di ANNALISA GODI
URBINO – Un luogo di paesaggi ameni e vita contadina, dove la vita scorre tranquilla. L’Arcadia? No, le Marche. Per secoli letterati e artisti hanno descritto così la regione. Il primo a darne una collocazione geografica è Dante Alighieri nella Divina Commedia tramite le parole di Iacopo del Cassero al quinto canto del Purgatorio: “Se mai vedi quel paese che siede tra Romagna e quel di Carlo”.
Il poeta Umberto Piersanti ha deciso di raccogliere queste testimonianze nel suo libro Se mai vedi quel paese (Affinità elettive), scritto insieme ad Andrea Lepretti, suo allievo e autore di un racconto di formazione che parla del ritorno del protagonista nel Montefeltro, luogo d’origine sia dell’autore che del personaggio principale.
Urbino odi et amo
Al centro della raccolta c’è Urbino, città natale di Piersanti, che oggi vive a Civitanova Marche. “Forse l’ho un po’ mitizzata” ammette il poeta quando il Ducato gli chiede quale rapporto abbia con la città ducale. “È un rapporto complesso ma di amore, come in tutte le relazioni vere, fatto anche di contraddizioni. Quando torno l’amo molto” continua Piersanti.
Ciò che ricorda più volentieri sono le amicizie degli anni del liceo: “I miei amidi e io scrivevamo poesie e racconti, che appendevamo sulla bacheca della scuola, pretendendo che compagni e professori li leggessero”. Ma anche le campagne urbinati e i monti delle Cesane, tanto da fargli guadagnare l’appellativo di “poeta delle Cesane”.
Ma Urbino è anche “ostica, non crede mai a niente e a nessuno”. Nemmeno a Vittorio Gassman: “Ricordo che era venuto qui per girare il film Una vergine per il principe e diceva che era l’unico posto dove non gli chiedevano l’autografo”. Piersanti considera come “fierezza” questa caratteristica degli urbinati, pervasa tuttavia da uno “scetticismo totale”.
“Sebbene il mio stile di vita sia stato vicino a quello di Volponi, a Urbino ero considerato una persona particolare, strana – racconta il poeta -, ero un simpatizzante del Partito comunista che parlava male dell’Urss, facevo le contestazioni ma non credevo alle violenze”.
Piersanti racconta di un episodio, successo nel 1969, in occasione dell’uscita del suo lungometraggio L’età breve: “Da Urbino erano arrivati al festival del cinema a Pesaro due autobus di persone pronte a fischiarmi, alcuni erano urbinati che dicevano ‘Piersanti ha rotto le palle, prima scriveva e ora si è messo anche a fare cinema’, gli altri erano studenti a cui non stava bene che avessi fatto dire a un personaggio ‘l’arte è al di sopra della lotta di classe'”.