati in corsa?

“Devo dire che la Rai, che è un’azienda complessa, lo sappiamo, sta mantenendo una posizione piuttosto equidistante rispetto a queste elezioni. Lo dimostra il fatto che ogni testata – il Tg1, il Tg2 e noi del Tg3 – segue queste lezioni in America con un inviato per parte. Io mi occupo, per esempio, della campagna elettorale di Kamal Harris, e i temi a lei più vicini, mentre il collega Nico Piro segue Trump e i suoi elettori. C’è un’alternanza precisa perfetta da questo punto di vista, che è numerico e quantitativo, di reportage e di pezzi di copertura mediatica”.

Le elezioni americane possono avere un impatto anche in una piccola realtà come Urbino? Di quale tipo?

“Difficile dire quale impatto possa avere su una piccola realtà, di provincia, come quella di Urbino, una elezione gigantesca come quella degli Stati Uniti. Diciamo che certe dinamiche possono fare riflettere. Per esempio, la dinamica elettorale negli Stati Uniti secondo la quale si tende a votare più repubblicano nelle zone di provincia, rurali, e più democratico nella grandi città. Un andamento piuttosto simile che si riscontra, a livello statistico e dai dati, anche in Italia, con le realtà più grandi, le città, che tendono a votare la sinistra – anche progressista- e le zone di provincia, tra le quali anche Urbino, che negli ultimi anni, si è avvicinata e ha guardato più verso gli schieramenti di destra. Analizzando i dati una volta che si sarà votato, gli elettori o i cittadini di Urbino potranno trovare certi andamenti elettorali simili”.

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