di MARIA SELENE CLEMENTE
URBINO – Ogni volta si dice che sono le elezioni più importanti di sempre. Questa volta è davvero così? Laura Pepe, corrispondente Rai in Usa, nonché ex docente Ifg di Urbino, spiega il suo punto di vista sull’America che ci aspetta e i possibili risvolti internazionali a seconda che vinca la candidata democratica Kamala Harris o il repubblicano Donald Trump.
Quale America ci aspetta? Quali conseguenze a seconda che vinca Kamala Harris o Donald Trump per gli Usa, l’Europa e l’Italia?
“In una corsa per la Casa Bianca che rischia di essere la più serrata della storia – da settimane i sondaggi danno un sostanziale testa a testa tra i due candidati e la notte del 5 novembre potremmo non sapere chi ha vinto – è difficile fare previsioni sul futuro dell’ America. Di sicuro si contrappongono due visioni opposte: Kamala Harris promette che sarà la presidente di tutti gli americani, dice che è il momento di voltare pagina e di chiudere un’epoca di divisioni. Donald Trump minaccia di vendicarsi dei suoi avversari. E non sembra pronto ad accettare qualsiasi risultato. Trump e Harris hanno ricette e posizioni molto distanti, per esempio su temi come immigrazione e sicurezza dei confini, aborto e diritti civili, cambiamento climatico e politica energetica. La visione economica di Trump è populista e protezionista. Harris prende le distanze da Joe Biden e dice di rappresentare una nuova generazione di leader con idee nuove, ma in sostanza continuerebbe la politica economica di Biden, in difesa della classe media.
Anche se si guarda alla concorrenza estera?
C’è un obiettivo comune a democratici e repubblicani: difendere l’industria americana, mantenere la supremazia nei settori considerati strategici e battere la concorrenza cinese. D’altra parte, Trump intende smantellare le politiche green di Biden, estrarre più petrolio e gas, abbassare le tasse per i ricchi e imporre dazi pesantissimi sulle importazioni. Misure che secondo gli economisti potrebbero portare a un aumento del debito pubblico corrispondente a più del doppio di quello previsto con l’attuazione delle proposte di Kamala Harris”.
Quali saranno i risvolti in politica estera anche in riferimento al conflitto a Gaza e alla guerra in Ucraina?
“In politica estera le differenze sono molto marcate. Harris si muoverebbe in continuità con Biden: rafforzamento della Nato e delle relazioni con l’Unione Europea, partnership con i paesi del Sud-est asiatico e con l’India e rivalità con la Cina. Sostegno incondizionato all’Ucraina e a Israele, con più empatia dimostrata da Harris, rispetto a Biden, per le sofferenze dei civili palestinesi a Gaza. Trump è da sempre scettico nei confronti della Nato. Dice di essere in grado di mettere fine alla guerra in Ucraina, perché gli Stati Uniti non possono continuare a darle soldi e armi, ma non spiega in che modo. Nonostante le sue dichiarazioni e i suoi rapporti con Vladimir Putin, al di là di un approccio profondamente diverso, nella sostanza potrebbe non cambiare molto se vincesse Trump, rispetto all’amministrazione Biden. Sul Medio Oriente Trump appoggia incondizionatamente Benjamin Netanyahu che spera che ritorni alla Casa Bianca. Ma Trump si dedicherebbe probabilmente soprattutto alla competizione con la Cina”.
Chi può avere un vantaggio, tra Trump e Harris, nell’elettorato arabo-americano?
“Il conflitto israelo-palestinese è diventato un tema divisivo per l’elettorato democratico che non condivide l’appoggio incondizionato a Israele, ma soprattutto sta facendo perdere consensi che potrebbero essere decisivi per Kamala Harris in uno degli Stati chiave, il Michigan, dove la numerosa comunità arabo-americana sembra intenzionata a non dare il suo voto né a Harris, né a Trump”.
La questione di genere e le origini dei candidati pesano sulle elezioni?
“Kamala Harris, a differenza di Hillary Clinton, non ha mai sottolineato che in caso di vittoria sarebbe la prima donna presidente e non evidenzia mai le sue origini afro-americane e asiatiche. Le donne la sostengono, soprattutto quelle giovani. Mentre perde consensi tra gli uomini afroamericani. Nell’elettorato nero tradizionalmente democratico, e anche in quello ispanico – entrambi decisivi in alcuni degli Stati chiave – Donald Trump continua a recuperare terreno”.